Abigail emerse dalla doccia ad acqua, disinvoltamente nuda, asciugandosi i capelli. Il suo ventre gravido ondeggiava leggermente. Suonò un campanello, dolce e acuto e Campbell venne risucchiato sulla piattaforma di atterraggio che, mi accorsi in quel momento, si estendeva a sole poche spanne sotto una bassa sporgenza. Due uomini tirarono subito via Campbell dalla piattaforma, ripulendogli gli occhi e il naso. Campbell si alzò, ricoperto di melma lucida e barcollò nella doccia a sonar.
— Toglietevi quei guanti lì, ragazzi, e aiutate il signor Arlen. Joncey, devi proprio togliere gli occhi dalla tua graziosa promessa sposa.
Uno dei due uomini arrossì leggermente. Hubbley sembrò pensare che fosse buffo e scoppiò in una risata ma io avvertii nella mente le forme della rabbia di Joncey. Egli non disse nulla. Abigail continuò, freddamente, ad asciugarsi i capelli, con il volto inespressivo. Joncey e l’altro uomo mi afferrarono sotto le ascelle e mi portarono, fra di loro, fuori dalla doccia sonar sistemandomi al centro della stanza. Joncey mi consegnò una tuta pulita.
— Che numero di scarpe porti? — Era più giovane di Abigail e aveva capelli scuri e occhi azzurri, bello in un modo selvaggio che non aveva nulla a che vedere con l’ingegneria genetica.
Dissi: — Vorrei indietro i miei vecchi stivali. — Erano di pelle italiana. Me li aveva regalati Leisha. — Mettili nella doccia sonar.
— È meglio che ti metti i nostri di stivali, tu. Che numero porti?
— Quarantatré.
Lasciò la stanza. Mi vestii. La grata mi era tornata nella mente, serrata come una delle piante esotiche di Leisha.
Lei era davvero morta.
Joncey tornò con un paio di stivali e una sedia a rotelle. Non era nemmeno a gravità: era dotata di vere e proprie ruote che si dovevano, apparentemente, girare a mano.
— Un pezzo di antiquariato — disse Jimmy Hubbley. — Mi dispiace signor Arlen, questa cosa qui è il massimo che possiamo fare così all’improvviso. Ci deve dare solamente un po’ di tempo.
Mi guardò sfolgorante, aspettandosi ovviamente un segno di sorpresa per il fatto che quel bunker sotterraneo fosse equipaggiato abbastanza bene da poter fornire a un inaspettato prigioniero menomato una sedia a rotelle. Non reagii. Un lieve disappunto gli balenò sul volto.
A quel punto avevo la sua forma. Voleva essere ammirato. James Francis Marion Hubbley. Non sapeva neanche che almeno due dei suoi seguaci, Abigail e Joncey, lo disprezzavano già.
Quanto?
Lo avrei scoperto.
Joncey e l’altro uomo mi issarono sulla sedia a rotelle. Infilai gli stivali da Vivo. Vestito, seduto invece che sballottato a terra come un pesce, mi sentii meno impotente. Leisha era morta. Io però avrei distrutto i bastardi che l’avevano uccisa.
Esaminai la stanza. Era bassa, non più di due metri in altezza: Campbell doveva rimanere chinato. I corridoi si irradiavano in cinque direzioni. Le pareti erano lisce come quelle di nano-tecnologia. Sapevo da Miranda che il punto debole di qualsiasi bunker sotterraneo schermato era l’entrata: quella che era più facilmente individuabile dagli esperti dell’ECGS. Il laboratorio di East Oleanta aveva un complesso scudo d’entrata creato da Terry Mwakambe: non c’era possibilità che l’ECGS potesse superarlo. Queste persone però non erano Super. Non potevano godere di una tecnologia più avanzata di quella che aveva il governo. Immaginai, tuttavia, che l’entrata a pozza paludosa rappresentasse un uso della tecnologia cui il governo non aveva ancora pensato, adattato da qualche scienziato pazzo che era cresciuto in una zona paludosa, e che fosse virtualmente non individuabile. Per il momento.
Quanto si estendeva il sistema di tunnel sotterraneo? Con nano-scavatori, una costruzione aggiuntiva poteva proseguire perfino in quel momento, a chilometri e chilometri di distanza da lì, senza che si notasse alcun movimento in superficie. Hubbley aveva detto che la sua "rivoluzione" andava avanti da oltre cinque anni.
Quella gente aveva liberato sul paese il disgregatore di duragem senza che l’ECGS si fosse neanche reso conto che esso non proveniva da Huevos Verdes.
Oppure l’ECGS lo sapeva e, nonostante tutto, aveva fatto trapelare la notizia alla stampa che i responsabili erano i Super? Andava infatti benissimo dare la colpa agli Insonni, ma era imbarazzante ammettere che non si riusciva ad acciuffare una banda di Vivi che aveva dalla propria parte nano-scienziati rapiti o rinnegati.
Non lo sapevo. Sapevo tuttavia che in una guerra così avanzata questi tunnel dovevano contenere terminali. Miri mi aveva fatto memorizzare codici di sovrapposizione per la maggior parte delle programmazioni standard. Anche se poi la programmazione non fosse stata standard, Jonathan Markowitz mi aveva fatto memorizzare, a ripetizione, trucchetti di accesso che potevano giungere fino a Huevos Verdes. Huevos Verdes monitorava ogni cosa. Doveva esserci un modo per raggiungerli. Tutto quello di cui avevo bisogno era un terminale.
Se Huevos Verdes monitorava ogni cosa, non doveva anche sapere del movimento clandestino?
Dovevano saperlo. Ricordavo Miranda china su carte stampate a Huevos Verdes: — Non riusciamo a localizzare l’epicentro del problema del duragem. — I Super dovevano per lo meno essersi resi conto del fatto che il disgregatore era stato liberato da qualche gruppo organizzato che copriva l’intera nazione. Il loro sistema informativo era troppo buono per non saperlo.
E Miranda non me lo aveva detto.
— Hai fame, tu? — chiese Joncey. Aveva parlato con Abigail, vestita ora con una tuta verde, ma gli rispose Hubbley.
— Che diavolo, sì. Andiamo a mangiare, ragazzi.
Spinse personalmente la mia sedia a rotelle. Glielo lasciai fare, passivo, sentendo le forme nella mia mente rigide come corde al carbonio. Percorremmo tutti il tunnel che si trovava sulla sinistra, passando davanti a parecchie porte chiuse. Alla fine tutti gli altri passarono attraverso una porta mentre io e Hubbley entrammo in un’altra. Una stanzetta bianca arredata in legno, non sintoplastica, tavolo e sedie. Sulla parete era appeso un grande olo-ritratto di un soldato dal naso grosso e gli occhi scuri che indossava una specie di antica uniforme.
— Il brigadiere generale Francis Marion in persona — disse Hubbley, con soddisfazione. — Mangio sempre separato dai soldati, signor Arlen. Serve a mantenere alto il morale. Lo sapeva che il generale Marion era un fanatico della pulizia? Vero come l’oro. Faceva radere a secco ogni soldato che non si presentava pulito e a posto in parata e lui stesso si beveva acqua e aceto tutti i giorni della sua vita, quasi tutti, per la salute. La bevanda dei soldati romani. Lo sapeva, signore?
— Non lo sapevo — dissi io. Il mio odio per lui bruciava freddo formando sagome lisce e levigate nella mia mente. Nella stanza non c’erano terminali.
— Già nel 1775 un generale inglese scrisse: "Il nostro esercitò verrà distrutto col contagocce" e Francis Marion è stata la più maledetta goccia che quelle povere giubbe rosse hanno mai visto. Proprio come questa guerra sarà vinta da maledette goccioline, signore. — Hubbley scoppiò a ridere, mettendo in mostra i denti giallastri. Strizzò leggermente gli occhi chiari. Non me li tolse mai di dosso.
— Volontà e ideale, figliolo. Noi li abbiamo tutti e due. Volontà e ideale. Sa cos’è che fa così grande la Costituzione?
— No — risposi io. Entrò un ragazzino che indossava una tuta turchese e aveva i capelli lunghi legati con un nastro. Portava due ciotole di uno stufato fumante. Hubbley gli rivolse la scarsa attenzione che si rivolge a un robot.
— Quello che fa così grande la Costituzione è che porta l’uomo comune nel processo decisionale. Lascia decidere a "noi" che genere di paese vogliamo. Noi, l’uomo comune. La nostra volontà e il nostro ideale.
Leisha aveva sempre sostenuto che ciò che rendeva così grande la Costituzione erano i suoi controlli e i suoi equilibri.