– Taura, sai dove siamo? – sussurrò in tono intenso.

– No, mi dispiace – mormorò lei di rimando, strisciando verso di lui.

– Era una domanda retorica: io so dove ci troviamo.

– Dove?

– Nella stanza del tesoro di Ryoval.

– Cosa?

– Quella – spiegò Miles, accennando con un pollice in direzione delle tre celle frigorifere, – è la collezione di tessuti che il barone ha raccolto nell'arco di cento anni. Mio Dio, il suo valore è quasi incalcolabile: Ryoval si è procurato ciascuno di quei campioni… tutti unici, impossibili da rimpiazzare, prelevati a mutanti o comunque a esseri bizzarri… implorando, comprando, prendendo a prestito o rubando nell'arco degli ultimi tre quarti di secolo. È tutto là, disposto in tante file ordinate, in attesa di essere scongelato, manipolato e inserito nell'organismo di qualche nuovo schiavo. Questo è il cuore di tutta la sua attività di manipolazione biologica degli esseri umani.

Mentre parlava, Miles balzò nuovamente in piedi e si mise a studiare i pannelli di controllo, ridendo silenziosamente con il respiro affannoso e il cuore che gli batteva a precipizio come se stesse per svenire.

– Dannazione. Oh, Dio – mormorò infine, soffermandosi a riflettere. Poteva essere fatto?

Quelle celle frigorifere dovevano avere un sistema di allarme ed erano quanto meno controllate da monitor collegati alla Sala Operativa della sicurezza. Ben presto individuò un grosso congegno che serviva per l'apertura delle porte, ma dal momento che non voleva aprirle evitò di toccarlo; ciò che stava cercando era il pannello di controllo dei sistemi di sicurezza, perché se fosse riuscito a manipolare anche soltanto un sensore… il complesso di celle era strutturato per trasmettere immagini a monitor dislocati in posizioni diverse oppure era congiunto mediante cavo ottico ad un monitor soltanto?

Trovò una piccola luce portatile sui tavoli del laboratorio, che scoprì essere dotati di cassetti e cassetti pieni di attrezzi e di materiale; sotto lo sguardo sconcertato di Taura, prese allora a saettare di qua e di là, effettuando un rapido inventario di ciò che aveva a sua disposizione.

Il monitor delle celle frigorifere era strutturato in modo da trasmettere a più postazioni ed era inaccessibile… ma la domanda era se avrebbe potuto trovare un accesso attraverso il sistema di immissione dei dati. Lavorando più silenziosamente che poteva rimosse una copertura di plastica color fumo e subito il cavo ottico scaturì dall'apertura trasmettendo un continuo flusso di informazioni in merito alle condizioni ambientali all'interno delle celle frigorifere. Il cavo si adattava perfettamente alla semplice presa ricevente inserita nella minacciosa scatola nera che controllava l'allarme della porta… ma nel laboratorio c'era un intero cassetto pieno di cavi ottici assortiti con svariate terminazioni e adattatori a Y. Da quel groviglio di cavi Miles estrasse quello che gli serviva, scartandone parecchi che avevano un'estremità guasta o altri danni. Nel cassetto c'erano tre registratori di dati ottici: due non funzionavano, ma il terzo sì.

Lavorando in fretta, Miles stese un cavo ottico, effettuò uno scambio di prese ed ottenne di mettere in comunicazione una delle celle frigorifere con due scatole di controllo, congiungendo al tempo stesso il cavo liberato con il registratore di dati. Nel corso dell'operazione dovette rassegnarsi a correre il rischio del verificarsi di un segnale luminoso durante lo spostamento, ma del resto se avessero effettuato dei controlli avrebbero riscontrato che tutto era tornato normale. Diede quindi al registratore di dati parecchi minuti per sviluppare un loop ripetitivo continuo, restando per tutto il tempo accoccolato immobile con la lampada spenta, mentre Taura aspettava con la pazienza di un predatore, senza fare rumore.

Finalmente, Miles mise il registratore di dati in comunicazione con tutte e tre le scatole di controllo, con le prese effettive che pendevano staccate. Avrebbe funzionato? I secondi trascorsero senza che suonassero allarmi o si sentisse il tonante sopraggiungere delle furenti guardie di sorveglianza…

– Taura, vieni qui – chiamò Miles.

Lei gli si avvicinò con espressione sconcertata.

– Hai mai incontrato il Barone Ryoval? – le chiese allora Miles.

– Sì, una volta… quando è venuto a comprarmi.

– Lo hai trovato simpatico?

Per tutta risposta Taura lo fissò come se pensasse che fosse impazzito.

– Già, non posso dire che piaccia molto neppure a me – commentò allora Miles. In effetti si era trattenuto a stento dall'ucciderlo, e adesso era grato di quello sforzo di autocontrollo. – Se potessi, ti piacerebbe strappargli i polmoni?

– Mettimi alla prova – ringhiò Taura, serrando i pugni.

– Bene! – approvò Miles, con un allegro sorriso. – Adesso ti impartirò la tua prima lezione di tattica. Vedi quel comando? – domandò, indicando lo strumento in questione. – La temperatura in queste celle frigorifere può essere elevata fino a duecento gradi centigradi per la sterilizzazione a caldo quando vengono pulite. Ora dammi un dito, uno solo, con delicatezza… più delicatezza di così – ordinò, guidandole la mano. – Applica la minima pressione possibile che puoi esercitare sul cursore e tuttavia continua a muoverlo… adesso il prossimo – aggiunse, spingendola verso il pannello successivo, – e l'ultimo.

A quel punto trasse un profondo respiro, incapace di credere a quello che erano riusciti a fare.

– La lezione – concluse, in un sussurro, – è che la cosa importante non è quanta forza applichi, ma dove la applichi.

Soffocò quindi l'impulso di scrivere qualcosa come La Vendetta del Nano con un pennarello indelebile sul davanti delle celle frigorifere, perché quanto più tempo il barone furente avrebbe impiegato a stabilire chi inseguire e tanto meglio sarebbe stato per lui. Di certo ci sarebbero volute parecchie ore per portare quella massa dalla temperatura dell'azoto liquido a quella di una bistecca ben cotta, ma se nessuno fosse entrato nel laboratorio prima dell'inizio del turno di giorno la distruzione sarebbe stata assoluta.

Si decise allora a lanciare un'occhiata all'orologio a muro, rendendosi infine conto di aver trascorso molto tempo in quello scantinato… tempo speso bene, e tuttavia…

– Ora – disse a Taura, che stava ancora fissando i pannelli e la propria mano con un'espressione riflessiva negli occhi dorati, – dobbiamo fuggire di qui. Adesso dobbiamo davvero andare via. – Se non vuoi che la tua prossima lezione di tattica verta su come evitare di far saltare in aria il ponte su cui ci si trova, aggiunse nervosamente fra sé.

Dopo aver esaminato con maggiore attenzione il meccanismo di bloccaggio della porta e ciò che si trovava al di là di essa… fra le altre cose, i monitor a parete erano ad attivazione sonora ed erano anche dotati di laser automatici… Miles quasi tornò a ripristinare la temperatura delle celle frigorifere. I suoi attrezzi elettronici di fabbricazione dendarii ora rinchiusi nella Sala Operativa della sicurezza avrebbero forse potuto disattivare i complessi circuiti della scatola di controllo da lui aperta, ma non poteva accedere a quegli attrezzi senza di essi… un simpatico paradosso. Naturalmente non era sorpreso che Ryoval avesse utilizzato i più sofisticati sistemi di allarme per l'unica porta di quel laboratorio, ma questo rendeva la stanza in cui erano una trappola ancora più mortale dello scantinato.

Munito della lampada portatile, effettuò un'ulteriore perquisizione del laboratorio controllando di nuovo il contenuto dei cassetti. Non trovò nessun modo di accedere ai computer, ma scoprì una grossa cesoia in un cassetto pieno di bulloni e di morse, e quell'attrezzo gli fece venire in mente la griglia della conduttura che in precedenza lo aveva sconfitto: a quanto pareva, il tragitto fino a quel laboratorio era stato soltanto un'illusione di progresso verso la fuga.