La finzione non era mai completa e spesso si rompeva subito. Il povero vecchio re la palpeggiò coscienziosamente, sotto la vaga impressione che Solly fosse una delle sue scaldaletto. Quando Solly contraddisse Lord Gatuyo in una discussione, lui la fissò con lo sconcerto di un uomo rimbrottato dalla propria scarpa. Quello là finora l'aveva creduta una donna, ma in generale la negazione del genere sessuale funzionava, permettendole di lavorare con loro. Così Solly cominciò a sentirsi a proprio agio e parte del gioco, facendo in modo che Rewe l'aiutasse a creare vestiti che somigliassero a quelli che indossavano i possidenti maschi del Gatay, ed evitando tutto quanto fosse specificamente femminile. Rewe era una sarta veloce e industriosa. I pantaloni aderenti, pesanti e lucidi, erano pratici ed eleganti, le giacche ricamate erano splendidamente calde. A lei piaceva indossarle, ma si sentiva desessualizzata da quegli uomini che non la volevano accettare per quel che era. Aveva proprio bisogno di confidarsi con una donna.

Cercò di incontrare attraverso i mariti alcune delle donne possidenti che vivevano rintanate, ma si scontrò contro un muro di gentilezza privo di porta, senza nemeno uno spioncino. Ma che bella idea, organizzeremo sicuramente una visita quando il tempo sarà migliore! Sarebbe fantastico se l'inviata potesse far visita a Lady Mayoyo e alle mie figlie, ma queste stupide ragazze provinciali sono così timide… sono sicuro che capirà. Oh, certo, certo, un giro dei giardini interni, ma non in questo momento che le vigne non sono in fiore! Dobbiamo aspettare che le vigne siano in fiore!

Non c'era nessuno con cui parlare, nessuno, finché non incontrò Batikam, il makil.

Fu un evento: una troupe in tournée dal Voe Deo. Nella piccola capitale montana del Gatay non c'era molto da fare per quanto riguardava i divertimenti, tranne qualche spettacolo di danza – solo ballerini, naturalmente – e le fesserie sdolcinate che venivano fatte passare per commedie sulla rete di Werel. Solly s'era sorbita con cocciutaggine qualcuno di quei quadretti, sperando di farsi un'idea della vita "domestica" locale, ma non riusciva a sopportare quelle vergini svenevoli che morivano d'amore mentre gli eroi altezzosi e stupidi, che per giunta assomigliavano tutti al maggiore, morivano nobilmente in battaglia, e Tual la Misericordiosa si sporgeva dalle nuvole sorridendo sulla loro morte con i suoi occhi leggermente strabici che mostravano il bianco, segno di divinità. Solly si era accorta che gli uomini di Werel non si sintonizzavano mai sul canale delle commedie. Ora sapeva perché. Ma i ricevimenti a palazzo, le feste in suo onore date dai vari Lord e uomini d'affari erano molto noiose, sempre solo uomini, perché non avrebbero accettato le schiave in presenza del Nunzio. Non poteva nemmeno civettare con gli uomini più carini, dal momento che non poteva ricordargli che erano uomini, visto che allora quelli si sarebbero ricordati che lei era una donna e non si comportava come una signora. L'eccitazione era decisamente scemata quando arrivò la troupe dei makil.

Chiese a San, consigliere affidabile in fatto di etichetta, se sarebbe stato opportuno presenziare allo spettacolo. Lui tergiversò, ma alla fine, con una gentilezza più untuosa del solito, le fece capire che non ci sarebbe stato nulla di male, a patto che si vestisse da uomo. «Le donne, sa, non si mostrano in pubblico, ma a volte vogliono vedere gli attori. Lady Amatay era solita accompagnare Lord Amatay vestita con gli abiti del marito, tutti gli anni. Lo sapevano tutti, ma nessuno ha mai detto niente, sa. Per una persona importante come lei non ci dovrebbero essere problemi, nessuno avrà da ridire. Tutto bene, allora. Naturalmente io verrò con lei, e anche il Rega viene con lei. Come due amici, no? Sa, tre amici che vanno a divertirsi, ah! ah!»

Ah! ah! fece lei obbediente. Che spasso! Ma vale la pena di vedere i makil, pensò.

Non comparivano mai nelle varie reti. Le ragazze chiuse in casa non potevano vedere le loro rappresentazioni, alcune delle quali, come le disse San in tono serio, erano piuttosto sconvenienti. Recitavano solo nei teatri. Pagliacci, ballerini, prostitute, attori, musicisti, i makil formavano una specie di sottoclasse, le uniche proprietà che non erano possedute personalmente. Uno schiavo di talento comperato al suo proprietario dalla Corporazione del Divertimento diventava quindi una proprietà aziendale, che gli insegnava il mestiere e badava a lui per il resto della sua vita.

Andarono a piedi fino al teatro, sei o sette strade più in là. Solly si era dimenticata che i makil erano tutti travestiti, e infatti non se lo ricordò neanche quando li vide per la prima volta, una truppa di ballerini alti e snelli che ballavano sul palco con la precisione, la forza, la grazia di grandi uccelli che roteavano a stormi. Stette a guardare senza pensare, rapita dalla loro bellezza fino a che improvvisamente la musica cambiò e i pagliacci entrarono in scena, neri come la notte, neri come i possidenti, indossando delle gonne fantasiose con strabilianti petti sporgenti pieni di gioielli, cantando con vocette da deliquio. «Oh, non mi violentare per favore, gentil signore, no, non ora!» Sono uomini, sono uomini! Finalmente Solly se ne accorse, e già rideva a tutto spiano. Prima che finisse il numero di Batikam, un meraviglioso monologo drammatico, lei era già diventata una sua ammiratrice. «Lo voglio incontrare,» disse a San nell'intervallo. «Quell'attore, Batikam.»

San assunse l'espressione vacua di chi sta pensando come riuscirci, guadagnandoci anche un po' di soldi. Ma il maggiore, che stava in guardia come sempre, rigido come un palo, girò appena la testa per dare un'occhiata a San. L'espressione di San cominciò a cambiare.

Se la proposta di Solly fosse stata un po' fuori dalla norma, San gliel'avrebbe fatto capire. Quel pallone gonfiato del maggiore la stava semplicemente controllando, cercando di tenerla al guinzaglio come se fosse una delle sue donne. Era tempo di sfidarlo. Si girò verso di lui e lo fissò dritto negli occhi. «Rega Teyeo,» gli disse, «capisco che ti hanno ordinato di tenermi sotto controllo. Ma se dai degli ordini a San o a me, devono essere impartiti ad alta voce e devono essere giustificati. Non mi farò manovrare dai tuoi battiti di palpebra o dai tuoi capricci.»

Ci fu una pausa di durata considerevole, una pausa veramente deliziosa e appagante. Era difficile capire se l'espressione del maggiore fosse cambiata. Le luci soffuse del teatro non evidenziavano i dettagli della sua faccia nera bluastra, ma c'era qualcosa di raggelato nella sua immobilità che le rivelò di essere riuscita a bloccarlo. Alla fine lui disse, «Ho il compito di proteggerla, Nunzio».

«Devo temere i makil? È forse poco opportuno che un inviato dell'Ekumene si congratuli con un grande artista di Werel?» Ancora quel silenzio glaciale. «No,» disse lui.

«Allora ti chiedo di accompagnarmi dietro le quinte, dopo lo spettacolo, per parlare con Batikam.»

Un cenno rigido. Rigido, pomposo e sconfitto. Uno a zero per me! pensò Solly, e si adagiò tutta allegra sulla sedia per ammirare le danze erotiche, i pittori con le luci e la scenetta curiosamente commovente con cui finì la serata. Era in versi arcaici, difficili da capire, ma gli attori erano tanto belli e le loro voci così dolci che lei scoprì di avere le lacrime agli occhi senza sapere perché.

«È un peccato che i makil attingano sempre dall'Arkamye» disse San compiaciuto, con bigotta disapprovazione. Non era un possidente di alta classe, e infatti non possedeva alcuna proprietà, però era sempre un possidente, un Tualita bigotto, e gli piaceva ricordarselo. «Delle scene dalle Incarnazioni di Tual sarebbero più adatte per questo tipo di pubblico.»

«Sono sicura che sarete d'accordo, Rega» disse lei, crogiolandosi nella propria ironia.

«Niente affatto,» replicò il maggiore con una gentilezza così inespressiva che dapprima lei non capì che cosa avesse detto. Poi Solly dimenticò tutto nel trambusto, mentre cercava la maniera di entrare dentro le quinte e nei camerini degli attori.