— Hanno creato loro i crucimorfi! Non le IA del Nucleo attuale, ma l’Intelligenza Finale da loro creata nel futuro. Ha mandato indietro nel tempo su Hyperion i parassiti, proprio come le Tombe del Tempo. Ha messo alla prova i parassiti sulla tribù perduta… i Bikura… ha visto i problemi…
— Problemi secondari, come il fatto che la risurrezione distruggeva gli organi riproduttivi e l’intelligenza…
— Sì — disse Aenea. Mi prese di nuovo la mano. — Il Nucleo riuscì a correggere quei difetti, grazie alla sua tecnologia. Tecnologia che diede alla Chiesa guidata dal nuovo papa… Lenart Hoyt, Giulio VI.
Cominciavo a capire. — Un patto faustiano…
— Il patto faustiano per eccellenza! Per ottenere l’universo la Chiesa doveva solo vendere l’anima.
— E così nacque il Protettorato della Pax — commentò piano A. Bettik. — Potere politico mediante un parassita…
— Chi ci dà… chi mi dà la caccia, in realtà è il Nucleo — continuò Aenea. — Sono una minaccia per le IA, non solo per la Chiesa.
Scossi lentamente la testa. — Come fai a essere una minaccia per il Nucleo? Sei una bambina…
— Una bambina che ancora prima di nascere era in contatto con una personalità cìbrida rinnegata — mormorò Aenea. — Mio padre era libero, Raul. Non solo nella sfera dati o nella megasfera… ma nella metasfera. Libero nella più ampia psico-cerber-rete della quale perfino il Nucleo aveva paura…
— Leoni e tigri e orsi — borbottò A. Bettik.
— Esatto — disse Aenea. — Quando la personalità di mio padre penetrò nella megasfera del Nucleo, domandò all’IA Ummon cosa incuteva paura al Nucleo. La risposta fu che le IA non s’inoltravano maggiormente nella metasfera perché essa brulicava di leoni e tigri e orsi.
— Non afferro, ragazzina — dissi. — Non ci capisco un tubo.
Aenea si sporse a stringermi la mano. L’alito, sulla mia guancia, era tiepido e dolce. — Raul, tu conosci i Canti di zio Martin. Cos’accadde alla Terra?
— La Vecchia Terra? — domandai come uno sciocco. — Nei Canti, PIA Ummon disse che le tre fazioni del TecnoNucleo erano in guerra… Ne abbiamo già parlato.
— Ripetimelo.
— Ummon disse alla personalità Keats… a tuo padre… che i Volatili volevano distruggere la razza umana. Gli Stabili, la fazione dello stesso Ummon, volevano salvarla. Finsero che la Vecchia Terra fosse distrutta da un buco nero e la trasferirono o nella Nube di Magellano o nell’Ammasso Ercole. Ai Finali, la terza fazione, non importava la sorte della Vecchia Terra e della razza umana, purché si realizzasse il loro progetto, l’Intelligenza Finale. Aenea aspettò che continuassi.
— E la Chiesa concorda con ciò che tutti credono. Che la Vecchia Terra fu inghiottita dal buco nero e che morì quando si presume sia morta.
— Tu a quale versione credi, Raul?
Trassi un sospiro. — Non so — risposi. — Be’, mi piacerebbe che la Vecchia Terra esistesse ancora, ma non mi pare poi così importante.
— E se ci fosse una terza possibilità?
All’improvviso la porta a vetri vibrò e tremò. Posai la mano sulla pistola al plasma, aspettandomi quasi che lo Shrike raspasse per entrare. Era solo l’ululato del vento del deserto. — Una terza possibilità? — ripetei.
— Ummon mentì — disse Aenea. — L’IA mentì a mio padre. Non furono elementi del Nucleo a spostare la Terra… né gli Stabili, né i Volatili, né i Finali.
— Allora fu davvero distrutta.
— No. A quel tempo mio padre non capì. Capì più tardi. La Vecchia Terra fu spostata nella Nube di Magellano, d’accordo, ma non da elementi del Nucleo. Le IA non possedevano la tecnologia né le risorse energetiche né il livello di controllo del Vuoto Legante. Il Nucleo non può neppure arrivare alla Nube di Magellano. Troppo remota… a distanza inimmaginabile.
— Chi, allora? Chi rubò la Vecchia Terra?
Aenea tornò ad adagiarsi sul guanciale. — Non lo so. Credo che nemmeno il Nucleo lo sappia. Ma le IA non vogliono saperlo… e hanno il terrore che noi lo scopriamo.
A. Bettik si accostò d’un passo. — Allora non è il Nucleo ad attivare i teleporter nel nostro viaggio?
— No — rispose Aenea.
— Scopriremo chi è? — domandai.
— Se sopravvivremo — rispose Aenea. — Se sopravvivremo. — Ora i suoi occhi erano stanchi, non febbricitanti. — Ci aspettano domani, Raul. E non mi riferisco al prete-capitano e ai suoi uomini. Qualcuno… qualcosa del Nucleo sarà ad aspettarci.
— La creatura che secondo te ha ucciso padre Glauco, Cuchiat e gli altri?
— Sì.
— La tua è una sorta di visione? La morte di padre Glauco, voglio dire.
— Non una visione — rispose Aenea, con voce vacua. — Solo un ricordo dal futuro. Un ricordo sicuro.
Guardai la tempesta che cominciava a scemare. — Possiamo restare qui — dissi. — Possiamo procurarci uno skimmer o un VEM funzionante, volare nell’emisfero nord e nasconderci in una delle grandi città di cui parla la guida, Alì per esempio. Non siamo obbligati a giocare il loro gioco e varcare domani quel portale.
— Siamo obbligati, invece.
Aprii bocca per protestare, poi invece rimasi zitto. Dopo un poco dissi: — E dove entra in ballo lo Shrike?
— Non lo so — rispose Aenea. — Dipende da chi l’ha mandato stavolta. Oppure potrebbe agire in proprio. Non so.
— In proprio? Credevo che fosse solo una macchina.
— Oh, no. Non è solo una macchina.
Mi grattai la guancia. — Non capisco. Potrebbe essere un amico?
— Un amico, mai — rispose Aenea. Si alzò a sedere e mi mise la mano sulla guancia, dove mi ero grattato un attimo prima. — Scusa, Raul, non voglio parlare per enigmi. Solo, non so! Non c’è niente di scritto. Tutto è fluido. E quando ho una fuggevole visione del movimento delle cose, è come guardare un bel disegno di sabbia l’attimo prima che il vento lo disperda…
Come per dare forza al suo paragone, le ultime raffiche della tempesta di sabbia fecero vibrare i vetri. Aenea mi sorrise. — Mi spiace d’essermi scollata nel tempo, poco fa…
— Scollata?
— La domanda se mi amavi — spiegò, con un sorriso triste. — Avevo dimenticato dove e in quale tempo siamo.
Dopo un istante dissi: — Non importa, ragazzina. Ti voglio bene davvero. E a costo della vita non permetterò che qualcuno ti faccia male domani… la Chiesa, il Nucleo, chiunque altro.
— Anch’io mi sforzerò d’impedire che una simile eventualità si verifichi, signorina Aenea — disse A. Bettik.
La bambina ci sorrise e ci toccò la mano. — Il Taglialegna di Latta e lo Spaventapasseri — disse. — Non merito due amici come voi.
Toccò a me sorridere. Nonna mi aveva narrato quella vecchia storia. — E dov’è il Leone Cuordiconiglio?
Aenea perdette il sorriso. — Quello sono io — disse a voce molto bassa. — Sono io, il cuor di coniglio.
Nessuno di noi dormì ancora, quella notte. Preparammo i bagagli e quando la prima traccia dell’alba sfiorò le rosse colline al di là della città, andammo alla zattera.