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E anch'io non ho tempo, pensò, passando ai candelabri. Aveva creduto di averne più che a sufficienza, ma aveva trascorso l'intera nottata dando la caccia a Gawyn e non era neppure riuscita ad avvicinarlo. L'indomani lui avrebbe potuto decidere di andare a caccia o a Salvare Belle Fanciulle, oppure l'inviato del vescovo e i suoi compari avrebbero potuto esaurire le scorte locali di vino e ripartire alla ricerca di una nuova fonte di libagioni, trascinandola con loro.

— Non c'è luogo dove i servitori di Dio non possano andare — aveva detto Roche.

Tranne che al sito, pensò lei. Tranne che a casa.

Si mise a sfregare con violenza un'incrostazione di cera sul bordo del candelabro e un frammento volò via, andando a colpire la candela che Roche stava ripulendo.

— Mi dispiace — si scusò Kivrin. — Lady Imeyne… — E s'interruppe.

Era inutile dirgli che stavano per mandarla via, perché se avesse cercato di intercedere presso Lady Imeyne il prete avrebbe soltanto peggiorato le cose e lei non voleva che lo spedissero a Osney per aver cercato di aiutarla.

Padre Roche stava però aspettando che lei finisse la frase.

— Lady Imeyne mi ha pregato di dirti che sarà l'inviato del vescovo a celebrare la messa di Natale — disse.

— Sarà una benedizione sentire tanta santità nel giorno del compleanno di Cristo Gesù — replicò lui, posando il calice lucidato.

Il compleanno di Cristo Gesù. Kivrin cercò di immaginare la chiesa di St. Mary come doveva apparire quella mattina, con la musica, il calore, le candele laser che scintillavano nei candelabri di acciaio inossidabile… ma tutto pareva come qualcosa che lei avesse immaginato, sfocato e irreale.

Sistemò ai due lati dell'altare i candelabri che adesso scintillavano alla luce che filtrava dalle finestre, poi dispose su di essi tre delle candele di Imeyne e spostò appena quelli di sinistra in modo che fossero messi nello stesso modo.

Non c'era nulla che si potesse fare per la tonaca di Roche, che Imeyne sapeva benissimo essere l'unica che lui possedesse. Roche si era sporcato una manica con la sabbia umida e lei la ripulì con una mano.

— Ora devo andare a svegliare Agnes e Rosemund per la messa — affermò infine, spazzolandogli il davanti della tonaca… e poi continuò, senza volere: — Lady Imeyne ha chiesto all'inviato del vescovo di condurmi con sé e di lasciarmi al convento di Godstow.

— Dio ti ha mandata qui per aiutarci e non permetterà che tu venga portata via — replicò Roche.

Vorrei poterti credere, pensò, mentre riattraversava la piazza. Ancora non si scorgevano segni di vita, anche se il fumo cominciava ad emergere da un paio di tetti e la mucca era stata mandata all'aperto. Adesso stava brucando l'erba intorno al falò, là dove la neve si era sciolta. Per un momento Kivrin pensò che se tutti si erano addormentati avrebbe potuto svegliare Gawyn e chiedergli dove fosse il sito, ma in quel momento vide Rosemund e Agnes venire verso di lei, entrambe con un aspetto decisamente malconcio. L'abito verde di Rosemund era coperto di steli di paglia e di polvere di fieno, mentre Agnes aveva i capelli pieni di paglia. Non appena vide Kivrin la bambina si liberò dalla mano della sorella e le corse incontro.

— Dovresti essere a dormire — osservò Kivrin, pulendole la gonna rossa dalla paglia.

— Sono venuti alcuni uomini, e ci hanno svegliate — spiegò Agnes.

— È arrivato tuo padre? — domandò Kivrin, scoccando un'occhiata a Rosemund.

— No — rispose lei. — Non so chi fossero, ma credo che dovessero essere i servi dell'inviato del vescovo.

E infatti lo erano. Si trattava di quattro monaci di un ordine diverso da quello del Cistercense, che avevano con loro due muli carichi e avevano evidentemente raggiunto soltanto adesso il loro padrone. Kivrin e le bambine rimasero a guardare mentre i quattro scaricavano due grosse casse, parecchie sacche e un'enorme botte di vino.

— Devono aver intenzione di fermarsi a lungo — osservò Agnes.

— Già — convenne Kivrin. Dio ti ha mandata qui e non permetterà che tu venga portata via. — Venite — aggiunse allegramente, — vi devo pettinare.

Portò dentro Agnes e provvide a ripulirla. Il breve sonnellino non aveva migliorato l'umore della bambina, che rifiutò di stare ferma mentre lei la pettinava; di conseguenza era quasi ora della messa quando Kivrin riuscì a eliminare tutta la paglia e i nodi, e Agnes continuò a lamentarsi per l'intera strada fino alla chiesa.

A quanto pareva nel bagaglio c'erano stati anche abiti talari oltre al vino e al resto. Adesso l'inviato del vescovo indossava una casula di velluto nero sopra gli abiti sfarzosi e il monaco era splendente, avvolto in metri di sciamito con ricami dorati. Il segretario non si vedeva da nessuna parte e neppure Padre Roche, che era stato probabilmente allontanato a causa della tonaca sporca. Kivrin guardò in direzione del fondo della chiesa, nella speranza che al prete fosse stato almeno permesso di assistere a «tutta quella santità», ma non riuscì a scorgerlo fra la gente del villaggio.

Molti degli abitanti avevano a loro volta un aspetto stanco e parecchi stavano manifestamente soffrendo di sintomi di postumi di sbornia… come anche l'inviato del vescovo. Questi recitò le parole della messa con voce spenta e con un accento che Kivrin riusciva a stento a comprendere perché non aveva nessuna somiglianza con il latino di Padre Roche e neppure con quello che il Signor Latimer e il prete della Santa Chiesa Riformata le avevano insegnato. Le vocali erano tutte sbagliate e la «c» di excelsis era quasi una «z». Ripensò a Latimer che l'aveva fatta esercitare a lungo sulle vocali e al prete della Santa Chiesa Riformata che era convinto che nel «vero latino» la «c» dovesse essere un suono duro.

E nel vero latino lo era, pensò.

— Non ti lascerò — le aveva detto Padre Roche. — Non avere paura.

E lei lo aveva compreso.

Con il progredire della messa l'inviato cantilenò le parole sempre più in fretta come se fosse ansioso di farla finita, ma Lady Imeyne non parve accorgersene e continuò ad apparire serena e compiaciuta, annuendo con approvazione al sermone che pareva vertere sul bisogno di accantonare le cose mondane.

Mentre stavano uscendo, però, Imeyne si fermò sulla porta della chiesa e guardò con disapprovazione in direzione della torre campanaria, arricciando le labbra.

Che succede, adesso? si domandò Kivrin. C'è un granello di polvere sulla campana?

— Hai visto che aspetto aveva la chiesa, Lady Yvolde? — domandò poi in tono rabbioso Imeyne alla sorella di Sir Bloet. — Non ha messo candele alle finestre del coro ma soltanto lampade come quelle usate dai contadini. Devo restare indietro per parlargli di questo — decise, fermandosi. — Ha coperto di vergogna la nostra famiglia davanti al vescovo.

E si diresse a passo di marcia verso la torre campanaria, con il volto atteggiato ad un'espressione di giusta ira. Alle sue spalle, Kivrin pensò con rabbia che se il prete avesse messo le candele alle finestre non si sarebbe trattato del tipo giusto di candele o sarebbero state nel posto sbagliato. O magari sarebbe stato sbagliato il modo in cui lui le spegneva. Desiderò avere il modo di avvertirlo, ma ormai Imeyne era a metà strada dalla torre campanaria e Agnes la stava tirando insistentemente per una manica.

— Sono stanca — piagnucolò la bambina. — Voglio andare a letto.

Kivrin la portò nel granaio zigzagando fra la gente del villaggio che stava per cominciare un secondo giro di baldoria. Altra legna era stata accumulata sul fuoco e parecchie giovani donne si erano prese per mano e si erano messe a danzare intorno ad esso. Agnes si sdraiò docilmente nel solaio, ma prima ancora che Kivrin fosse tornata in casa la bambina stava già correndo verso di lei attraverso il cortile.

— Agnes — cominciò Kivrin in tono severo, con le mani sui fianchi. — Cosa ci fai in piedi? Hai detto che eri stanca.