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Una clausola tesa a favorire i più anziani conferisce al beneficio un effetto retroattivo di otto anni.

La misura funzionò in modo meraviglioso; i veri laureati non godevano più di vantaggi antidemocratici.

Alle elezioni seguenti, la clausola sulla retroattività venne estesa fino a coprire gli ultimi vent’anni, e c’è un forte movimento d’opinione che preme per conferire la laurea a tutti i cittadini indiscriminatamente.

Vox populi, vox Dei. Io non ci vedo niente di male. Questa simpatica misura non costa nulla e rende tutti (a parte poche teste dure) più contenti.

Alle quindici circa Georges e io procedevamo lungo il lato sud di National Plaza, di fronte al palazzo del Capo, diretti alla sede centrale della MasterCard. Georges mi stava dicendo che non vedeva nulla di sbagliato nel fatto che avessi insistito per fermarci a un Burger King per uno spuntino; che anzi, a suo giudizio, l’hamburger gigante, preparato a dovere col miglior surrogato di manzo e con un malto al cioccolato che contenesse solo una dose minima di gesso, costituiva l’unico vero contributo della California all’alta cucina internazionale.

Io convenivo con lui, fra ruttini aggraziati. Un gruppo di uomini e donne, fra i dodici e i venti individui, saliva e scendeva la scalinata di fronte al palazzo del Capo, e Georges aveva cominciato a zigzagare per schivarli, quando io notai il copricapo di piume d’aquila dell’ometto al centro del gruppo, scoprii sotto i capelli una faccia abbondantemente fotografata, e bloccai Georges con una mano.

E intravvidi qualcosa con la coda dell’occhio: una figura che emergeva da dietro una colonna in cima alle scale.

I miei riflessi scattarono. Sbattei giù sui gradini il Capo, facendo crollare anche un paio di uomini del suo staff, poi balzai alla colonna.

Non uccisi l’uomo che si nascondeva lì dietro; mi limitai a rompergli il braccio con cui reggeva la pistola, poi gli tirai un calcio piuttosto robusto quando tentò di scappare. Non avevo più la fretta del giorno prima.

Dopo aver ridotto la portata del bersaglio costituito dal Capo (credetemi, non dovrebbe portare un copricapo così appariscente), mi era restato il tempo di capire che prendere vivo l’assassino significava poter risalire, forse, alla gang che stava dietro tutti quegli omicidi insensati.

Ma non ebbi il tempo di capire che altro avevo fatto finché due poliziotti della capitale non mi afferrarono per le braccia.

A quel punto me ne resi conto, e mi sentii uno straccio: chissà lo scherno nella voce di Boss, se avessi ammesso che mi ero lasciata arrestare in pubblico.

Per una frazione di secondo, presi in considerazione l’idea di liberarmi e svanire all’orizzonte; non sarebbe stato impossibile, dato che uno dei due poliziotti soffriva chiaramente di pressione alta, e l’altro era un tipo anziano con gli occhiali.

Troppo tardi. Se fossi scappata entrando in overdrive totale, quasi certamente ce l’avrei fatta, e in un minuto o due sarei sparita tra la folla.

Ma quei mentecatti potevano arrostire mezza dozzina di passanti, nel tentativo di fermarmi. Indegno di un professionista! Perché le guardie di palazzo non avevano protetto il loro capo, anziché costringere me a farlo? Un uomo in agguato dietro una colonna, Cristo santo! Niente del genere era più successo dai tempi dell’omicidio di Huey Long.

Perché non mi ero fatta gli affari miei? Perché non avevo lasciato che il killer friggesse il Capo e il suo stupido berretto di piume? Perché sono stata addestrata alla lotta difensiva, ecco perché, e di conseguenza combatto per riflesso. Combattere non mi piace, non mi interessa; succede e basta.

Non ebbi il tempo di meditare sulla necessità di farmi gli affari miei, perché Georges si stava facendo i miei. Georges parla un inglese privo di accento, anche se un po’ incerto; adesso borbottava frasi incoerenti in francese e cercava di togliermi di dosso i due pretoriani.

Quello con gli occhiali mi lasciò andare il braccio sinistro per occuparsi di Georges, così io gli infilai il gomito appena sotto lo sterno. Lui si afflosciò e cadde a terra. L’altro continuava a tenermi il braccio destro, per cui lo colpii nello stesso punto con le prime tre dita della mano sinistra, dopo di che anche quello si afflosciò e cadde riverso sul suo collega, e vomitarono tutti e due.

Tutto questo accadde molto più in fretta di quanto ci voglia a raccontarlo: i porci mi presero, Georges intervenne, e io mi ritrovai libera. Due secondi? In ogni caso, l’assassino era svanito, e con lui la sua pistola.

Stavo per svanire anch’io con Georges, a costo di doverlo portare a braccia, quando mi resi conto che Georges aveva già deciso per me. Mi teneva per il gomito destro e mi spingeva verso l’entrata principale del palazzo, dietro la fila di colonne. Quando fummo sulla rotonda, mi lasciò andare il gomito e disse sottovoce: — Cammina piano, tesoro. Lentamente, lentamente. Dammi il braccio.

Glielo diedi. La rotonda era piuttosto affollata, ma niente voci eccitate, niente che lasciasse sospettare che a pochi metri da lì qualcuno aveva appena tentato di assassinare il primo cittadino della nazione. I chioschi disseminati lungo la rotonda facevano affari, soprattutto quelli delle scommesse clandestine. Sulla nostra sinistra, una giovane donna vendeva biglietti della lotteria; o per meglio dire, era disponibile a venderli, perché non aveva clienti e in quel momento stava guardando sul suo terminale una telenovela.

Georges girò sui tacchi, si fermò davanti al chiosco. Senza alzare gli occhi, la donna disse: — Tra un attimo c’è l’intervallo pubblicitario. Arrivo subito. Prendete quello che volete. Fate come se foste a casa vostra.

Tutt’attorno al chiosco erano appesi festoni di biglietti della lotteria. Georges cominciò a studiarli, così finsi anch’io un profondo interesse. La tirammo in lungo. Poi iniziò la pubblicità, la donna abbassò il volume e ci guardò.

— Grazie per la vostra comprensione — disse, con un bel sorriso. — Non mi perdo mai Le sventure di una giovane, specialmente adesso che Mindy Lou è di nuovo incinta e zio Ben si comporta in modo così irragionevole. Tu segui la tivù, tesoro?

Ammisi che ne avevo il tempo di rado. Problemi di lavoro.

— Male. È molto educativa. Prendi Tim, quello che vive con me. Guarda solo lo sport. Non gliene frega niente delle cose più profonde della vita. Prendi questa crisi nella vita di Mindy Lou. Zio Ben la sta perseguitando perché lei non vuole dirgli chi è stato. Credi che a Tim gliene freghi? Nossignore, a Tim no! Quello che Tim e zio Ben non capiscono è che lei non può dirlo perché è successo negli uffici di un comitato elettorale. Di che segno sei?

Dovrei prepararmi una risposta per questa domanda. Gli umani lo fanno sempre. Ma quando non sei «nata» sotto nessun segno, tendi a sfuggire cose del genere. Scelsi una data a caso e gliela lanciai. — Sono nata il ventitré aprile. — È la data di nascita di Shakespeare; mi era venuta in mente da sola.

— Oh! Ho il biglietto che fa per te! — Frugò in mezzo a una fila di festoni, trovò un biglietto, mi mostrò un numero. — Vedi qui? E tu sei venuta qui per caso e io lo avevo! Oggi è la tua giornata! — Staccò il biglietto. — Sono venti orsi.

Le offrii un dollaro del Canada Britannico. Lei rispose: — Non ho il resto.

— Tieni il resto con i miei auguri.

Lei mi passò il biglietto, prese il dollaro. — Sei un amore, tesoro. Quando avrai ritirato la vincita, fai un salto qui e brindiamo assieme. Mister, hai trovato qualcosa che ti va?

— Non ancora. Io sono nato il nono giorno del nono mese del nono anno del nono decennio. Ce la fai?

— Wow wow! Che combinazione incredibile! Posso provarci… E se non ci riesco, non ti venderò niente. — Cominciò a scavare tra i mazzi e le pile di carta, canticchiando fra sé. Poi infilò la testa sotto il banco e ci restò un po’.