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— Non lo sappiamo, Tom. Davvero, proprio non sappiamo come comportarci, con voi. La vostra razza è unica nella storia galattica: il primo popolo che abbia imparato come si va nello spazio prima ancora di imparare a controllare la propria belligeranza. Non avevamo mai trovato prima una razza immatura che fosse capace di costruire veicoli spaziali ed armi a fusione. Di solito la maturità etica si manifesta un paio di migliaia di anni prima della maturità tecnologica. Ma non qui sulla Terra.

— Per voi, non siamo altro che un branco di bambini pericolosi, vero? — le chiese Falkner, arrossendo.

Glair cercò di assumere il tono più giocoso che le riuscì. — Temo che sia proprio così. Bambini adorabili, però, alcuni.

Falkner ignorò quella tenera allusione. — Dunque continuate ad osservarci. Ognuno di voi ha la sua sfera di influenza galattica e amerebbe indirizzarci nella sfera giusta; ma non osate farlo. E ciascuna delle due parti ha paura che l’altra si allei in qualche modo con noi. Perciò non è noi che state osservando. Vi tenete d’occhio tra voi.

— Entrambe le cose, C’è un accordo, comunque, tra noi, a proposito della Terra. Un patto. Né i Dirnani né i Kranazoi possono scendere sulla Terra, o prendere contatto dallo spazio con i terrestri. È rigorosamente proibito, mentre attendiamo che la Terra raggiunga quel grado di maturità che riteniamo indispensabile per consentirle di entrare a far parte della civiltà interstellare. Quando avrete raggiunto quella fase, gli ambasciatori incominceranno ad atterrare, srotoleranno il tappeto e si metteranno a parlare di affari. Fino ad allora gli accordi ci impediscono di avvicinarci a voi.

— E se non dovessimo mai raggiungere quel grado di maturità? — domandò Falkner.

— Continueremo ad attendere.

— E se ci distruggiamo prima con le nostre mani?

— Risolverà per noi un problema spinoso, Tom. Ti colpisce, se io ti dico che probabilmente saremmo felicissimi di un’eventualità del genere? Siete già fin troppo potenti. Quando partirete per l’esplorazione della galassia, potreste anche distruggere l’equilibrio tra Dirna e Kranaz, che regge da migliaia di anni. Noi vi temiamo. Ecco perché cercheremo di legarvi le mani con dei trattati, ma ci augureremo sempre di vedervi scomparire in una nuvola di fumo.

— Se è così che la pensate, perché non sbarcate un paio di dozzine di agitatori e non cercate di scatenare una guerra nucleare?

— Perché noi siamo un popolo civile, Tom — rispose Glair.

Falkner rimase un po’ in silenzio.

Poi domandò ancora: — Non hai infranto gli accordi, Glair, atterrando sul nostro pianeta?

— Ho fatto naufragio, non ricordi? Te lo garantisco, non ne avevo la minima intenzione.

— E permettendomi di scoprire ciò che eri veramente, allora?

— È stato necessario per poter sopravvivere. E, in base agli accordi, è molto meglio per me stare nascosta qui da te che essere esaminata in qualche ospedale governativo. In tal caso sarebbe davvero la fine.

— Ma tu mi hai raccontato ogni cosa, sulla guerra fredda galattica, sui Kranazoi e tutto il resto. Che cosa mi impedisce di preparare un rapporto completo per il SOA?

Gli occhi di Glair scintillarono. — A che ti servirebbe? Tu sai tutto sui rapporti di contatti, e sai anche come vengono ufficialmente considerati. Non passa giorno senza che qualcuno spunti fuori a raccontare di aver volato a bordo di un disco volante. Il rapporto va a finire al SOA, il SOA lo verifica, ed il risultato è zero. Non vi sono dati reali, a parte le segnalazioni degli strumenti rilevatori, le quali si limitano a dire che lassù c’è qualcosa.

— Ma se questo rapporto provenisse da un ufficiale del SOA?

— Pensaci, Tom! Non vi sono stati forse rapporti dalle persone più rispettabili? Senza dati concreti…

— Va bene, allora. Potrei portare te, insieme al mio rapporto. Ecco un Dirnano, potrei dire. Fategli qualche domanda sugli osservatori. O sui Kranazoi. Apritelo e guardate che cosa c’è sotto la sua pelle.

— Sì, potresti farlo — ammise Glair. — Solo che non lo farai. In realtà, non puoi farlo.

— No — riconobbe lui con calma. — Non posso. Se potessi, lo avrei già fatto all’inizio, invece di portarti a casa mia.

— Ed è per questo che ho avuto fiducia in te. Ed ancora ne ho. È per questo che ti ho raccontato tutti questi segreti, violando così gli accordi. Perché so che non mi tradirai, finché sarò con te. E dopo che me ne sarò andata, non avrà più importanza, poiché nessuno ti crederà. — Gli prese le mani e se le pose sui seni. — Ho ragione?

— Hai ragione, Glair. Solo… quando hai intenzione di andartene da me?

— Le mie gambe sono quasi guarite.

— Dove andrai?

— Devono esserci delle squadre di soccorso alla mia ricerca. Tenterò di mettermi in contatto con loro. O di trovare gli altri componenti del… — ebbe un attimo di esitazione — … del mio gruppo sessuale.

— Non vuoi restare, vero?

— Per sempre?

— Sì. Restare qui, e vivere con me.

Glair scosse dolcemente la testa. — Mi piacerebbe, Tom. Ma non sarebbe possibile. Io non appartengo a questo luogo, e le differenze tra di noi ucciderebbero chiunque.

— Ho bisogno di te, Glair. Ti voglio. Ti amo.

— Lo so, Tom. Ma cerca di essere realistico. Come ti sentirai, quando tu invecchierai ed io no?

— Tu non invecchierai?

— Tra cinquant’anni avrò lo stesso aspetto che ho oggi.

— Tra cinquant’anni io sarò morto — disse lui con un filo di voce.

— Vedi? E poi io ho la mia gente. I miei… amici.

— I tuoi compagni. Sì. Hai ragione, Glair. Navi che passano nella notte, ecco che cosa siamo. Non devo prendermi gioco di me stesso, illudendomi che tutto questo possa durare. Dovrei smetterla con questa mia licenza e tornare al SOA. E dovrei anche cominciare a dirti addio. — Le sue mani la afferrarono selvaggiamente. — Glair!

Lei lo abbracciò.

— Non voglio dirti addio. Non voglio restituirti alle stelle — le disse, e la strinse ancor più a sé. Glair sentì il tremito della disperazione che lo attraversava, e si aprì a lui, consolandolo nell’unico modo che conosceva.

Mentre ciò avveniva, lei pensò a Vorneen ed a Mirtin, e si domandò se erano ancora vivi. Pensò di lasciare quella casa e di andarli a cercare. Pensò a Dirna. Pensò alla nave che era andata distrutta, con il suo piccolo giardino e la sua piccola galleria di opere d’arte Dirnane.

Poi strinse con le mani l’ampia schiena di Falkner e cercò di scacciare quei pensieri dalla sua mente. Sul momento, almeno, ci riuscì. Sul momento.

CAPITOLO DICIOTTESIMO

Tutto quello che ci voleva, si disse David Bridger, era un po’ di intelligenza e molta perseveranza. Cosa c’era di così difficile nel rintracciare quel Dirnano? Bastava tenere le orecchie aperte, fare grandi sorrisi, rivolgere qualche domanda, e la cosa era fatta.

Naturalmente, non aveva ancora messo di fatto gli occhi su nessun Dirnano. Ma era ben certo di averne trovato almeno uno, ed in breve ne avrebbe avuto la conferma. Il primo, forse, avrebbe potuto condurlo dagli altri due. In ogni caso, già l’averne trovato uno era una grossa impresa. L’agente Kranazoi sogghignò e si tormentò tutto soddisfatto le pesanti mascelle. Tra poco, pensava, si sarebbe messo in contatto con la nave ed avrebbe trasmesso la notizia a Bar-79-Codon-zzz. Lei gli avrebbe dovuto un bel po’ di scuse, quando avesse saputo che era riuscito nella sua missione!

Si rannicchiò nella sua macchina parcheggiata e tenne gli occhi fissi sulla casa del colonnello Falkner.

Mettere insieme la storia era stata una faccenda piuttosto complicata. Per prima cosa gli era giunta all’orecchio la voce che nel deserto erano atterrati degli esseri di un disco volante… abbastanza vero. Poi aveva sentito dire che un certo ufficiale del SOA aveva preso parte alla ricerca ed aveva trovato qualcosa, ma invece di fare rapporto l’aveva deliberatamente tenuto nascosto. Quella era la diceria che Bridger aveva raccolto nella sala da cocktail. A quanto sembrava, l’ufficiale del SOA era andato in perlustrazione nel deserto con un mezzo cingolato e ne era ritornato con qualcosa o qualcuno. L’unico testimone era stato l’autista del cingolato, il quale non era un individuo molto sveglio, ma aveva capito che doveva essere successo qualcosa di strano. L’autista — così si diceva — era stato immediatamente trasferito ad una remota base militare nel nord del paese, ma non prima di essersi lasciato sfuggire qualche parola.