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Il prof. Kraus-Kollman rimaneva seduto in macchina e pesava una novantina di chili. Fantozzi si sporcò anche le orecchie di grasso, si squarciò la giacca nuova e si portò via quasi un occhio con la chiave avvitabulloni. Partì dimenticandosi la ruota cambiata e gli attrezzi, partì ma non osò tornare indietro.

Disse a Otto in sloveno: “Vuole visitare la città?”. Il prof. Otto Kraus-Kollman fece di sì con la testa. Girarono per tre ore senza che il prof. Otto Kraus-Kollman dicesse una parola né desse un segno di approvazione o disapprovazione. Passarono vicino alla stazione di monta taurina. “Cosa è questo?” domandò il professore in tedesco. Fantozzi capì: “Voglio vedere questo!”. Scesero ed entrarono. Subito all'ingresso il prof. Kraus-Kollman si chinò fino a terra per decifrare una oscura iscrizione nel pavimento finemente mosaicato. In quel preciso istante Gorgo, il più grosso toro colà ospitato si faceva sulla porta e certamente equivocando usava al professore lunga quanto atroce pubblica violenza.

Risalirono in macchina e Fantozzi si accorse che il prof. Otto Kraus-Kollman era disorientato. Passarono vicino al tendone del Gran Circo Tonbai. “Ridere? Vuole ridere?” propose Fantozzi. Il prof. Kraus-Kollman fece di sì con la testa ed entrarono. Erano vicini alla pista, e al professore cadde il fazzoletto: si chinò fino a terra per raccoglierlo. In quel preciso istante Urus, il più grande rinoceronte del circo, da 12 anni in astinenza, partiva dalle lontane scuderie.

Il prof. Kraus-Kollman partì con l'aereo della sera per Dusseldorf, non senza aver prima accoltellato un tassista. Fantozzi non osò neppure telefonare in ufficio, e dopo due settimane lo trovarono sulle colline che predicava e aveva allineato sull'erba dei pani e dei pesci e prometteva ad una folla inesistente che li avrebbe moltiplicati.

FANTOZZI PORTA LA FIGLIA AL CONCORSO

Domenica pomeriggio Fantozzi ha accompagnato sua figlia Mariangela a un concorso di bellezza.

In fondo lui non ce la voleva portare e anche la signora Pina era contraria: la bimba era troppo piccola (11 anni appena) e loro in linea di massima avevano sempre disapprovato le gare di quel tipo, ma le molte insistenze dei colleghi d'ufficio e quella sua maledetta incapacità a dire di no alla gente l'avevano travolto. Era successo questo: la direzione del personale della sua società aveva bandito il concorso “Bimbi belli”, al primo classificato si offriva un soggiorno di una settimana in un albergo di 3a categoria a San Martino di Castrozza accompagnato da uno dei genitori, al secondo una bicicletta Graziella e al terzo l'abbonamento per il 1971 a Famiglia Cristiana. Il primo premio faceva gola a molti, e i colleghi gli descrissero le meraviglie di San Martino di Castrozza col sole.

Ora Mariangela era un po' piccolina per la sua età, aveva gli occhi molto sporgenti, i dentini da roditore e un gran naso. Era decisamente una gran brutta bambina dal colorito giallastro, ma per Fantozzi e la Pina era l'unica figlia, tutta la loro vita e la più bella creatura del mondo.

Si prepararono al concorso con molta cura. La signora Pina non voleva affrontare la spesa di un abito nuovo, ma lui stravedeva per la bimba e andarono tutti e tre alla Rinascente sabato pomeriggio.

“Abiti per bambini, per favore” chiese lui timidamente all'ingresso. “Primo piano” rispose imperiosamente la ragazza delle informazioni. “Prenda la scala mobile!” Presero la scala mobile in discesa e arrancarono per quasi mezz'ora. Poi, visto che la bimba era in difficoltà e stava per tornare a piano terra, lui se la prese sulle spalle e con uno sforzo tremendo attaccò una disperata volata in salita. La signora Pina intanto aveva ceduto di schianto ed era ritornata alla partenza. Una gran folla di curiosi intanto si era radunata ai piedi della scala per assistere allo spettacolo. Si sentirono già i primi risolini quando lui inciampò. Fece appena in tempo a buttare Mariangela al primo piano e tornò giù lentamente, a pelle di leone. La signora Pina, senza fare commenti, lo aiutò a rialzarsi. Lui rimase aggrappato a una colonna, col cuore che gli si spezzava, a riprendere fiato. Quando si riprese, salirono con la scala giusta al primo piano. Si era persa la bimba tra la folla! La fecero chiamare con l'altoparlante e alla fine la trovarono che piangeva in un cesto di rifiuti.

Il commesso del reparto confezioni per bambini li accolse con tono vischioso e chiese subito: “È per questa bella bimba l'abito? Quanto ha questo tesoro, tre anni?”. “Undici” rispose Fantozzi con lo sguardo duro. “Ah, ah” rise il commesso, e fece alla bimba un buffetto sulla guancia con le mani sudate. Per la scelta del vestito litigarono un po'. La signora Pina voleva un vestito classico color vino, lui era per un genere beat, anticonformista. Vinse lui e comperarono a Mariangela un completino da marinaretto col fischietto e cordoncino.

Domenica mattina lui la portò dalla parrucchiera sotto casa, e mentre le “cotonavano” i capelli, lui rimase in un angolo a guardare, incuriosito.

Nel pomeriggio si recarono al teatro “Frescobaldi” per il concorso. C'erano già un 300 bambini e una gran confusione di genitori e di organizzatori. Un altoparlante pregò i genitori di scendere in platea e lasciare i bimbi soli. A Mariangela appuntarono sul braccio un cartoncino col numero 100.

Lui tra la calca si sbracciava per farsi vedere, ma la bimba era accecata dai riflettori e molto intimidita. “Tieni su la testa, Mariangela!” urlava lui da fondo sala, ma veniva zittito dagli altri genitori. I bambini venivano fatti sfilare davanti al tavolo della commissione e raggruppati in un altro lato del palco.

Erano arrivati al numero 95, quando dal fondo della sala entrò un gruppo di “ricchi”. Andavano tutti nella villa in campagna di loro amici a passare la domenica pomeriggio. Una delle signore, bionda e molto bella ed elegante, aveva avuto l'idea di entrare per “farsi due risate”. Era stata attirata dal cartellone “Bimbi belli”.

“Ecco” disse Fantozzi alla moglie “ancora un numero e poi c'è Mariangela!” E gli sudavano le mani dall'emozione. Alle sue spalle si era assestato il gruppetto dei “ricchi” (quelli che hanno solo figli biondi, molto belli e tutti uguali come i figli di Paola di Liegi). “Mariangela Fantozzi!” chiamò l'altoparlante “il numero cento!” A Fantozzi balzò il cuore in gola. “Numero cento, come cesso!” urlacchiò il più “povero” dei “ricchi”, che appunto per questo doveva essere il più cattivo e il più spiritoso. Il teatro scoppiò in una fragorosa risata. Mariangela si fermò a metà palcoscenico. Da un palco gridarono: “Ma quella non e una bambina, è una scimmia!”. Le risate e i clamori si fecero assordanti. “Signori, per favore, silenzio!” pregò l'altoparlante.

Nel silenzio tremendo Fantozzi ora fendeva la folla con decisione. Salì sul palco, prese sua figlia per mano e la portò lentamente verso l'uscita. Si era formato un corridoio di gente che lo guardava con grande rispetto. Stava per scomparire dietro le porte di velluto e tutti allora applaudirono.

Quando salì in macchina non si accorse neppure che gli avevano “rigato” il parafango appena riverniciato.

Fuori c'era ancora un po' di sole, che si posò sui capelli color topo e lui la vide bellissima.

FANTOZZI CHIEDE L'INDENNITÀ DI VOLO

Fantozzi una mattina in ufficio si accorse che sapeva volare.

Erano circa le 11 e faceva un gran caldo, aveva deciso di rimandare tutto il lavoro al pomeriggio e se ne stava lì con una pratica “fantoccio” aperta davanti agli occhi. Stava pensando a quello che poteva fare sua figlia a scuola: la pensò tutta impegnata in un faticoso dettato, con le mani sporche di penna biro, la testina china sul quaderno e un pezzetto di lingua fuori. Si sentì un po' intenerito e si buttò all'indietro sbadigliando. Aprì le braccia e si stirò languidamente, finì lo sbadiglio con un mugolio e lo accompagnò con un battito delle braccia, quasi come fossero le ali di un gabbiano, e con sua grande meraviglia si sentì sollevare dalla sedia. Rimase immobile senza crederci. Poi ci riprovò, ed ecco che sentì come una forza misteriosa che lo faceva quasi galleggiare sopra la scrivania. Gli cominciò a battere il cuore, si toccò il polso, ma non era spaventato, solo molto, tremendamente stupefatto. Nella stanza non c'erano i suoi due colleghi di lavoro: erano alla toilette a leggere la pagina sportiva, e lui era di guardia. Sporse la testa in corridoio: nessuno. Rientrò, si mise al centro della stanza, e questa volta agitò con forza le braccia. Si sollevò leggermente a un metro da terra, rimanendo immobile, poi si accorse che con una piccola sforbiciata delle gambe poteva virare lentamente. Diede un colpetto più deciso con le mani e fece, aiutandosi anche con le gambe, un giro intorno al lampadario. Diminuì il battito delle braccia e andò a sedersi dolcemente sulla scrivania di Fracchia. Respirava a fatica. Rientrarono i suoi compagni di stanza.