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Una volta che hai visto un animale con la rabbia non te lo scordi più. Riuscivo a vedere le macchie separate di bava attorno alla bocca del procione. La luce del sole filtrava attraverso gli alberi e scintillava sulle chiazze come se erano di vetro. Il procione ha digrignato i denti, mi ha sibilato contro facendo un suono che non avevo mai sentito fare a un procione. Tremava sui posteriori. Era vicino alla fine.

Ho alzato il fucile di Doug sapendo che se mi stava per saltare addosso non avevo modo di potere essere veloce abbastanza.

Il procione si è contratto ed è balzato. Ho sollevato di scatto il fucile, ma non sono nemmeno riuscito a portarlo all’altezza della spalla. Un raggio di luce è partito da un qualche posto dietro di me solo che non era proprio luce ma un’altra cosa che sembrava luce. Il procione si è rovesciato indietro, si è bloccato ed è crollato a terra, morto.

Mi sono voltato, molto lentamente. Se avrei visto uno degli angeli di Annie non potevo rimanere più sorpreso.

C’era una ragazzina lì, bassa, con la testa grossa e i capelli scuri legati indietro con un nastro rosso. Aveva addosso degli abiti idioti per i boschi: pantaloncini bianchi, una sottile camicetta bianca, sandali aperti proprio come se non c’erano trappole per cervi, mosconi o serpenti. La ragazzina mi ha guardato con espressione seria. Un minuto dopo ha detto: — Si sente bene?

— Sì, signora. Ma Doug Kane, lì… penso che il cuore…

Lei si è avvicinata a Doug si è inginocchiata vicino a lui e gli ha preso il polso. Mi ha guardato. — Vorrei che lei facesse una cosa per me. Faccia cadere questo sul procione morto, proprio sopra al corpo. — Mi ha dato in mano un dischetto grigio grosso come una moneta. Io mi ricordo delle monete, io.

Ha continuato a guardarmi, senza nemmeno strizzare gli occhi e l’ho fatto anche io. Ho voltato le spalle a lei e a Doug e l’ho fatto. Perché? Mi ha chiesto in seguito Annie e io non ho saputo risponderle. Forse per gli occhi della ragazzina. Da Mulo e no.

Il dischetto grigio ha colpito il pelo umido del procione e ci si è fermato. Scintillava e in un secondo il procione si è trovato chiuso in un guscio trasparente che arrivava fino a terra e proseguiva per circa due centimetri e mezzo sotto al suolo. Forse energia-Y forse no. Una foglia è andata a sbattere contro il guscio ed è scivolata via. Ho toccato il guscio. Non so dove ho preso il coraggio. Era duro come pietra spugnosa.

Era fatto di nulla.

Quando mi sono voltato, la ragazzina si stava infilando qualcosa nella tasca dei pantaloncini e lo sguardo di Doug si stava facendo più chiaro. Ha boccheggiato, lui.

— Non lo faccia muovere ancora — mi ha detto la ragazza ancora senza sorridere. Non pareva proprio un tipo che sorrideva tanto. — Vada a cercare aiuto. Sarà al sicuro finché lei non tornerà indietro.

— Chi è lei, signora? — Le parole mi sono uscite fuori in un gemito. — Che cosa gli ha fatto?

— Gli ho dato una medicina. La stessa iniezione che gli avrebbe fatto l’unità medica. Ha bisogno di una barella per essere riportato in paese. Vada a chiamare aiuto, signor Washington.

Sono avanzato di un passo, io, verso di lei. Lei si è alzata. Non sembrava spaventata, ha solo continuato a fissarmi con quegli occhi senza sorriso. Dopo avere visto il procione mi è venuto in mente che forse anche lei aveva uno scudo. Non duro come quello del procione e forse nemmeno così distante dal suo corpo. Forse attaccato addosso come un guanto trasparente. Ecco perché se ne andava in giro nei boschi coi pantaloncini corti e sandaletti, perché non era tutta punzecchiata dai mosconi e perché non aveva paura di me.

Le ho detto: — Lei viene dall’Eden, vero? C’è davvero da qualche parte, in questi boschi, è davvero qui…

Lei ha mostrato una strana espressione sulla faccia. Non sapevo che cosa voleva dire e ho avuto l’impressione che per me era più facile immaginare che cosa pensava un procione con la rabbia che non quello che pensava la ragazzina.

— Vada a chiamare aiuto, signor Washington. Il suo amico ne ha bisogno. — Si è zittita, lei. — E la prego di dire ai suoi concittadini il meno possibile di quello che ha visto.

— Ma, signora…

— Uuuhhhhmmmm — si è lamentato Doug, non come se aveva dolore ma come se stava sognando.

Mi sono precipitato indietro a East Oleanta il più veloce possibile, ansimando finché non ho pensato che ci sarebbero stati due attacchi di cuore da curare per l’unità medica. Appena dietro alla pista degli scooter ho incontrato Jack Sawicki e Krystal Mandor, accaldati e sudati che stavano arrancando per tornare in paese. Gli ho detto del collasso del vecchio Kane. Mi hanno dovuto fare ricominciare tutto daccapo due volte. Jack è partito regolandosi con il sole. Forse è l’altro unico buon boscaiolo che abbiamo a East Oleanta. Krystal è corsa a cercare l’unità medica e altre persone. Io mi sono seduto per riprendere fiato. Il sole era cocente e accecante nel campo aperto, il lago scintillava oltre il paese e io non riuscivo a trovare un equilibrio in nessun posto della mia mente.

Forse non ci sono mai riuscito. Niente mi è più sembrato lo stesso dopo quel giorno.

L’unità medica ha trovato Doug Kane con una certa facilità, passando sopra ai cespugli con i sensori a gravità, sentendo la traccia mia e di Doug nell’aria. La seguivano quattro uomini che hanno riportato Doug a casa. Lui respirava meglio. Quella notte ci siamo radunati tutti al caffè. Volava musica da ballo, accuse, strilli ed era in atto una festa. Nessuno aveva sparato a nessun procione ma Eddie Rollins aveva sparato a un cervo e Ben Radisson aveva sparato a Paulie Cenverno. Paulie non era ferito grave, lui, e l’unità medica lo aveva rimesso subito a posto. Io sono andato a trovare Doug Kane.

Non si ricordava di nessuna ragazzina nei boschi. Glielo ho chiesto mentre stava sdraiato sulla pedana da letto in sintoplastica, steso su cuscini con una coperta imbottita, ricamata come quella che Annie si era fatta per il divano. Doug amava le attenzioni. Gliel’ho chiesto, molto attentamente, senza dirgli esattamente che c’era una ragazzina nei boschi ma accennando a quello che era successo. Lui però non sì ricordava niente dopo che era crollato e nessuno di quelli che l’avevano riportato a casa aveva parlato del ritrovamento di un procione sotto un guscio duro.

Doveva essersi portata via l’intero guscio, lei.

L’unica persona a cui l’ho detto è stata Annie e mi sono assicurato che Lizzie non c’era nelle vicinanze. Annie non mi ha creduto. Non all’inizio. Poi sì, ma solo perché si ricordava la ragazzina con la testa grossa e la tuta verde che stava nel caffè due giorni prima. Questa ragazzina aveva la testa grossa anche lei e in qualche modo per Annie questo significava che anche il resto della storia era vero. Ho detto ad Annie di non parlarne assolutamente con nessuno. E lei non lo ha mai fatto, nemmeno con me.

Per un bel po’ non sono riuscito a pensare praticamente ad altro. Poi ho cercato di scuotermi e sono tornato alla vita normale. La ragazzina con la testa grossa però era ancora nel mio pensiero.

Non abbiamo avuto altri guai per l’intera estate e autunno con i procioni con la rabbia. Sono semplicemente scomparsi tutti, per sempre.

Le macchine, però, hanno continuato a rompersi.