«Mi dispiace molto sentirlo, Cazaril», ribatté lei, in tono severo.
Cazaril mantenne lo sguardo sul libro, ma ascoltò i passi di lei che si allontanavano.
Trascorsero parecchi giorni. Indomita, Iselle proseguiva la sua campagna contro Orico, mentre Cazaril era tormentato ogni notte dagli ululati interiori della tormentata anima di Dondo. A mezzanotte, e per un quarto d’ora, lo spettro riviveva il terrore della propria morte e Cazaril non riusciva mai a dormire prima di quell’interludio, a causa del nauseante senso di apprensione, né per parecchie ore a seguire, per via dell’orribile risonanza di quell’esperienza. Il suo volto divenne grigiastro per la stanchezza e i vecchi, indistinti fantasmi cominciarono ad apparirgli come piacevoli animali domestici, rispetto a quell’orrore. Disperato, tentò ancora di ubriacarsi, ma per quanto bevesse, non riuscì più a superare quell’esperienza senza svegliarsi, e ben presto si rassegnò a sopportarla.
La forza d’animo di Orico non era così forte. Il Roya si sforzava di evitare la sorella e lo faceva in modi sempre più bizzarri, ma soltanto per vedersela piombare addosso quasi ovunque: nelle sue camere, nelle cucine o, come accadde una volta, mentre faceva un bagno di vapore, cosa che scandalizzò profondamente la povera Nan dy Vrit.
Un giorno in cui Orico partì all’alba alla volta del suo capanno di caccia, Iselle lo seguì prontamente, subito dopo colazione; nel lasciare lo Zangre, Cazaril notò con sollievo che la sua scorta di spettri non lo accompagnò all’esterno, in quanto vincolata al luogo della propria morte.
Com’era prevedibile, il colloquio con Orico non diede esiti di sorta, ma la galoppata procurò a Iselle una gioia inesprimibile, permettendole di liberarsi della tensione accumulata al castello. Quella giornata trascorsa in sella, sotto la sferza della pungente aria invernale, servì a ridarle uno sguardo più sereno e a far affiorare un colorito più sano sul suo volto. Anche Lady Betriz ne trasse giovamento, ma così non si poté dire delle quattro guardie baociane di scorta, che mantennero a stento l’andatura e parvero faticare quanto i loro cavalli; e neppure di Cazaril, che quasi non riuscì a nascondere la sofferenza e che, quella sera, perse nuovamente sangue nell’usare il pitale, cosa che non gli era più successa da giorni.
Durante la notte, inoltre, le grida di Dondo risultarono particolarmente devastanti: per la prima volta, infatti, l’orecchio interiore di Cazaril riuscì a cogliere in esse parole articolate, prive di senso ma chiaramente distinguibili. Con sgomento, si chiese che cosa sarebbe successo d’ora in poi.
Il mattino successivo, Cazaril salì con passo stanco le scale che conducevano alle camere di Iselle, temendo di sentirsi annunciare un’altra cavalcata. Si accomodò faticosamente sulla sua sedia, davanti alla scrivania, e prese il libro mastro, ma proprio allora la Royina Sara apparve nell’anticamera, scortata da due delle sue dame di compagnia, e gli passò davanti in silenzio, simile a una nuvola di lana bianca. Colto di sorpresa, Cazaril si affrettò ad alzarsi e a inchinarsi profondamente, ma la Royina non si fermò neppure e si limitò a prendere atto della sua presenza con un lieve cenno del capo.
Poco dopo, un echeggiare di voci femminili nelle camere interne, interdette agli uomini, annunciò la visita della Royina alla cognata, poi le due dame di compagnia e Nan dy Vrit vennero esiliate nel salotto, dove si sedettero tranquillamente a cucire e a scambiarsi pettegolezzi. Circa mezz’ora più tardi, la Royina Sara emerse dall’appartamento di Iselle e riattraversò l’anticamera occupata da Cazaril con lo stesso atteggiamento distaccato che aveva avuto all’andata.
Betriz si affacciò alla porta interna. «La Royesse vi prega di raggiungerla immediatamente in salotto», disse a Cazaril e, notando l’espressione preoccupata della giovane, lui si affrettò ad alzarsi e a seguirla.
Iselle era seduta su un seggio intagliato, con le mani serrate intorno ai braccioli, pallida in volto e col respiro affannoso. «Un infame! Mio fratello è un infame, Cazaril!» esclamò, non appena lui si fu inchinato.
«Come, mia signora?» chiese lui, sedendosi mentre prendeva uno sgabello e si sedeva con la massima cautela. I crampi al ventre della notte precedente lo tormentavano ogni volta che si muoveva troppo in fretta.
«Nessun matrimonio senza il mio consenso… Certo, in questo è stato sincero, ma non ha aggiunto che non ci sarà nessun matrimonio senza il consenso di dy Jironal! Sara me lo ha confidato, insieme con altre cose interessanti. Dopo la morte di suo fratello, ma prima di partire da Cardegoss per cercare il suo assassino, dy Jironal ha chiesto un colloquio privato con Orico, e lo ha persuaso ad aggiungere un codicillo al suo testamento, in virtù del quale, in, caso di morte del Roya, il Cancelliere diventerà reggente per conto di mio fratello Teidez…»
«Ma si sapeva già da tempo, Royesse, come si sa che è stato istituito un consiglio di reggenza per consigliare il giovane Royse… I Provincar di Chalion non sono infatti disposti a permettere che uno di essi acquisisca un potere tanto vasto senza disporre di uno strumento di controllo.»
«Sì, sì, lo sapevo anch’io, però…»
«Il codicillo in questione non tenta di abolire il consiglio, vero?» chiese Cazaril, allarmato. «Questa è una cosa che scatenerebbe le ire di tutti i nobili.»
«No, quella parte è stata lasciata intatta… Tuttavia in precedenza io dovevo essere affidata alla tutela di mia nonna e di mio zio, il Provincar della Baocia, e adesso invece la mia tutela è stata trasferita a dy Jironal… e nel mio caso non c’è nessun consiglio che funga da organo di controllo! E c’è dell’altro, Cazaril! La sua tutela cesserà soltanto se e quando io mi sposerò, e spetterà soltanto a lui concedermi o negarmi il permesso di sposarmi! Potrà lasciarmi nubile sino a farmi morire di vecchiaia!»
«Non credo che possa succedere», replicò Cazaril, sollevando una mano in un gesto inteso a calmarla, anche se si sentiva a disagio. «Dy Jironal morirà inevitabilmente di vecchiaia molto prima di voi, e ancora prima, quando raggiungerà la maggiore età e potrà esercitare in pieno i suoi poteri, Teidez vi libererà da questa tutela con un decreto reale.»
«La maggiore età di Teidez è stata fissata a venticinque anni, Cazaril.»
Un decennio prima, Cazaril avrebbe condiviso in pieno l’indignazione di Iselle di fronte alla prospettiva di un’attesa del genere. Ora invece gli pareva una misura sensata… anche se era pronto ad ammettere che cessava di essere tale nel momento in cui il potere passava integralmente nelle mani di dy Jironal.
«Per allora io avrò quasi ventotto anni!» gemette ancora Iselle.
Altri dodici anni nell’arco dei quali la maledizione sarebbe stata libera di operare su di lei… No, quell’attesa non era affatto una cosa buona.
«E lui potrebbe licenziarvi immediatamente dal mio servizio!» rincarò Iselle.
Hai un’altra patrona che, per ora, non ha nessuna intenzione di licenziarmi, pensò Cazaril. «Sono pronto ad ammettere che avete una serie di motivi per cui essere preoccupata, Royesse», replicò. «Ma non fasciatevi la testa prima di romperla. Ricordate che nessuna di queste disposizioni ha valore finché Orico è in vita.»
«Secondo Sara, lui non sta bene.»
«Non gode di una salute eccellente, è vero», ammise con cautela Cazaril. «Ma non è assolutamente vecchio. Dopotutto, ha poco più di quarant’anni.»
A giudicare dall’espressione che le apparve sul volto, per Iselle quella era un’età fin troppo avanzata. «Sara afferma che le sue condizioni sono molto più gravi di quanto possano sembrare.»
«Gode della sua confidenza al punto di essere al corrente di cose del genere?» obiettò Cazaril. «Credevo che non avessero più molto in comune.»
«Non li capisco», ammise Iselle, sfregandosi gli occhi. «Sapete, Cazaril, quello che mi ha detto Dondo, era vero! Mi ero quasi convinta che si fosse trattato di un’orribile menzogna intesa a spaventarmi, però Sara me l’ha confermata. Il suo bisogno di avere un figlio era così disperato che ha acconsentito a dy Jironal di fare un tentativo, quando Orico… non è più stato in grado di provvedere. Stando alle sue parole, Martou non è stato poi così sgradevole… se non altro è stato sempre cortese con lei. Quando però anche lui non è riuscito a farla concepire, è intervenuto suo fratello e, a quanto pare, Dondo si è comportato in maniera orribile, traendo piacere dall’umiliazione di Sara. Orico però lo sapeva, Cazaril, e ha contribuito a persuadere Sara a sottoporsi a quell’indegnità. È una cosa che non capisco, perché sono certa che Orico non detesti Teidez così tanto da desiderare di mettere sul trono al suo posto un bastardo generato da uno dei due dy Jironal.»