Scuotivento e Duefiori contemplavano la scena con timore reverenziale dal loro rifugio della torre di lancio del Possente Viaggiatore. La guardia d’onore si era dileguata da tempo e aveva lasciato le sue armi sparse a terra.

— Be’ — sospirò alla fine Duefiori. — Addio al Bagaglio. — E giù un altro sospiro.

— Non devi crederlo — disse Scuotivento. — Il legno del pero sapiente è totalmente inaccessibile a qualsiasi forma conosciuta di magia. È stato costruito per seguirti ovunque. Voglio dire, quando muori, se vai in cielo, almeno disporrai di un paio di calzini puliti nell’aldilà. Ma io non intendo morire ancora, così muoviamoci, vuoi?

— Dove?

Scuotivento raccolse una balestra e una manciata di frecce. — Ovunque meno che qui.

— E il Bagaglio?

— Non ti preoccupare. Quando la tempesta avrà esaurito tutta la magia che c’è in giro, cesserà.

Questo infatti si stava avverando. La nuvola ancora saliva fluttuando, ma era diventata più pallida e non incuteva più paura. Mentre Duefiori la fissava, prese a guizzare incerta e ben presto divenne un pallido fantasma.

Adesso il Bagaglio si era fatto visibile in mezzo alle fiamme invisibili; le pietre intorno a lui si andavano rapidamente raffreddando con un crepitio.

Duefiori chiamò piano il suo Bagaglio. Quello si arrestò e sembrò ascoltare attento; poi, muovendo i suoi molteplici piedini in un’andatura complicata, si girò e si diresse verso il Possente Viaggiatore… Scuotivento lo guardava irritato. Il Bagaglio aveva una natura elementare, niente cervello e un atteggiamento omicida verso tutto ciò che minacciasse il suo padrone; il mago non era sicuro che il suo interno occupasse la stessa struttura spazio-temporale del suo esterno.

La cassa si arrestò davanti a Duefiori. — Non ha nemmeno un graffio — disse questi allegramente. Aprì il coperchio.

— È propria il momento adatto per cambiarti la biancheria — osservò sarcastico Scuotivento. — Tra un minuto le guardie e i sacerdoti saranno di ritorno e saranno sconvolti, amico mio!

— Acqua — mormorò l’ometto. — Tutta la cassa è piena d’acqua.

Scuotivento guardò al di sopra della sua spalla. Non c’era traccia di indumenti, sacche con il denaro o altri beni del turista. Tutta la cassa era piena d’acqua.

Un’onda nacque dal nulla e sciabordò oltre l’orlo. Lambì le pietre ma, invece di allargarsi, cominciò a prendere la forma di un piede. Seguirono un altro piede e la metà inferiore di un paio di gambe via via che l’acqua scorreva come riempiendo uno stampo invisibile. Un attimo dopo, davanti a loro, ammiccante, apparve Tethis, il troll marino.

— Capisco — disse alla fine. — Voi due. Suppongo che non dovrei sorprendermi. — Si guardò intorno, senza badare alla loro espressione attonita. — Sedevo fuori dalla mia capanna a guardare il tramonto — continuò — quando questa cosa è venuta fuori dall’acqua ruggendo e mi ha inghiottito. Mi è sembrato piuttosto strano. Dove si trova questo posto?

— Krull — rispose il mago, con un’occhiata dura al Bagaglio che esibiva un’espressione soddisfatta. Inghiottire persone era una cosa che faceva di frequente ma sempre, quando si apriva il coperchio, dentro non c’era altro che la biancheria di Duefiori. Spalancò di furia il coperchio. Dentro non c’era altro che la biancheria di Duefiori. E l’interno era perfettamente asciutto.

— Bene, bene — disse Tethis. Alzò gli occhi. — Ehi! Non è questo il vascello che vogliono mandare oltre il Bordo? È vero, deve essere lui!

Una freccia gli attraversò il petto, causando una leggera increspatura. Lui non sembrò accorgersene, ma Scuotivento sì. All’estremità dell’arena erano apparsi diversi soldati e alcuni controllavano gli ingressi.

Un’altra freccia scagliata dalla torre rimbalzò dietro Duefiori. Da quella distanza i tiri non avevano molta forza, ma sarebbe stata soltanto questione di tempo…

— Presto! — disse Duefiori. — Dentro il vascello! Quelli non oseranno attaccarlo!

— Sapevo che avresti suggerito una cosa simile — gemette il mago. — Lo sapevo.

Sferrò un calcio al Bagaglio, che indietreggiò di qualche centimetro e aprì minacciosamente il coperchio.

Una lancia descrisse un arco nell’aria e si fermò vibrando nel legno vicino all’orecchio del mago. Con un grido lui si arrampicò sulla scala dietro gli altri.

Quando giunsero alla stretta passerella che correva lungo il dorso del Possente Viaggiatore, intorno a loro fischiavano le frecce. Duefiori era in testa, con un passo baldanzoso che per Scuotivento era segno rivelatore di un eccessivo entusiasmo represso. Al centro del vascello, in cima, c’era un largo portello rotondo di bronzo, chiuso da una cerniera. Il troll e il turista si inginocchiarono e si misero al lavoro per aprirla.

Nel cuore del Possente Viaggiatore da diverse ore della sabbia fine si era lentamente riversata in una coppa attentamente disegnata allo scopo. Adesso la coppa era piena della esatta quantità necessaria per farla rovesciare e capovolgere un peso accuratamente bilanciato. Il peso oscillò e fece uscire un perno da un piccolo meccanismo complicato. Una catena prese a muoversi. Un tonfo sordo…

— Che cosa è stato? - domandò Scuotivento allarmato e guardò in giù.

La pioggia di frecce era finita. Sacerdoti e soldati, immobili, fissavano il vascello. Un ometto preoccupato si fece largo in mezzo a loro e si mise a urlare qualcosa.

— Che è stato? — chiese Duefiori, occupato a svitare un dado.

— Mi sembrava di avere sentito qualcosa — rispose Scuotivento. — Ascolta, li minacceremo di danneggiare questo aggeggio se non ci lasciano andare, giusto? È questo che ci limiteremo a fare, giusto?

— Già — disse Duefiori in tono vago. Si accovacciò sui calcagni. — Ecco fatto. Adesso dovrebbe alzarsi.

Parecchi tipi muscolosi si stavano arrampicando sulla scaletta; fra di loro c’erano anche i due chelonauti. Erano armati di spade.

— Io… — cominciò il mago.

Il vascello ondeggiò. Poi. con lentezza infinita, prese a muoversi sul binario.

Duefiori e il troll erano riusciti a aprire il portello. Una scaletta metallica conduceva alla cabina in basso. Il troll spari.

— Dobbiamo andarcene — bisbigliò Scuotivento. Duefiori lo guardò, con uno strano sorriso sul volto.

— Stelle — esclamo. — Mondi. L’intero cielo pieno di mondi. Luoghi che nessuno vedrà mai. Eccetto me. — E s’infilò nel portello.

— Sei completamente pazzo — gli gridò con voce roca Scuotivento, mentre cercava di tenersi in equilibrio a mano a mano che il va scello acquistava velocità. Si girò. Uno dei chelonauti cercò di superare con un balzo la distanza tra il Viaggiatore e la torre, atterrò sul fianco ricurvo del vascello, si dimenò un istante in cerca di una presa, non ne trovò e precipitò con un grido acuto.

Ormai il Viaggiatore si muoveva rapidamente. Scuotivento scorgeva la distesa d’acqua illuminata dal sole e l’incredibile Rimbow. che balenava allettante al di là, e invitava i folli ad avventurarsi troppo lontano… Vide anche un gruppo di uomini che si arrampicavano disperatamente sui pendii della rampa di lancio e manovravano un grosso tronco squadrato nel tentativo frenetico di fare deragliare il vascello prima che svanisse oltre il Bordo. Le ruote ci sbatterono contro, con il solo effetto che la nave ondeggiò, Duefiori perse la presa sulla scala e cadde nella cabina e il portello si richiuse con fracasso. Scuotivento si tuffò in avanti, gemendo, e tentò di aprirlo.

Ormai il mare coperto di bruma era molto più vicino. E il Bordo, che costituiva il perimetro roccioso dell’arena, era anch’esso minacciosamente prossimo.

Scuotivento si rialzò. Non c’era più che una cosa da fare, e lui la fece. Fu colto dal panico quando i carrelli, venuti a contatto con la leggera salita del binario, sbalzarono il vascello, simile a un salmone scintillante, in aria e oltre il Bordo.