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Blondie non firmò quel pomeriggio, ma non sembrava delusa. Mi disse: — Al momento non ci sono guerre, tutto qui. Però la pace non dura mai più di un mese o due. Poi ricominceranno ad arruolare e nei loro archivi ci sarà il mio nome. Nel frattempo mi iscriverò all’ufficio di collocamento e accetterò lavori sostitutivi. C’è una cosa da dire del mio mestiere, Friday: un’infermiera non muore mai di fame. La scarsezza attuale di infermiere dura da più di un secolo e non finirà presto.

Il secondo reclutatore da cui andò (rappresentava i Rettificatori di Royer, la Colonna di Cesare e i Mietitori Incazzati, tutte compagnie di prima scelta, con una reputazione a livello mondiale) si rivolse a me dopo che Blondie ebbe fatto il suo discorsetto. — E tu? Sei infermiera anche tu?

— No — dissi. — Sono un corriere da combattimento.

— Non ce n’è molta richiesta. Oggi quasi tutte le compagnie usano la posta espressa, se il terminale non serve.

Mi sentii punta sul vivo. Boss mi aveva messa in guardia su quella possibilità. — Sono un corriere d’élite — ribattei. — Vado dappertutto… E quello che porto arriva anche quando la posta non funziona. Come per esempio nella recente emergenza.

— È vero — disse Blondie. — Non sta esagerando.

— Comunque le tue capacità non sono troppo richieste. Sai fare altro?

(Non dovrei lasciarmi andare a spacconate!) — Qual è la tua arma migliore? Ti sfido a duello, per semplice gara o all’ultimo sangue. Chiama la tua vedova e cominciamo.

— Accidenti, un tipo che fa le scintille! Mi ricordi un fox terrier che ho avuto. Senti, tesoro, non posso giocare con te. Devo tenere aperto l’ufficio. Adesso dimmi la verità e metterò il tuo nome negli schedari.

— Scusa, capo. Non dovevo strombazzare. Va bene, sono un corriere d’élite. Se porto qualcosa, arriva, e le mie tariffe sono alte. O il mio stipendio, se vengo assunta come ufficiale consulente specializzato. In quanto al resto, è ovvio che devo essere il meglio del meglio, a mani nude o armata, perché quello che porto deve passare. Puoi schedarmi come ufficiale istruttore, se vuoi. Combattimento a mani nude o qualunque arma. Però combattere mi interessa solo se la paga è alta. Preferisco il lavoro di corriere.

Lui prese appunti. — Va bene. Non sperare troppo. I tizi irsuti per cui lavoro potrebbero al massimo usare corrieri da campo di battaglia…

— Sono anche quello. Tutto ciò che porto, arriva.

— O finisci ammazzata. — L’uomo sorrise. — È più probabile che usino un supercane. Senti, dolcezza, le industrie hanno più bisogno di militari che di corrieri come te. Perché non lasci il tuo nome alle multinazionali? Qui sono rappresentate tutte le maggiori. E poi hanno più soldi. Molti più soldi.

Lo ringraziai e ce ne andammo. Alle insistenze di Blondie, mi fermai al primo ufficio postale e preparai gli stampati del mio curriculum. Volevo abbassare le mie richieste salariali, perché ero certa che Boss mi avesse viziata; ma Blondie non me lo permise. — Alza il prezzo! È la tua migliore possibilità. Se qualcuno ha bisogno di te pagherà senza battere ciglio… o almeno ti chiamerà e proverà a mercanteggiare. Ma abbassare le richieste? Senti, tesoro, nessuno compera a una svendita se può permettersi di meglio.

Lasciai una copia a ogni multinazionale. Non mi aspettavo che abboccassero, ma se qualcuno voleva il miglior corriere del mondo, poteva studiare le mie referenze.

Quando gli uffici cominciarono a chiudere, tornammo all’hotel per l’appuntamento per cena, e trovammo Anna e Burt un po’ su di giri. Non sbronzi, soltanto allegri e un po’ troppo attenti a come si muovevano.

Burt si mise in posa e annunciò: — Signore! Guardatemi e ammirate! Sono un grande uomo…

— Sei ubriaco marcio.

— Anche quello, Friday, amore mio. Però davanti a te vedi, iup! l’uomo che ha sbancato Monte Carlo. Sono un genio, un puro vero genuino autentico genio finanziario. Puoi toccarmi.

Avevo intenzione di toccarlo: più tardi, di notte. Mi venne qualche dubbio. — Anna, Burt ha fatto saltare il banco?

— No, però gli ha dato un bel colpo. — Lei si interruppe per coprirsi la bocca con la mano e ruttare in santa pace. — Chiedo scusa. Abbiamo giocato qualcosa qui, poi siamo andati al Flamingo per dare una sterzata alla fortuna. Siamo arrivati in tempo per puntare sulla terza corsa a Santa Anita e Burt ha puntato un superbigliettone sul naso di una puledrina che aveva il nome di sua madre. Nessuno ci credeva, e invece ha vinto. Poi fuori della sala corse c’era una roulette e Burt ha puntato la vincita sullo zero…

— Era ubriaco — dichiarò Goldie.

— Sono un genio!

— Tutte e due le cose. Esce lo zero, e Burt punta questo gruzzolo enorme sul nero e vince, e lo lascia lì e vince, e lo sposta sul rosso e vince, e il croupier manda a chiamare il boss. Burt voleva puntare tutto, ma il boss lo ha costretto a limitarsi a cinque kilobigliettoni.

— Bifolchi. Gestapo. Delinquenti prezzolati. Non c’era un solo gentiluomo sportivo in tutto il casinò. Ho spostato la mia insigne persona da un’altra parte.

— E hai perso tutto — disse Blondie.

— Blondie, vecchia mia, questa è mancanza di rispetto.

— Poteva perdere tutto — ammise Anna — ma io ho fatto in modo che seguisse il consiglio del boss. Con sei sceriffi del casinò fra i piedi siamo andati diritti all’ufficio del casinò della Banca di Stato e abbiamo depositato. Se no non gli avrei permesso di uscire. Immaginatevi, trasportare mezzo megabigliettone dal Flamingo al Dunes in contanti. Non sarebbe riuscito ad attraversare la strada.

— Assurdo! Vegas ha meno crimini e violenza di tutte le altre città del Nord America. Anna, mio unico amore, tu sei una donna di ferro piena di idee stupide. Una schiavista. Non ti sposerò nemmeno quando cadrai in ginocchio fra la Freemont e la Main e mi implorerai. Ti ruberò le scarpe e ti picchierò e ti nutrirò di croste di pane vecchio.

— Sì, tesoro. Adesso puoi metterti le tue scarpe perché offri da mangiare a tutte e tre. Croste di caviale e tartufi.

— E champagne. Ma non perché mi stai trattando come una pezza da piedi. Signore, Friday, Blondie, miei unici amori, volete aiutarmi a celebrare il mio genio finanziario? Con libagioni e fagiani in vassoi di cristallo e splendide ballerine coi loro fantastici cappellini?

— Sì — risposi.

— Sì, prima che tu cambi idea. Anna, hai detto mezzo megabigliettone?

— Burt. Falle vedere.

Burt estrasse un libretto di deposito nuovo di zecca, ce lo lasciò guardare mentre lui si passava le unghie sullo stomaco e prendeva l’aria del furbo. 504.000 dollari canadesi. Più di mezzo milione nell’unica moneta solida del Nord America. Uh, qualcosa in più di trentun chili d’oro. No, nemmeno io avrei voluto portare per strada tutti quei soldi, in lingotti. Non senza una carriola. Sarebbero stati quasi metà della mia massa. Un libretto di deposito bancario è più comodo.

Sì, avrei bevuto lo champagne di Burt.

Lo bevemmo, nella sala-teatro dello Stardust. Burt sapeva che mancia dare al capo dei camerieri per ottenere posti in prima fila (oppure gli diede troppo, non saprei) e lappammo champagne e divorammo una deliziosa cena che aveva come piatto forte una gallina nostrana che sul conto prese il nome di «piccione» e le ballerine erano giovani e carine e allegre e sane e avevano il profumo di chi ha appena fatto il bagno. E c’erano i ballerini coi reggitesticoli imbottiti da far ammirare a noi donne, però io non restai lì a guardarli, non molto, perché quelli non avevano l’odore giusto ed ebbi l’impressione che fossero più interessati l’uno all’altro che non alle donne. Affari loro, è chiaro, ma nell’insieme preferii le ragazze.

E avevano un prestigiatore fantastico che faceva uscire dall’aria piccioni vivi, con lo stesso trucco che molti prestigiatori usano per far apparire monete. Adoro i prestigiatori e non capisco mai come fanno e li guardo sempre a bocca aperta.