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— Questo che cosa significa per i Lugala?

Lui rise. — Hanno perso male. Del grande prestigio che avevano è rimasto ben poco, al momento. Lugala Minti non avrebbe dovuto assumere una linea tanto dura. Ha cercato di presentare gli umani come esseri che vivevano in posti umidi sotto le rocce. Ha finito col fare la figura della sciocca e della bigotta. Mi riempio la tazza.

Andò con la tazza in cucina e la riportò piena e fumante. Si sedette su una sedia e allungò i piedi sullo stesso tavolo sul quale li aveva allungati Anna.

— Sono stanco. Sono rientrato questa mattina. — Bevve un sorso, poi depose la tazza. — E non è stato un anno facile. Non so se hai mai sognato di essere importante quando eri bambina. Sai, di salvare l’universo, la specie umana. — Sorrise. — Un sogno stupido. Pensavo di aver superato quello stadio, ma le donne continuavano a fare domande e io continuavo a pensare: "Che cosa succede se do la risposta sbagliata?".

— L’Uomo-che-non-ama-rispondere-alle-domande — disse Anna.

Nick rise. — C’è il verso di una poesia scritta da uno che non ricordo. "Gli altri sopportano le nostre domande, tu sei libero." Be’, non riguarda me. Mi sentivo come se avessi trascorso l’anno intero ad aspettare che la prossima persona ti facesse la prossima domanda: e non avevo la risposta pronta e onesta e gentile. Niente bugie. Niente trucchi. Niente silenzio. Non so perché fosse così difficile, ma lo era.

— Gwarha mi ha raccontato qualcosa su quello che è accaduto qui. Non mi dispiacerebbe saperne di più…

Anna gli raccontò delle donne hwarhath, soprattutto delle due traduttrici, visto che le conosceva meglio di chiunque altra. El Leshali era interessante ma troppo seria e ambiziosa. A lei piaceva molto Tsai Ama Indil.

Nick sorrise. — Ho sentito delle voci in proposito.

— Che cosa vuoi dire?

— I hwarhath sanno che è possibile che tra la loro gente e gli umani nasca un legame romantico, e amano fare pettegolezzi.

— Indil mi piace. La considero un’amica, ma non c’è niente del genere.

Forse Anna parlò con troppa enfasi. Lui le lanciò una strana occhiata, ma non disse nulla.

Anna si affrettò a parlare d’altro: della nuova commedia di Eh Matsehar.

— È assolutamente incredibile — disse Nick. — Non abbiamo avuto il tempo di metterla tutta in scena per il Weaving, perciò abbiamo dato una lettura, che per quest’opera rappresenta un problema serio. Ha bisogno di musica e di danza. Ma anche così, è stato un successo. Lui mi ha mostrato la sua traduzione, quella che ha fatto per te. Niente male, anche se io saprei fare di meglio. Continua. Raccontami ancora.

Anna parlò delle pagine che aveva scritto sul lavoro svolto su Reed 1935-C. — Ettin Gwarha ha letto tutto per accertarsi che non spedissi nello spazio umano qualche tipo di informazione protetta. Ha detto… — Sorrise. — …che i fogli sembravano del tutto innocui, e che se i miei animali erano intelligenti, se ne sarebbe mangiato uno, come un gatto mangia un canarino.

Nick parve sorpreso. — Che cosa sta tentando di fare? Di impadronirsi delle figure umane del discorso?

Anna scrollò le spalle. — Dev’essere così.

Charlie aveva mandato degli articoli in una valigetta diplomatica. The Journal of Extraterrestrial Behavior ne aveva accettato uno. Gli altri erano stati respinti da The Journal of Theoretical Intelligence.

— I fottuti ignoranti — commentò Anna. — Cosa ne sanno di intelligenza? Nessuno di loro ha mai incontrato alieni intelligenti. Io sì. Sto per iniziare il mio primo articolo sul Popolo.

— Hai imparato così tanto? — domandò Nick.

— Credo di sì. — Anna si appoggiò allo schienale. Il vino cominciava a fare effetto. — Questa è stata soprattutto una bella esperienza, tranne che per il fatto che non riesco a trovare il modo di tornare a casa… per me e per te. Ci ho pensato, Nick, quando Charlie mi ha detto che avevano combinato uno scambio di prigionieri. Non c’è proprio modo di includerti, vero?

— Io sono a casa, dolcezza. Ma tu no, e questo è il prossimo progetto.

— La Mi mi prenderà nello stesso istante in cui arriverò nello spazio umano, e non è cambiato nulla per quel che ne so. Possono ancora fare del male al Popolo.

— Non tanto al Popolo quanto agli Ettin e a me. Tu lo capisci, vero, Anna?

— No.

— Te l’ho spiegato a grandi linee. Credo di averlo fatto; è stato un anno fa. Gli umani stanno per scoprire le regole della guerra. Il Weaving lo sa, e così pure i Frontisti-che-stanno-insieme. Il massimo in cui possono sperare è ancora un po’ di tempo. Se l’avranno, ringrazieranno la Divinità. Se non l’avranno, faranno quel che dovranno fare.

"Il vero problema… e il segreto pericoloso… è questo: tu sai che non sono affidabile, e sai che Ettin Gwarha ha protetto un uomo che si sarebbe dovuto uccidere. Se la Mi viene in possesso di quest’informazione, cercheranno di fare qualche stupidaggine, se non subito, col tempo. Gwarha non vivrà con la consapevolezza che i suoi nemici hanno quel tipo di arma. Dice di essere rahaka, il che significa che andrà dagli altri frontisti e racconterà cos’è accaduto, e quelli risolveranno il problema."

— Merda — fece Anna.

Lui annuì. — Le zie hanno controllato presso varie scienziate per vedere se ci fosse un modo per rimuovere l’informazione da una mente umana. Ho creduto di essere sull’orlo del baratro. Immaginavo che provassero il procedimento prima di tutti su di me, anche se Gwarha avrebbe potuto far loro cambiare idea. Ma non esiste. La loro tecnologia medica non è avanzata come la nostra, soprattutto nell’ambito della psicologia e della neurologia. A loro non interessa entrare l’uno nella mente dell’altro; e tendono a credere che i maggiori problemi mentali siano morali o spirituali piuttosto che fisiologici. Non hanno cercato di trovare cure mediche per la pazzia o il demonio. Ma se riuscissero a rimuovere l’informazione che tu hai su me e Gwarha, saremmo tutti più felici. Non mi perdonerò mai per essermi lasciato prendere dal panico a quel modo. Se solo avessi tenuto la bocca chiusa.

— Mi avevi detto di non credere nei rimpianti.

— Hai ragione. Non ci credo. — Nick si alzò. — Vado a letto. Ci vediamo tra un giorno o due. Quando mi alzerò. — Fece una pausa presso la porta. — Prenderesti in considerazione l’idea di cambiare parte, Anna? Allora potremmo servirci dell’immunità diplomatica per proteggerti.

— No.

— Era solo un pensiero. — Lui la guardò, sorrise e se ne andò.

Anna finì il bicchiere di vino e lo riempì di nuovo, poi accese l’ologramma più recente che aveva ricevuto da Ettin Gwarha: un pianeta visto dallo spazio. Aveva degli anelli più spettacolari di quelli di Saturno, intrecciati e interrotti, e almeno una dozzina di lune. Grandi tempeste si muovevano e lampeggiavano nella sua atmosfera. Gli anelli brillavano alla luce di un sole invisibile. Anna bevve dell’altro vino.

Il mattino dopo, Matsehar le fece da scorta.

— Vorrei abbracciarla — disse Anna.

— Non è possibile, come dovrebbe sapere. Ma accetterò il suo desiderio come un’espressione di affetto decente.

Camminarono insieme lungo i corridoi freschi e illuminati. Anna accennò al fatto d’aver visto Nick e che a lui era piaciuto il Macbeth.

— Finora, il mio lavoro migliore. Credo d’aver finalmente raggiunto un punto di rottura, d’aver fatto un passo avanti. Qual è il termine giusto?

— Dipende da quello che cerca di dire.

— Mi sento come se fossi rimasto in un posto troppo a lungo, e quel posto fosse diventato come una di quelle stanze nelle antiche storie che si restringono e diventano buie e si trasformano in una trappola. Ma ora… hah! …sono uscito dalla stanza ed è come se mi trovassi all’inizio di una pianura.

— Svolta — disse Anna. — Ecco la parola che desidera.

Lui la ripeté, pensieroso.

Anna gli chiese del festival di Shakespeare. Mats le lanciò un’occhiata di traverso. — Nicky gliel’ha raccontato? È accaduto tutto troppo in fretta; non abbiamo avuto il tempo di prepararci a dovere. Il pubblico era difficile; e la musica una rottura. Mi sto abituando a usare "rottura" come farebbe un umano. È interessante cosa si può imparare di una cultura attraverso le figure del discorso.