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Già, a pensarci, era probabile che fosse piuttosto irritante vivere a stretto contatto con l’ironia che Ista usava a mo’ di protezione… Ma del resto lei non aveva nessuno che prendesse le sue difese, rifletté Cazaril, poi disse: «Provincara… Vostra figlia ha il cuore infranto e la sua forza di volontà è annientata al punto che desidera la liberazione della morte, ma non è pazza. Gli Dei non sono così misericordiosi.»

La dama s’incurvò su se stessa, come se quelle parole avessero toccato un punto dolente. «Il suo dolore è assurdo. Forse che nessun’altra donna è rimasta vedova prima d’ora? Nessuna ha perso dei figli? Io ho sofferto entrambe queste perdite, ma non gemo e piango di continuo, per anni di fila. Certo, ho pianto a suo tempo, ma poi ho continuato a svolgere il mio dovere. Se la sua mente non ha ceduto, allora Ista commisera se stessa in modo davvero eccessivo.»

Sarebbe riuscito a spiegare alla Provincara la situazione di Ista senza tradire le confidenze che lei gli aveva fatto? Forse, ricorrendo a una verità parziale… «Tutto risale all’epoca della grande guerra tra Fonsa l’Abbastanza Saggio e il Generale Dorato…» cominciò. Espose il meccanismo della maledizione nel modo più semplice possibile e illustrò come essa avesse operato sulla storia della Casa di Chalion. Durante il regno di Ias, i disastri erano stati così numerosi che lui non ebbe quasi bisogno di accennare alla caduta di dy Lutez, adducendo l’impotenza di Orico, la lenta corruzione dei suoi consiglieri, il fallimento della sua politica e il crollo della sua salute, a esemplificazione dell’effetto della maledizione.

«Tutta questa immonda sfortuna è dunque opera della magia nera dei roknari?» chiese la Provincara, accigliandosi.

«Da quel che ne capisco io, no. È una sorta di… traboccamento, la perversione di una divinità ineffabile, che ha perso il suo giusto posto.»

«Le due cose sono abbastanza simili», dichiarò la dama, scrollando le spalle. «Se funziona come la magia nera, allora è magia nera. Bisogna chiedersi come contrastarla, dunque.»

Secondo Cazaril, quella somiglianza era alquanto dubbia: di certo, soltanto una comprensione corretta della cosa poteva portare a un’azione altrettanto corretta, Ista e Ias avevano tentato d’imporre una soluzione con la forza, come se la maledizione fosse stata una magia, da contrastare con altra magia, una sorta di rito trito e ritrito.

«Tutto ciò si collega in qualche modo alle storie assurde che abbiamo sentito circolare, secondo le quali Dondo dy Jironal sarebbe stato assassinato mediante magia di morte?» chiese la Provincara.

Quella, se non altro, era una domanda cui nessuno, meglio di lui, avrebbe potuto rispondere. Cazaril aveva già deciso di escludere, da quella versione, la massima quantità possibile di dettagli ultraterreni. Se lui avesse preso a farneticare di demoni, spettri, santi, seconda vista e altre cose ancora più grottesche, dubitava che la fiducia della Provincara nei suoi confronti ne sarebbe emersa rinforzata. Era comunque certo che anche quella versione epurata non avrebbe mancato di suscitare un profondo sconcerto nella dama. Narrò le vicissitudini del disastroso fidanzamento di Iselle, ma evitò di fornire l’identità della persona che aveva causato il miracolo di morte, abbattendo Dondo, e nascose il proprio atto omicida nello stesso modo in cui aveva evitato di parlare di quello di Ista.

La Provincara si rivelò assai meno schizzinosa di lui. «Se Lord Dondo era davvero l’individuo che tu mi descrivi, pregherò per questo ignoto benefattore», dichiarò infatti.

«Ah, Vostra Grazia, io prego per lui tutti i giorni.»

«E poi, affibbiare a Iselle come marito un semplice figlio cadetto! Si può sapere cos’è saltato in mente a quello stolto di Orico?»

Evitando di scendere in considerazioni che rasentavano l’ineffabile, Cazaril presentò alla Provincara il serraglio di Orico come un miracolo terapeutico studiato dal Tempio per preservare la sua salute cagionevole, il che era abbastanza veritiero. D’altronde, la dama intuì immediatamente il segreto scopo politico che aveva indotto Dondo a spingere Teidez — e anche Orico — incontro alla distruzione, e serrò i denti con rabbia, gemendo per il modo in cui il nipote era stato tradito. La notizia che Valenda si doveva preparare per un funerale, un matrimonio e una guerra ebbe poi l’effetto di rivitalizzarla.

«Iselle può contare sul supporto di suo zio, dy Baocia?» domandò Cazaril. «Quanti altri nobili potrete radunare, per contrastare la fazione di dy Jironal?»

Con un rapido calcolo mentale, la Provincara passò in rassegna i nobili che avrebbe potuto chiamare a Valenda, ufficialmente in occasione del funerale di Teidez, ma in realtà per strappare Iselle dalle mani di dy Jironal. Dopo aver osservato per decenni l’andamento della politica di Chalion, quella formidabile dama non aveva bisogno di studiare una mappa per elaborare le proprie tattiche.

«Chiedete loro di presenziare al funerale di Teidez, portandosi appresso tutti gli uomini disponibili», suggerì Cazaril. «Dobbiamo soprattutto controllare le strade tra qui e Ibra, per garantire la sicurezza del Royse Bergon.»

«È difficile», replicò la Provincara, appoggiandosi allo schienale della sedia. «Alcune delle terre di dy Jironal e dei suoi cognati si estendono tra qui e il confine. Dovresti prendere con te una scorta… Vorrà dire che ridurrò al minimo le difese di Valenda per darti gli uomini necessari.»

«No», ribatté Cazaril. «Quando Iselle arriverà, il che può benissimo succedere prima del mio ritorno, voi avrete bisogno del maggior numero di uomini. Inoltre raggiungere Ibra richiederebbe molto tempo, dato che non troveremmo lungo la strada i cambi di cavalli necessari per così tante persone, e mantenere il segreto diventerebbe impossibile. È meglio viaggiare leggeri, in fretta e senza dare nell’occhio. Tenete qui le vostre truppe, perché ci vengano incontro sulla via del ritorno… Ah, guardatevi dal capitano baociano che avete mandato con Teidez, perché si è venduto a Dondo. Quando rientrerà a Valenda, dovrete sostituirlo.»

«Avrò le sue orecchie, per i demoni del Bastardo!» sibilò la Provincara.

I due elaborarono un piano per trasmettere a Iselle le missive cifrate di Cazaril e far arrivare a lui le risposte della Royesse passando da Valenda, così da far credere alle spie di dy Jironal che lui si trovasse ancora là. La Provincara decise anche che, il mattino seguente, avrebbe impegnato alcuni gioielli di Iselle per suo conto, al prezzo migliore, in modo da procurare a Cazaril il denaro necessario per proseguire il suo viaggio. In pochi minuti, affrontarono e risolsero almeno una dozzina di problemi pratici, e ciò indusse Cazaril a pensare che la determinazione della Provincara era più che sufficiente a renderla immune ai capricci degli Dei. Sebbene partecipasse a tutte le cerimonie religiose, infatti, nessun Dio sarebbe mai riuscito a insinuarsi sotto quella sua volontà ferrea. Ma gli Dei le avevano comunque elargito talenti meno pericolosi, e lui ne era loro grato. «Come avrete compreso, spero proprio che questo progetto di matrimonio salvi Iselle, tuttavia non so se sarà sufficiente a salvare anche Ista», concluse il Castillar. No, rifletté, non c’era speranza per Ista, che si aggirava con aria triste nel castello di Valenda, e neppure per Orico, che giaceva cieco e gonfio nel suo letto, nello Zangre. Nessuna esortazione della Provincara per indurla a riscuotersi sarebbe stata utile alla Royina Vedova, non finché quella nube nera avesse continuato a soffocarla come un veleno.

«Mi basta che Iselle si salvi dalle grinfie del Cancelliere dy Jironal. Non riesco a credere che Orico possa aver inserito simili disposizioni nel suo testamento», ribatté la Provincara. Quella disposizione legale l’aveva turbata quasi più delle questioni soprannaturali. «Come ha osato togliermi la tutela di mia nipote senza neppure consultarmi?»