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Lui si voltò a guardarla. Era calmissima, pienamente padrona di sé.

— Erano miei, vero? Non di Demain o di Blair o del tuo Marty? — sbottò lui con acredine. — O erano di qualche altro? Sai almeno chi erano i padri?

Anche questi insulti la lasciarono indifferente. — Erano tuoi, Douglas. Solo tuoi. Ma la decisione se tenerli o no spettava a me.

Annuendo lui si alzò a fatica, pieno di amarezza, barcollando come se fosse ubriaco.

— D'accordo — disse. — Tu hai preso le tue decisioni. Adesso io prendo la mia. Guiderò una spedizione sulla Terra, non appena sarà pronta. Tu puoi restartene qui a ingrossare fino a esplodere, per quel che me ne importa. Non credo che questo bambino sia mio figlio. Non crederò mai più a una sola parola di quello che dici. Mai più!

Uscì furibondo dalla stanza, e Lisa rimase immobile ad ascoltarlo mentre rovistava per qualche minuto nelle altre stanze, poi sentì la porta che dava sul corridoio aprirsi e quindi sbattere.

Tornerà, pensò. Adesso è arrabbiato ma poi gli passerà. Tornerà vergognandosi di quello che ha detto e io gli chiederò di perdonarmi. Resterà qui finché non sarà nato il bambino. Tornerà. Presto. Non starà via a lungo.

Invece Douglas non tornò mai da lei.

Ci vollero tre mesi per organizzare la spedizione così come la voleva Douglas. Tre mesi di frenetici preparativi di meticoloso lavoro di controllo di tutti i minimi particolari, di incessante addestramento degli uomini che aveva scelto di portare con sé.

Lisa seguì il decollo del razzo da trasporto sullo schermo della sua camera, e quando i razzi si accesero e la navicella si staccò dalla superficie della Luna, provò un'improvvisa fitta lancinante all'addome.

Il bambino stava per nascere, con cinque settimane di anticipo.

6

Alec stava alla finestra della cupola-osservatorio e osservava la grigia distesa accidentata che si stendeva fino all'orizzonte, dominata dai picchi del cratere Alphonsus. Nel cielo nero spiccava una falce di Terra illuminata dal sole, che gettava ombre nitide sulla scabra superficie del cratere.

Alec pensava alla discussione in corso al consiglio. Sapeva che la scelta era limitata a lui stesso e a Kobol. Kobol aveva il vantaggio dell'età, dell'esperienza e nessun appoggio personale. In qualità di membro del consiglio era presente al dibattito. Non c'era pericolo che si comportasse slealmente. Gli unici vantaggi di cui godeva Alec erano sua madre, e l'impellente ambizione che lo rodeva.

Lasciò la cupola e si diresse verso la piazza centrale dove si apriva la sala del consiglio. Lungo le pareti di roccia del corridoio correvano i tubi dell'acqua, dell'energia elettrica e del riscaldamento: le tre cose di capitale importanza per la vita della comunità. Lampade tubolari brillavano sul soffitto, non tanto a beneficio di chi percorresse il corridoio, quanto per dare luce all'erba che ne tappezzava il pavimento.

Mentre camminava coi piedi calzati da pantofole sull'erba stinta che forniva ossigeno, Alec si chiedeva cosa si provava a vivere sulla Terra, a stare all'aperto senza tuta. Era un'esperienza traumatizzante? Si raccontava di gente che era impazzita trovandosi all'aperto senza protezione. E la gravità…

Scrollò la testa per scacciare questi fastidiosi pensieri e proseguì con passo sicuro verso la sala del Consiglio.

La piazza centrale era affollata. Alec l'aveva previsto, ma lo infastidiva ancora vedere tanta gente riunita in un posto solo, a girellare oziosamente. L'enorme caverna a cupola risuonava dell'eco di cento conversazioni.

Le porte scolpite della sala del Consiglio erano ancora chiuse. Nessuno aveva il permesso di entrare quando era in corso una seduta. Le porte erano state disegnate e create da uno dei membri originali del Consiglio che aveva lasciato il lavoro per limiti di età. Poco dopo era morto e aveva lasciato scritto che i suoi resti venissero riciclati negli impianti di produzione-viveri.

Alec si fece strada in mezzo alla calca, badando di non toccare né di essere toccato dagli estranei. Era troppo nervoso per aspettare nel suo alloggio la decisione del Consiglio. Ma la folla lo innervosiva ancora di più, e notava che tutti reagivano nello stesso modo: più gente si riversava nella piazza, più aumentava l'agitazione. Il rumore continuava a crescere.

— Hai l'aria di uno che ha bisogno di riposare.

Alec sobbalzò e, voltandosi, vide Bill Lawrence, uno dei giovani, brillanti ingegneri della comunità, suo amico fin dall'infanzia. Con i folti capelli a spazzola, e la barba spuntata con estrema cura, Lawrence affrontava la vita con rigido formalismo che però si scioglieva in cordialità quando era con gli amici.

— Ho l'aria così tesa? — gli chiese Alec sforzandosi di sorridere.

— Non sei il solo — rispose Lawrence. — Perché credi che tutti si siano radunati qui?

Lo prese per un braccio — privilegio concesso solo agli amici — e lo pilotò attraverso la ressa verso le panchine di pietra disposte intorno agli alberi nani in fondo alla piazza, dove si trovavano già altri amici di Alec intenti a bere da bicchieri di plastica.

Alec sedette in mezzo a loro, rammaricandosi che Lawrence fosse stato escluso dalla spedizione sulla Terra a causa della fragilità delle sue ossa.

Porgendogli un bicchiere, Lawrence spiegò: — Deitz ha fabbricato questo beverone in laboratorio, fra un esperimento sul veleno per i topi e uno sul carburante per i razzi. È illegale, ma rende venticinque unità al litro.

Alec ne assaggiò un sorso con circospezione. Il liquido gli bruciò la lingua e mancò poco che lo soffocasse. — Ugh… — esclamò — chi è disposto a comprare un litro di questa roba?

— Nessuno.

Risero tutti.

Zeke, un paffuto giovanotto coi capelli biondi soprannominato "Calabrone" perché pareva che fosse sempre indaffarato, disse: — Denunceremo Deitz al Consiglio… appena avremo finito di bere la prova.

— Prima di allora sarai già morto da un pezzo — obiettò Alec, posando il bicchiere sulla panchina.

— Fa un certo effetto vedere tutti qui — osservò Joanna, una ragazza bruna, alta e magra, con voce di gola.

Alec annuì: — Non lavora nessuno, oggi?

Lawrence si guardò intorno. — Solo gli addetti ai servizi essenziali. Gli altri sono venuti tutti qui.

— Non capisco. — Alec trovava la cosa sconcertante.

— I sostenitori di Kobol hanno fatto una sfilata prima che tu arrivassi — disse Zeke. — Tutti i minatori e i tecnici… hanno detto che si è trattato di una manifestazione spontanea.

— Una manifestazione! Senza permesso?

Lawrence annuì.

— Prima hanno abbandonato il posto di lavoro, poi hanno sfilato senza il permesso del Consiglio — disse Alec con voce che suonava turbata alle sue stesse orecchie.

— Kobol vuole essere il capo della spedizione — disse Joanna.

— Non si tratta solo della spedizione — lo corresse Lawrence — ma del controllo del Consiglio. Se Kobol riesce nel suo intento, guiderà la spedizione e al ritorno sarà a capo del Consiglio. Tua madre sta lottando per conservare la Presidenza.

— Kobol non può batterla — dichiarò seccamente Alec.

— Se tornerà dalla Terra con i minerali fissili esigerà che si venga a una votazione, e Lisa sarà costretta a cedergli il posto — disse Lawrence.

— Per questo è importante che sia nominato tu a capo della spedizione — aggiunse Zeke. — Per mio conto non voglio a nessun costo che comandino i minatori e i tecnici. Finirebbe con un aumento eccessivo della popolazione e nel giro di pochi anni saremmo a terra. Pare che i seguaci di Kobol non riescano a capire che è più facile e veloce far crescere la popolazione che scavare nuove aree coltivabili.

— Kobol non guiderà la missione e non sarà a capo del Consiglio — dichiarò con fermezza Alec.

— Chi lo dice? — gli gridò una voce estranea.