«Con questa pioggia?» replicò Cazaril, indicando la pioggerella che colava lungo la finestra, velando di caligine la valle al punto di rendere impossibile scorgere il burrone sottostante e trasformando i nudi rami degli alberi in macchie scure. «Inoltre, anche se ci permettessero di uscire, senza dubbio ci farebbero accompagnare da una scorta armata.»
«Se potessimo acquisire soltanto un po’ di vantaggio…»
«Cosa potremmo fare? Una volta raggiunti, per prima cosa le guardie mi tirerebbero giù di sella e mi taglierebbero la testa, lasciandomi in pasto alle volpi e ai corvi, poi vi riporterebbero qui. E se pure, per qualche miracolo, non dovessero raggiungerci, sapete dirmi dove potremmo andare?»
«Verso un confine… un confine qualsiasi.»
«Brajar e l’Ibra meridionale vi rimanderebbero subito indietro per far piacere a Orico, mentre i cinque principati e la Volpe di Ibra vi terrebbero come ostaggio. Quanto alla Darthaca… per arrivarci, dovremmo attraversare metà Chalion e tutto l’Ibra meridionale. Temo proprio che la cosa non sia realizzabile, Royesse.»
«Che altro posso fare?» domandò Iselle, con una nota di disperazione nella voce.
«Nessuno può essere costretto al matrimonio, ed entrambe le parti devono dare liberamente il loro assenso davanti agli Dei. Se avrete il coraggio di presentarvi alla cerimonia e di opporre un semplice rifiuto, il matrimonio non potrà essere celebrato. Credete di poterlo fare?»
«Ma certo», ribatté lei, serrando le labbra. «Però… cosa succederà, dopo? Mi pare che adesso siate voi a non considerare tutti gli aspetti della situazione: credete che a quel punto Lord Dondo sarebbe disposto a rinunciare?»
«Tutti sanno che un matrimonio contratto con la forza non è valido», insistette Cazaril scuotendo il capo. «Aggrappatevi a questo pensiero.»
«Ah, Cazaril, voi non capite», esclamò Iselle, scuotendo il capo, angosciata e spazientita.
Sul momento, il Castillar interpretò quell’affermazione come un lamento giovanile, ma, quel pomeriggio stesso, Dondo si presentò nelle camere della Royesse per fare opera di persuasione.
Come richiedevano le regole, le porte del salotto della Royesse vennero lasciate aperte, e una guardia armata prese posto su ciascuna soglia, in modo da tenere lontani sia Cazaril, da un lato, sia Nan dy Vrit e Betriz dall’altro. Il Castillar non riuscì quindi a cogliere più di una parola su tre della rabbiosa discussione, condotta peraltro a bassa voce, che si stava svolgendo tra il massiccio cortigiano e la Royesse. Alla fine, però, Dondo se ne andò a grandi passi, con un’espressione di selvaggia soddisfazione dipinta sul volto, e Iselle si accasciò sul sedile antistante la finestra, ansimando per il terrore e l’ira che l’attanagliavano.
«Ha detto… che mi prenderà comunque, anche se non darò le risposte di rito», spiegò con voce soffocata, aggrappandosi a Betriz. «E quando ho ribattuto che Orico non gli avrebbe mai permesso di violentare sua sorella, mi ha chiesto di spiegargli per quale motivo sarebbe intervenuto, dato che aveva permesso a lui e a suo fratello di violentare sua moglie. Infatti, giacché la Royina Sara non riusciva a concepire, nel letto di Orico sono state… infilate dame, fanciulle e prostitute, per tacere di cose ancor più disgustose. Ma mio fratello si è rivelato del tutto impotente e allora i dy Jironal lo hanno persuaso a lasciarli… provare con sua moglie. Dondo e suo fratello l’hanno posseduta ogni notte, per un anno, uno alla volta o insieme, finché lei non ha minacciato di uccidersi. Dondo ha sostenuto che mi avrebbe posseduta fino a quando non avesse piantato il suo seme nel mio grembo, aggiungendo che, una volta incinta, non avrei più fatto tante storie nell’accettarlo come marito.» Iselle sbatté le palpebre sugli occhi velati di lacrime e spostò lo sguardo su Cazaril, le labbra ritratte sui denti in un’espressione che era quasi un ringhio. «Ha detto che il mio ventre si sarebbe fatto molto grosso, perché sono bassa di statura. Cazaril, quanto coraggio credete che mi possa servire per pronunciare un semplice no? E cosa succede se il coraggio non fa nessuna differenza?»
Credevo che l’unico posto in cui il coraggio non avesse importanza fosse una galea roknari manovrata da schiavi, ma mi sbagliavo, pensò Cazaril. «Non lo so, Royesse», sussurrò poi, avvilito.
Oppressa e disperata, Iselle si rivolse alle preghiere e al digiuno. Nan dy Vrit l’aiutò a erigere nelle sue camere un altare e lo decorò con tutti i simboli della Signora della Primavera che riuscì a trovare. Seguito dalle solite due guardie, Cazaril si recò allora a Cardegoss, trovando un fioraio che aveva delle violette fuori stagione, cresciute in serra, che portò al castello perché venissero messe sull’altare, in un bicchiere pieno d’acqua. Nel ringraziarlo, la Royesse gli fece cadere una lacrima sulla mano, però lui continuò a sentirsi stupido e impotente di fronte a quella situazione.
Senza mangiare né bere, Iselle si prostrava di continuo sul pavimento davanti all’altare. Cazaril non poté trattenersi dal ripensare alla prima volta in cui aveva visto la Royna Ista, nella sala degli antenati della Provincara, e, notando quella somiglianza, ne fu così sconvolto da dover lasciare la stanza in tutta fretta. Trascorse le ore successive aggirandosi per il palazzo e cercando di riflettere, ma senza nessun risultato.
In tarda serata, Lady Betriz lo convocò nell’anticamera di quello che stava rapidamente diventando un luogo da incubo. «Ho trovato una soluzione!» annunciò. «Cazaril, insegnatemi come si fa a uccidere un uomo con un coltello.»
«Come?»
«Le guardie di Dondo hanno l’ordine di non farvi avvicinare a lui, però, la mattina del matrimonio, io sarò al fianco di Iselle, come sua testimone, e nessuno si aspetta una mossa da parte mia. Nasconderò il coltello nel corpetto e, quando Dondo si chinerà per baciarle la mano, potrò colpirlo, anche due o tre volte, prima che qualcuno riesca a fermarmi. Però non so dove e come colpire per essere certa di uccidere. Suppongo di dover mirare al collo, ma in che punto?» Poi tirò fuori da sotto le gonne un sottile pugnale. «Avanti, fatemi vedere così potremo esercitarci finché non sarò certa di poter agire rapidamente e con scioltezza.»
«Per gli Dei, no, Lady Betriz! Rinunciate a questo folle piano! Vi ucciderebbero sul posto… o comunque v’impiccherebbero!»
«Sarei lieta di andare sulla forca, se prima potessi uccidere Dondo. Ho giurato di proteggere Iselle con la mia vita, e sono pronta a farlo», ribatté Betriz, con gli occhi scuri che ardevano come fuoco nel volto pallido.
«No», ribadì con fermezza Cazaril, togliendole di mano il coltello e chiedendosi come se lo fosse procurato. «Questo non è un incarico adatto a una donna.»
«Secondo me, è un incarico adatto a chiunque abbia la possibilità di portarlo a termine, cioè io. Avanti, fatemi vedere!»
«No, ascoltate… Aspettate. Io… tenterò qualcosa, vedrò di scoprire cosa posso fare.»
«Potete uccidere Dondo? Iselle è là dentro, intenta a pregare la Signora della Primavera perché faccia morire o lei o Dondo prima del matrimonio… Chi dei due non le importa più molto, ormai, però a me importa, e credo che a morire dovrebbe essere Dondo.»
«Sono assolutamente d’accordo. Ascoltatemi, Lady Betriz, dovete aspettare. Vedrò cosa posso fare.» E pensò: Se gli Dei non risponderanno alle tue preghiere, Lady Iselle, allora proverò a farlo io.
Il giorno successivo, alla vigilia del matrimonio, Cazaril trascorse ore intere a pedinare Lord Dondo per tutto il castello di Zangre, come se fosse un cinghiale in una foresta di pietra, ma non riuscì mai ad avvicinarsi abbastanza da poterlo colpire. Verso la metà del pomeriggio, poi, Dondo fece ritorno al grande palazzo che i dy Jironal possedevano in città, e Cazaril provò per ben due volte a valicarne le mura o le porte. La seconda volta, i bravacci al soldo di Dondo lo gettarono fuori e uno dei due lo tenne fermo, mentre l’altro lo tempestava di pugni al petto, al ventre e all’inguine. Tornò allo Zangre con passo lento e incerto, sorreggendosi ai muri come un ubriaco. Le guardie del Roya, che lui era riuscito a seminare nei vicoli di Cardegoss e che avevano assistito sia al pestaggio sia al suo cammino verso a casa, non intervennero.