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Lasciò quindi cadere una capsula termometrica nella bocca di Gilchrist, tolse un monitor portatile dalla sua protezione di carta e glielo applicò al polso mentre l'infermiera procedeva a consegnare i moduli anche al paramedico dell'ambulanza e a Latimer. Intanto Dunworthy si sedette e cominciò a compilare i propri fogli.

Il modulo dell'Infermeria richiedeva il suo nome, il numero del Servizio Sanitario Nazionale e una completa anamnesi medica, che senza dubbio avrebbe potuto essere ricavata grazie al suo numero dell'SSN con maggiore dovizia di dettagli di quanti lui potesse ricordarne… malattie, operazioni, inoculazioni. Se Mary non aveva il numero dell'SSN di Badri questo significava che lui era ancora privo di sensi.

Non avendo idea della data in cui erano stati effettuati i suoi ultimi antivirali di inizio trimestre, Dunworthy pose un punto interrogativo accanto a quella richiesta e passò a compilare il foglio dei contatti «primari», scrivendo il proprio nome in cima alla colonna, seguito da quelli di Latimer, di Gilchrist e dei due paramedici di cui però ignorava il nome. La donna si era nuovamente addormentata con i fogli stretti in una mano e le braccia conserte sul petto. Si chiese quindi se doveva elencare i medici e le infermiere che si erano presi cura di Badri dal momento del suo ricovero e finì per scrivere «personale del Pronto Soccorso», apponendo un altro punto interrogativo. Poi c'era Montoya.

E Kivrin, che secondo Mary era pienamente protetta dal contagio. «Qualcosa non va» aveva detto Badri. Era stata sua intenzione riferirsi all'infezione? Si era forse reso conto di essere malato mentre stava lavorando alla verifica dei dati ed era corso al pub per informarli che Kivrin era stata esposta la contagio?

Il pub. Nel locale non c'era stato nessuno tranne il barista. E Finch, che però se ne era andato prima che arrivasse Badri. Dunworthy prese l'altro foglio e segnò il nome di Finch sotto la scritta «Secondari», poi tornò al primo foglio e vi scrisse «barista dell'Agnello e la Croce». Il pub era stato vuoto, ma non così le strade. Con l'occhio della mente Dunworthy rivide Badri che si faceva largo fra la calca natalizia, andava a sbattere contro la donna dall'ombrello decorato da fiori lavanda, oltrepassava a gomitate il vecchio e il bambino con il terrier bianco.

— Chiunque sia stato in contatto con lui — aveva detto Mary.

Dunworthy lanciò un'occhiata in direzione della dottoressa, che stava controllando le pulsazioni di Gilchrist mentre al tempo stesso annotava con cura dei dati su una cartella clinica. Aveva forse intenzione di prelevare campioni di sangue e di misurare la temperatura a tutti coloro che figuravano sulle liste? Era una cosa impossibile, perché Badri aveva toccato o urtato o sfiorato con il respiro decine di persone nella sua corsa alla volta di Brasenose… persone che né Dunworthy né lo stesso Badri sarebbero stati in grado di riconoscere. Senza dubbio, il tecnico era entrato in contatto con un numero altrettanto elevato di persone nel dirigersi al pub, e con quante altre era poi venuta ad avere contatti ciascuna di esse all'interno dei negozi affollati?

Scrisse «elevato numero di pedoni sull'High Street (?)», poi tirò una linea e cercò di ricordare le altre occasioni in cui aveva visto Badri. Gli aveva chiesto di gestire la rete soltanto due giorni prima, quando aveva saputo da Kivrin che Gilchrist intendeva servirsi di un apprendista del primo anno.

Quando Dunworthy gli aveva telefonato Badri era appena rientrato da Londra. Kivrin aveva trascorso tutta quella giornata in ospedale per gli ultimi esami e questo era stato un bene perché le aveva impedito di avere contatti con Badri, che fino al giorno precedente si era trovato a Londra.

Martedì Badri era venuto a cercare Dunworthy per riferirgli che aveva controllato le coordinate dello studente del primo anno e che aveva effettuato un controllo completo del sistema, ma non lo aveva trovato e gli aveva lasciato un messaggio. Martedì anche Kivrin era venuta a Balliol per mostrare a Dunworthy il suo costume, ma questo era accaduto di mattina, e nel suo messaggio Badri aveva scritto di aver trascorso tutta la mattinata lavorando alla rete. Kivrin aveva detto che quel pomeriggio si doveva incontrare con Latimer alla Biblioteca Bodleiana, ma era possibile che dopo fosse tornata alla rete o che ci fosse andata prima di venire a mostrargli il proprio costume.

La porta si aprì e l'infermiera fece entrare Montoya; i suoi jeans e il giubbotto paramilitare erano umidi, segno che stava ancora piovendo.

— Cosa succede? — chiese l'archeologa a Mary, che era intenta ad applicare un'etichetta alla fiala contenente il sangue di Gilchrist.

— A quanto pare — rispose Gilchrist, premendosi un tampone di cotone contro l'interno del braccio e alzandosi in piedi, — il Signor Dunworthy ha mancato di far controllare adeguatamente il suo tecnico per verificare che fosse vaccinato prima che gestisse la rete, e adesso lui è in ospedale con la temperatura di 39,5. Sembra che si tratti di qualche tipo di febbre esotica.

— Febbre? — ripeté Montoya, all'apparenza sconcertata. — 39,5 non è una temperatura piuttosto bassa?

— Corrisponde a 103 gradi Fahrenheit — spiegò Mary, riponendo la fiala nella sua custodia. — È possibile che l'infezione contratta da Badri sia contagiosa, quindi ho bisogno di effettuare alcuni esami del sangue e voi dovrete elencare inoltre tutti i contatti avuti da voi e dallo stesso Badri.

— D'accordo — annuì Montoya, sedendosi nella sedia lasciata libera da Gilchrist e liberandosi della giacca. Mary le disinfettò l'interno del braccio e inserì un nuovo ago usa e getta ad un'altra fiala nella siringa. — Vediamo di fare in fretta — avvertì l'archeologa, — perché devo tornare ai miei scavi.

— Non può farlo — intervenne Gilchrist. — Non ha sentito? Grazie alla negligenza del Signor Dunworthy siamo sotto quarantena.

— Quarantena? — ripeté Montoya, sussultando con tale violenza che l'ago le mancò completamente il braccio. L'idea di poter contrarre una malattia non l'aveva minimamente impressionata, ma l'accenno alla quarantena l'aveva sconvolta. — Io devo tornare agli scavi — ripeté, scoccando a Mary un'occhiata implorante. — Volete dire che devo rimanere qui?

— Soltanto finché non avremo ottenuto i risultati delle analisi del sangue — spiegò Mary.

— E quanto ci vorrà? — insistette Montoya, cercando di dare un'occhiata al braccio con il cronometro su cui Mary stava lavorando. — Il tizio che mi ha portata qui non mi ha neppure lasciato il tempo di coprire il sito e di spegnere i riscaldatori, e là fuori sta piovendo in maniera pazzesca. Ho degli scavi che si riempiranno d'acqua se non mi sarà permesso di tornare là.

— Ci vorrà il tempo necessario a prelevare campioni di sangue a tutti voi e ad effettuare un conto degli anticorpi su di essi — spiegò Mary.

Montoya dovette recepire il messaggio implicito perché raddrizzò subito il braccio e lo tenne immobile. Mary riempì una fiala con il suo sangue, le misurò la temperatura e le applicò un bracciale di monitoraggio mentre Dunworthy l'osservava chiedendosi se avesse detto la verità. In realtà Mary non aveva affermato che Montoya se ne sarebbe potuta andare dopo che si fossero avuti i risultati degli esami, aveva detto soltanto che doveva restare lì fino a quel momento. E poi che sarebbe successo? Li avrebbero scortati in una corsia d'isolamento, insieme o separatamente? O avrebbero dato loro medicinali di qualche tipo? Oppure avrebbero effettuato altri esami?

Mary tolse il bracciale a Montoya e le porse l'ultimo fascio di fogli.

— Signor Latimer, ora tocca a lei — chiamò.

Latimer si alzò in piedi con le carte da compilare strette in una mano; dopo aver lanciato loro un'occhiata confusa le posò sulla sedia su cui era stato seduto e si avviò verso Mary, ma a metà strada si girò e tornò a prendere la borsa della dottoressa.