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Lui poteva indossare la tuta grande; non sarebbe stata la prima volta, ma l’altra era inutilizzabile. E non poteva esporre Roic a un tale rischio…

Roic arrivò di corsa. — Ho trovato la macchina del ghiaccio, signore. Non si sono ricordati di chiuderla prima di evacuare la nave. È piena fino all’orlo.

Miles si tolse lo storditore, lo appoggiò sul lettino, poi provò a entrare nella tuta più grande.

— Che cosa pensa di fare, con rispetto parlando, Milord? — chiese Roic cautamente.

— Porteremo Bel quassù. O meglio, ce lo porto io. È qui che i medici vorranno trattarlo, comunque. — Ammesso che ci fossero dei trattamenti. — Ho un’idea per un primo, grossolano intervento. Penso che Gupta sia sopravvissuto perché l’acqua nella sua vasca gli ha tenuto bassa la temperatura corporea. Vai nella sala macchine. Cerca una tuta a pressione che ti vada bene. Se la trovi, indossala subito e vieni dove c’è Bel. Muoviti!

Roic, il volto rigido, si mosse. Miles impiegò dei preziosi minuti per trasportare il ghiaccio nella vasca; per fortuna poté utilizzare la barella a levitazione. Stava per andare a prenderne ancora, quando il comunicatore suonò.

— Ho trovato una tuta, Milord. Mi va appena bene, ma quando l’avrò indossata non potrò più parlare con lei attraverso il nostro comunicatore; dovrò usare il canale pubblico.

— Sopravvivremo. Mettiti subito in contatto con Vorpatril non appena ti sei chiuso dentro; assicurati che i suoi medici possano comunicare con noi quando arriveranno a uno dei portelli esterni. E raccomanda che non cerchino di entrare attraverso la stessa stiva dove si sono rifugiati i quad!

— Benissimo, Milord.

— Vediamoci da Bel.

— Sì, Milord. Sto mettendo la tuta. — La voce si spense.

Con un certo rimpianto, anche Miles dovette rinunciare all’uso del suo comunicatore non appena indossata la tuta. Sistemò quindi lo storditore in una delle tasche esterne sulla coscia, poi aggiustò il flusso di ossigeno con pochi tocchi sul pannello di controllo del bracciale sinistro. Le spie sul monitor del casco gli assicurarono che era isolato. Si incamminò goffamente, negli stivali troppo grandi, tirandosi dietro la barella a levitazione.

Roic stava arrivando a passi pesanti giù per il corridoio, mentre Miles con la barella entrava nel locale dove si trovava Bel. La tuta dell’armiere, che portava un numero di serie del reparto macchine della Idris, era certamente una protezione altrettanto efficace di quella di Miles, anche se aveva guanti più spessi e pesanti.

Miles gli fece segno di avvicinarsi. — Ridurremo la pressione nel baccello per sgonfiarlo in parte, poi lo carichiamo sulla barella, e lo portiamo di corsa in infermeria. Non ho intenzione di aprirlo prima di essere sicuro che le barriere molecolari del locale siano attivate.

— Non sarebbe meglio aspettare che arrivino i medici della Prince Xav per farlo, Milord? — chiese Roic nervosamente. — Saranno qui da un momento all’altro.

— No. Perché non vorrei che fosse troppo tardi. Per non aprirlo nell’atmosfera della nave, cercherò di collegarlo a un altro baccello, che faccia da serbatoio. Mentre vai a prenderlo, cerca anche un tubo e del nastro sigillante.

Roic rispose con un gesto di consenso insoddisfatto, e si diede da fare.

Miles si avvicinò all’oblò. — Bel? Bel? — gridò attraverso il casco. Anche se attutito, avrebbe dovuto essere udibile, dannazione. — Ti spostiamo. Tieni duro, là dentro.

Bel, ancora con gli occhi vacui, non mostrò alcuna reazione. Può non essere infetto, cercò di farsi coraggio Miles, forse è in quello stato a causa delle droghe che il ba ha usato per assicurarsi la sua cooperazione. Prima era stato stordito da Gupta, poi riempito di stimolanti dal ba per fargli riprendere coscienza, quindi sottoposto a ipnotici per convincere le guardie a farli entrare nell’astronave. E forse, una volta dentro, riempito di penta-rapido e sedativi per tenerlo stordito, mentre il ba eseguiva il suo compito di prelevare le cellule dei feti. Miles sperò che fosse così.

Nel frattempo Roic era arrivato con il baccello sgonfio che Miles distese sul pavimento accanto a quello di Bel. Se il residuo del corpo di Solian fosse stato lì dentro, il trasferimento d’aria non lo avrebbe certamente contaminato. Miles, mentre trafficava, si chiese, se non fosse arrivato in tempo, se i resti di Bel sarebbero sfuggiti tanto a lungo alla ricerca quanto quelli di Solian. Era quello il piano del ba? Assassinio e occultamento del cadavere in una sola mossasi inginocchiò accanto al baccello di Bel e aprì il pannello di controllo della pressurizzazione. Roic gli porse il tubo di tensoplastica e il nastro sigillante. Quando finì il collegamento, Miles aprì le valvole e subito la pompa dell’aria vibrò dolcemente. La sagoma rotonda del baccello di Bel si afflosciò e ammorbidì; l’altro baccello si espanse un poco, rimanendo comunque floscio e raggrinzito. Allora Miles chiuse le valvole, tagliò il collegamento e sigillò quello di Bel. Subito Roic lo sollevò e lo sistemò sulla barella.

Miles avrebbe voluto poter correre per arrivare il più presto possibile al bagno dell’infermeria. Comunque arrivarono. Prima di entrare fece cenno a Roic di avvicinarsi e gli disse: — Tu arrivi fin qui. Non appena chiuderò la porta, accendi le barriere molecolari. Poi stai fuori ad aspettare i medici della Prince Xav.

— Milord, è sicuro di non voler fare il contrario?

— Sono sicuro.

Roic si fermò con riluttanza. Miles attese fino a che non vide, attraverso la porta, le linee di luce azzurra che indicavano l’attivazione delle barriere, quindi si chinò, aprì il baccello e tirò fuori il corpo teso e tremante che riuscì a far scivolare nella vasca di ghiaccio e acqua. Bel sussultò per lo shock, tanto che Miles si augurò che il suo intervento non gli provocasse un infarto fatale. Ma subito dopo Bel si mosse per mettersi in posizione fetale: una reazione incoraggiante.

Le mani di Miles che tenevano pressato Bel sott’acqua erano diventate quasi insensibili per il freddo, ma la temperatura dell’erm non sembrava risentire di quel trattamento innaturale. Almeno la febbre non era aumentata. Però il ghiaccio si stava velocemente sciogliendo.

Erano passati diversi anni dall’ultima volta che Miles aveva visto Bel nudo, sotto una doccia o mentre entrava o usciva da una corazza negli spogliatoi di una nave da guerra. Forse più di cinquanta; non era ancora la vecchiaia, per un betano, ma era chiaro che la gravità stava guadagnando terreno. Al tempo in cui militavano nei dendarii, Bel era un uomo molto bello e interessante, con i suoi atteggiamenti ironici, il suo vivere e muoversi a suo agio in un corpo atletico, sano e snello.

Ora invece la sua pelle era segnata da pallide chiazze rosse; il corpo, mentre si agitava nel bagno ghiacciato sotto le mani ansiose di Miles, aveva una strana consistenza, a volte gonfia e tesa, a volte molle. Miles lo chiamò, tentò con la sua migliore voce da L’ammiraglio Naismith comanda, gli raccontò una barzelletta sconcia, sempre senza penetrare il suo stato di torpore.

È una pessima idea piangere in una tuta anticontaminazione, quasi altrettanto brutta che vomitare in una tuta a pressione. Non ci si possono asciugare gli occhi, o pulire il naso. E quando qualcuno ti tocca sulla spalla senza che tu te lo aspetti, fai un salto come se ti avessero sparato, e poi ti accorgi che ti stanno guardando in modo strano attraverso i caschi da tuta anticontaminazione.

— Lord Ispettore Vorkosigan, va tutto bene? — chiese il medico della Prince Xav.

Miles deglutì, mentre riprendeva il controllo. — Io sto bene, grazie. È lui che sta molto male. L’hanno informata della situazione?

— Mi hanno detto che potrei avere a che fare con un’arma biologica cetagandana in fase calda, che ha già ucciso tre persone lasciando un solo sopravvissuto. La parte sul sopravvissuto mi ha fatto dubitare fortemente della prima asserzione.