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— Non ho detto questo. Ho detto che non volevo la responsabilità.

— Forse dovrà prendersela. — Lui si alzò, e Anna cominciò a fare altrettanto. Il generale sollevò la mano in un gesto che indicava chiaramente di fermarsi. — Aspetti qui, la prego. — Si diresse alla porta, che si aprì, e uscì.

Nicholas entrò, passandogli accanto. La porta si chiuse. Nick si avvicinò al tavolo del generale e si appoggiò alla parte anteriore. Indossava i soliti abiti da civile e aveva le mani nelle tasche di una nuova giacca che sembrava identica a quella che aveva ridotto a strisce. Il viso era più pallido del solito; l’espressione era distaccata e grave. Dopo un momento, si tolse le mani di tasca. Lanciò un’occhiata per assicurarsi che la zona alle sue spalle fosse libera, poi si sedette sul tavolo, le mani sul bordo, i piedi penzoloni.

— Non pensa mai di crescere? — domandò Anna.

Lui sorrise e l’espressione distaccata scomparve. — Per diventare cosa? Una colonna della comunità? E quale comunità? Credo di no. Ettin Gwarha ha deciso che dovessimo avere la possibilità di parlare prima che io parta.

— Perché?

— Non gliel’ho chiesto. Non ho intenzione di mettere in dubbio il pedigree di un sul che è stato dato in regalo.

— Un cosa?

— Si tratta di un animale domestico, usato per la caccia, della grandezza di un pony. Non li si cavalca. Li si manda dietro a qualunque cosa si voglia cacciare. Hanno denti più o meno così. — Tenne le mani a una distanza di circa quindici centimetri una dall’altra. — Sono denti aguzzi; e c’è un proverbio proprio sul fatto che sia maleducazione fare troppe domande sulla razza di un sul che viene dato in regalo.

— Ah — fece Anna.

Nick posò di nuovo le mani sul tavolo. — Dovevo ringraziarla. Se non avesse acconsentito ad aiutare gli Ettin, Gwarha non avrebbe avuto alcuna scelta. Avrebbe dovuto gettarmi ai lupi. Uso metafore d’animali. Mi chiedo perché. Forse perché non sono interamente sicuro del mio status.

— Ha chiarito le cose col generale?

Nick sorrise. — Abbiamo stabilito una tregua e avviato negoziati. Ci sono molte cose da perdonare. Sono arrabbiato che abbia messo delle cimici nelle mie stanze e nelle sue, e non posso dire che lui sia particolarmente felice che io abbia cambiato parte una seconda volta. Quella maledetta parola con la t. Continua a tormentarmi.

Anna attese che continuasse. Nick non lo fece. — Mia madre era una psicologa. Gliel’avevo detto?

— È nel suo file — le ricordò lui.

— Diceva che in ogni relazione che vada avanti per lungo tempo accadono delle cose… vengono fatte delle cose… che sono imperdonabili, e che allora sorge il problema: Come fai a perdonare l’imperdonabile? Come fai a passar sopra al tradimento e al dolore? "Devi trovare il modo" diceva "o ti ritroverai sola."

— Ah. — Nick guardò l’arazzo che aveva affascinato Ettin Gwarha. — Perché non si è mai sposata? Non che siano affari miei.

Anna scrollò le spalle. — Non ho avuto fortuna; o forse sono un carattere solitario; o forse non ho mai accettato il fatto che la gente sia imperfetta.

Dopo un momento, lui disse: — Credo che io e il generale riusciremo a escogitare qualcosa. Le zie saranno d’aiuto. Continuano a martellare Gwarha. Come poteva chiedere a un uomo qualsiasi, persino un umano, di abbandonare una parente femmina? Ecco quello che vedono quando guardano la situazione… un uomo che agisce per proteggere una parente femmina; e per ciò che li concerne, è un comportamento giusto. Avrebbe dovuto sentire Ettin Per. "Possa la Divinità impedire che un qualunque figlio di Ettin faccia mai ciò che tu ti aspettavi che facesse Sanders Nicholas."

Anna rise. — E Matsehar? Ha parlato con lui?

Nick annuì. — Gli ho detto che stava succedendo qualcosa, e che avrebbe dovuto tenersi il più possibile alla larga. Lo doveva alla sua arte. Il piccolo stronzo ha cominciato a parlare di lealtà e di onore, come se non li avesse attaccati nelle sue commedie negli ultimi dieci anni. "Sei mio amico, Nicky. Non posso lasciarti alle prese con qualunuque cosa stia accadendo."

— Così abbiamo avuto una discussione, e adesso ha il broncio. Quando comincerà a passargli, gli parli… diavolo, gli dica che gli voglio bene, e che dovrebbe fare le cose in cui è bravo, e lasciare a me i miei problemi.

— Vuole davvero che glielo dica?

— Lei gli piace, Anna. Il generale no. Non posso usare Gwarha come messaggero. Gli consegnerebbe qualsiasi messaggio gli dessi con meticolosa precisione e ovvia disapprovazione. — Nick scese dal tavolo. — Credo che dovremo finirla qui. Gwarha aspetta per scortarla.

Anna si alzò. Lui l’abbracciò e la baciò rapidamente, poi si ritrasse. — Courage, ma brave. Credo… spero… che andrà tutto bene.

Lei non riuscì a trovare cosa dire. Gli prese una mano e gliela strinse forte, poi la lasciò e si diresse alla porta. Si aprì. Ettin Gwarha era nell’anticamera, attento ma rilassato, come se avesse potuto aspettare anche tutta la giornata.

— Signora?

Lei lo seguì fino agli alloggi delle donne. Il generale l’accompagnò alle sue stanze. Anna aprì la porta ed esitò, poi chiese: — Può entrare?

— Sì.

Gwarha entrò. L’ologramma era acceso e mostrava la collina sopra la stazione di ricerca degli umani su Reed 1935-C. Questa volta, era tardo pomeriggio. Pioveva. Alcune luci erano accese tra le costruzioni. La baia era scura: nessun messaggio scintillava sull’acqua grigio acciaio.

Anna attese che la porta fosse chiusa, poi disse: — Nick è convinto che andrà tutto bene.

Ettin Gwarha fece quel rumore di tosse che era la risata hwarhath. - Non c’è modo di far indietreggiare Nick. Si mette per un momento da parte e poi si prepara e proseguire di nuovo. Crede sempre di poter trovare un nuovo sentiero davanti a sé. — Rimase silenzioso per un minuto o due, guardando la pioggia che cadeva su Reed 1935-C. — Non lo so, signora Perez. Se saremo cauti e fortunati, se le mie zie saranno abili, se la nonna raccoglierà i debiti che le sono dovuti da sessant’anni e più, se la Divinità deciderà di non cedere alla sua passione per gli scherzi maliziosi… allora, forse andrà tutto bene. Possiamo soltanto andare avanti.

Fece una pausa e aggiunse: — Dovrei tornare nel mio ufficio. Se vuole parlare, se ha dei problemi, dica ad Hai Atala Vaihar di chiamarmi. Risponderò.

Anna lo ringraziò.

Lui si diresse alla porta, poi si girò. — E sarà meglio che le mandi dei nuovi ologrammi. Non è possibile che voglia trascorrere tutto il prossimo anno a guardare quella scena.

2

La nave partì, e Matsehar fece di nuovo la sua comparsa qualche mattina dopo. La commedia era finita, disse mentre camminavano per i corridoi della stazione. — Non grazie a Nicky. Non è stato facile per me concentrarmi sul copione dopo la lite che abbiamo avuto.

Anna gli riferì il messaggio di Nick. Tipico, commentò Mats. Nicky diventava sempre affettuoso dopo che si era mostrato ostinato. — Ti allontana da sé, e poi parla d’amore e d’amicizia, come se questo ti ricompensasse per ciò che ha fatto.

Anna rimase silenziosa.

— E adesso se n’è andato, proprio quando avevo bisogno della sua opinione per la nuova commedia. — Mats la guardò di sbieco. — Le andrebbe di leggerla?

— Non conosco la vostra lingua.

— Dovrebbe impararla, Anna. Non è facile, ma è molto bella! Nel frattempo, posso farle una traduzione. Terrei veramente alla sua opinione.

Come resistere allo sguardo che lui le lanciava? Sembrava quello di un licantropo malinconico. Poveretto! Desiderava tanto mostrare la sua commedia a un umano. Anna annuì.

— Uh-uhu — disse.

Mats ebbe bisogno di un paio di settimane per tradurre la commedia: un lavoro veloce per un uomo che non faceva il traduttore di professione. Il titolo era Il Cancello della Punizione. Anna trascorse una serata a leggerla.