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Anna trascorse la serata con i colleghi, in parte a parlare del più e del meno, in parte a continuare il lento processo di conoscenza. Sten le disse del suo giardino, che si trovava su un’isola chiamata Gotland, nel Baltico, ora affidato alle cure di sua moglie. Non aveva il pollice verde e lui non era sicuro di ciò che avrebbe trovato quando fosse tornato a casa.

L’ambasciatore… Charlie… raccontò dei suoi precedenti contatti con gli alieni e dell’opinione che aveva del generale.

— Un uomo intelligente, anche se strano, credo. Sicuramente in termini umani e anche, sospetto, secondo la cultura aliena. Che razza di persona sviluppa una relazione sessuale con un membro di un’altra specie? Una specie con cui la sua è in guerra. Sebbene lui abbia di sicuro un valido appoggio in Nicholas Sanders.

Anna finì di parlare col capitano McIntosh, che aveva la passione per il cricket e che sentiva la mancanza degli incontri internazionali.

— Cose cui rinunciamo per servire l’umanità e per fare carriera, signora Perez. Naturalmente, se fossi stato abbastanza bravo nel cricket, non sarei qui.

Alla fine, Anna si sentì stanca. Il capitano la scortò fino all’entrata degli alloggi umani. Nicholas la stava aspettando, conversando con una delle guardie aliene. Si girò e, vedendola, sorrise, poi vide il capitano. L’espressione sul suo viso cambiò, divenne distaccata.

— Addetto Sanders — disse il capitano e allungò la mano.

Nicholas parve sorpreso, poi la strinse.

— Sono Cyprian McIntosh. Mac per gran parte della gente. Trovo che Cyprian sia un po’ pesante. Le cose che i genitori fanno ai loro figli! Anche se, come dicevo alla signora Perez, sarò eternamente grato a mio padre per avermi regalato la prima mazza da cricket. Potrebbe bilanciare Cyprian. Buonanotte, signora. Addetto. — Il capitano annuì e tornò dentro.

Nicholas lo guardò, pensieroso. — Militare — disse, infine. — Quale corpo?

— Esercito regolare, credo.

— Allora perché non ha il taglio di capelli?

— Non lo so. Vuole che lo scopra?

Lui scrollò le spalle. Raggiunsero gli alloggi delle donne in silenzio.

L’ologramma era di nuovo acceso nella camera di Anna. Lei andò a dormire, guardando le stelle, e si svegliò, come il giorno prima, al profumo di bacon cotto.

Si mise un vestito: lungo, di cotone africano tradizionalmente stampato, giallo, azzurro e marrone. Nessun gioiello, fatta eccezione per un paio di orecchini pendenti, di corallo e argento, un altro regalo di sua madre. Entrò nella stanza principale, trovò la colazione e Nicholas seduto su una sedia, una tazza di caffè posata sul tavolo che gli stava accanto.

Lui la guardò e annui. — Bello. Le donne di Ettin approveranno. Forse ho cotto un po’ troppo il bacon, anche se mi sono esercitato, soprattutto perché il profumo mi riporta tanti forti ricordi. Quand’ero bambino, mangiavamo sempre il bacon a colazione, la domenica. Non mi piace più molto il sapore.

Anna si sedette. Il bacon sembrava ben cotto. C’era anche del pane tostato e qualcosa di quadrato, d’un giallo molto acceso. A cosa assomigliava? Al pane di granoturco non lievitato. Ne assaggiò un pezzo. Sapeva di cartone. Altro cibo umano. — Voglio chiederle una cosa.

— Sì? — Lui sembrava in guardia. L’Uomo-che-non-ama-rispondere-alle-domande.

— Come devo chiamarla? Mi attengo a Nicholas perché non la conosco molto bene; ma sembra che tutti gli alieni la chiamino Nicky.

— Ha conosciuto i miei amici. Non permetto a molte persone di chiamarmi Nicky. Va bene Nick o Nicholas. — Lui sorrise. — Ho capito che cominciava a cambiar parte quando mi ha chiamato Nick in quella stanza nei sotterranei della zona diplomatica; prima non l’aveva fatto; e quello per un po’ ha accompagnato l’ultimo pensiero razionale che ho avuto. "Forse questo stupido e spaventoso piano andrà a monte."

— Non ho cambiato parte, Nick.

— Ho scelto male le parole. Sapevo che provava una certa simpatia per me e ciò mi ha dato un po’ di speranza. Così va meglio?

— Sì.

Anna mangiò. Lui bevve il caffè in silenzio. Uscirono per incontrare le donne di Ettin.

La sala delle riunioni si trovava all’interno degli alloggi delle donne. C’erano arazzi alle pareti e un enorme tappeto cremisi copriva gran parte del pavimento. I mobili erano i soliti. Ricchi broccati scuri coprivano le sedie. I tavoli bassi erano di legno color indaco.

Questa volta, c’erano quattro donne, in piedi al centro della stanza. Come in precedenza, portavano vestiti senza maniche.

— Lei è un superiore — le disse sommessamente Nicholas. — Si assicuri di tenersi leggermente davanti a me. Bene. Adesso, si fermi.

Anna si fermò. Le donne si girarono verso di lei. Nicholas fece le presentazioni.

Anna ne aveva già conosciute due: Ettin Per ed Ettin Sai. Adesso, poteva notare quanto fossero grosse in confronto alle altre hwarhath: alte e d’ossatura grossa, con spalle larghe e dorsi rotondi e forti. Indossavano vestiti simili, fatti di pannelli di broccato rosso scuro, allacciati con belle catenelle d’argento. Per diede il benvenuto nella lingua degli alieni. Sai disse buongiorno in inglese.

La terza donna era molto più piccola. Accanto alle Ettin, sembrava quasi magra. Aveva la peluria nera e i pannelli del suo vestito erano grigi e argentei, una fantasia di foglie e fiori.

— Tsai Ama Ul — disse Nicholas. — Il suo campo di competenza è la teoria sociale, soprattutto le teorie sul modo in cui il Popolo ha evoluto la cultura che ha oggi. Quando hanno scoperto l’umanità, si sono resi conto… alcuni si sono resi conto… che esiste più di un modo di essere.

La donna parlò brevemente. Aveva la voce acuta, da contralto.

— La donna di Tsai Ama dice che è molto felice di quest’incontro. Non vede l’ora di imparare.

L’ultima donna era la più piccola e la più robusta. Quasi grassa, pensò Anna. I pannelli del vestito erano coperti di ricami: animali che si intrecciavano, verdi, dorati, argentei e azzurri. Le catenelle che chiudevano i pannelli erano multicolori, anelli d’oro e d’argento che si alternavano con anelli smaltati di verde e azzurro.

Il costume era spettacolare ma non bello. C’erano troppi colori, troppo metallo lucente, troppa opulenza.

— Lugala Minti — disse Nicholas, parlando molto sommessamente. — È la donna principale dei Lugala. Credo che sia una giusta valutazione.

— Sì — fece la voce tranquilla e profonda di Ettin Sai.

— Suo figlio Lugala Tsu è un frontista, l’unico in questa stazione, a parte Ettin Gwarha. Una donna molto importante con un figlio importante. La tratti con rispetto, Anna. Non si scherza con i Lugala.

— Sì — ripeté Ettin Sai.

La donna grassa parlò. Aveva la voce profonda come quella di Ettin Per.

— La donna di Lugala dice che lei è la benvenuta. Questo incontro è importante. Il destino di molte famiglie può dipendere da ciò che accade in questa stazione.

Male, pensò Anna. Non voleva quel genere di responsabilità.

Si sedettero, Nicholas accanto a lei. La stanza doveva essere stata preparata per quell’incontro, i mobili erano sistemati in modo che le donne sedessero in cerchio, guardandosi, mentre l’uomo sedeva su una sedia più piccola, arretrata, non proprio nel cerchio.

Ettin Per parlò per prima.

— La donna di Ettin dice: «Noi non spiamo e non ascoltiamo come fanno gli uomini. Ma questo incontro è… come dice la donna di Lugala… importante. Perciò vorremmo il suo permesso per registrarlo apertamente e in tutta onestà».

Anna guardò Nicholas. Lui parlò nella lingua degli alieni.

Ettin Per gli rispose.

— I hwarhath le daranno una copia della loro registrazione, assieme all’attrezzatura per sentirla. Vada avanti, Anna. Alla sua gente interesserà.

Lei esitò, poi annuì.

Parlò la donna piccola… Tsai Ama Ul.

Quand’ebbe finito, Nicholas tradusse. — Abbiamo imparato molte cose sulle donne umane dalle informazioni che abbiamo catturato e da Sanders Nicholas. Ma le informazioni sono incomplete e Nicholas è un uomo. Volevamo sapere per noi stesse com’è una donna umana. Volevamo scoprire cosa si prova a essere una donna tra la sua gente.