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Dormirono poco, quella notte, e Vorneen imparò una quantità di cose sulle tecniche erotiche nord-americane. Verso il mattino udì Kathryn mormorare con voce assonnata: — Ti amo, Vor, ti amo, ti amo!

Be’, anche quello poteva far parte del rituale, si disse. E si domandò se avrebbe dovuto rispondere sullo stesso tono, ma poi decise di no. Come essere di un altro mondo, non gli veniva richiesto di seguire i rituali indigeni, e se l’avesse fatto avrebbe anche potuto apparire falso. Il seduttore di successo — l’aveva imparato in gioventù — è sempre sincero… quando la sincerità è apprezzata.

Dopo di ciò, Kathryn dormì insieme a lui ogni notte, e furono davvero notti movimentate. Di giorno lei lo aiutava a rieducare la gamba. Gli procurò un bastone per appoggiarsi, benché lui preferisse sostenersi al suo braccio; Vorneen riuscì a superare le vertigini, irrobustì i suoi muscoli, e cominciò a muoversi con una certa disinvoltura. La gamba zoppicava ancora, ma la cosa si sarebbe risolta da sola. Kathryn gli diede un vestito da indossare, evidentemente per salvare la decenza davanti alla bambina. La stessa Kathryn non sembrava più oppressa da tabù di sorta. Vorneen la vide divenire più felice e raggiante giorno dopo giorno, notte dopo notte.

Lei parlava molto dell’amore che provava nei suoi confronti; parlava molto poco, invece, del luogo d’origine di Vorneen e degli scopi della sua presenza sulla Terra.

Vorneen accettò distrattamente quelle parole d’amore, ritenendole parte del gioco ma poi, a un certo punto, si accorse di aver attraversato a sua volta il ponte senza accorgersene, e capì che quello che per lui era stato un semplice passatempo si era trasformato in un’unione emotiva. Lo scoprì quando gli venne in mente che da un momento all’altro poteva far ritorno tra la sua gente. Un pensiero stupendo… finché non si rese conto, con una inattesa fitta di dolore, che ciò significava separarsi da Kathryn. Non voleva separarsi da lei. Desiderava con tutte le sue forze rimanere insieme a lei. Considerava con sgomento l’idea del distacco. Il che significava che si era innamorato di lei.

Come era successo?

Era una cosa impensabile. Lui era biologicamente differente da Kathryn. Era andato a letto con lei soltanto per sapere se era una cosa possibile. Quelle spinte e quei mugolii… come avevano potuto creare un legame emotivo fra un Dirnano ed una terrestre? La sola idea era incredibilmente stupefacente. Vorneen sapeva che alcuni Dirnani avrebbero considerato perversa una relazione come quella, mentre altri gli avrebbero bruciato il cervello all’istante. Ma, di fronte agli eventi, si sentiva impotente. Non aveva mai preso in considerazione un’ipotesi del genere.

Innamorato? Di una terrestre?

Gli accordi non proibivano in maniera esplicita i rapporti sessuali fra gli osservatori e gli osservati, poiché coloro che li avevano stilati non avevano ritenuto effettivamente possibile che una relazione simile potesse verificarsi. Vorneen trasse ben poco conforto dall’idea che quanto aveva fatto non era tecnicamente illegale. Sospettava che di lì a poco avrebbe dovuto lasciare la Terra. E allora che cosa sarebbe stato di Kathryn? E di lui?

CAPITOLO QUINDICESIMO

La missione di soccorso era composta da sei Dirnani, divisi in due squadre di tre. Ciascuna comprendeva un gruppo sessuale completo: maschio-femmina-femmina nel primo caso, maschio-femmina-maschio nell’altro. Penetrarono nel Nuovo Messico il giorno dopo l’esplosione e cominciarono a setacciare lo Stato alla ricerca dei tre possibili superstiti. Il loro compito sarebbe stato più semplice se i segnali dei comunicatori li avessero guidati.

Potevano solo basarsi su delle probabilità, oltreché su un segnale molto distorto. I calcolatori, in base a tutti gli elementi in loro possesso, avevano stabilito che i tre Dirnani dovevano essere atterrati approssimativamente nel centro dello Stato: uno nei paraggi di Albuquerque, uno molto vicino a Santa Fe ed uno ad occidente della linea che univa gli altri due, formando così un triangolo vagamente equilatero. Ma il meglio che i calcolatori avevano potuto offrire in termini di localizzazioni vere e proprie era una zona determinata con una possibilità d’errore in eccesso o in difetto di trenta chilometri. Il che non era troppo incoraggiante.

La squadra di soccorso guidata da Furnil aveva un leggero vantaggio sull’altra. Provenendo dal nord, i tre Dirnani potevano seguire il leggerissimo, irregolare pigolio del comunicatore danneggiato, e così avevano almeno una traccia iniziale. Il segnale del comunicatore era poco più che un rumore vago ed appena udibile, e copriva parecchie lunghezze d’onda, ma era pur sempre un punto di partenza. Diceva loro che uno dei tre Dirnani precipitati sulla Terra era quasi certamente atterrato a pochi chilometri dal Rio Grande, non lontano da Santa Fe, in direzione sud, e che era ancora vivo… poiché il comunicatore doveva essere riattivato ogni volta che veniva emesso un segnale.

Trovarlo non era facile, tuttavia. I Dirnani fissarono immediatamente il loro avamposto di comando in un motel nei sobborghi meridionali di Santa Fe e misero in funzione i loro strumenti portatili di rilevazione, nella speranza di riuscire a chiarire il segnale e di risalire fino alla fonte. Tentarono di fattorizzare la distorsione e di restringere i vettori di ricerca. I loro primi calcoli rivelarono che l’osservatore naufragato poteva aver preso terra nelle vicinanze del villaggio di Cochiti, ma ciò si dimostrò sbagliato… oppure che, se pure il Dirnano era atterrato lì, gli indiani lo tenevano ben nascosto. Una correzione radicale nei vettori spostò la localizzazione dell’osservatore al di là del Rio Grande, accanto alle rovine del villaggio di Pecos; una rapida puntata in quel luogo diede risultati negativi, ed un riesame rivelò che anche quel calcolo era sbagliato. Il segnale proveniva dalla sponda occidentale del fiume.

Continuarono a cercare.

L’altro gruppo, che operava nella zona di Albuquerque, non aveva alcun punto di partenza se non la garanzia dei calcolatori che l’oggetto delle loro ricerche si trovava in quell’area. I loro strumenti rimanevano del tutto silenziosi, e dovettero servirsi di altri sistemi: domande molto prudenti, studio dei rapporti stilati dalla polizia e dai militari, annunci astutamente parafrasati pubblicati sui giornali. Ma non vi fu alcun risultato.

Questo gruppo era guidato da un maschio di nome Sartak che faceva mostra di un corpo terrestre robusto e fin troppo virile. Erano con lui due femmine Dirnane: una un po’ più anziana di lui, l’altra più giovane, alla sua prima missione come osservatrice ed anche al suo primo gruppo sessuale. Si chiamavano Thuw e Leenor. Quest’ultima aveva un’aria innocente ed amichevole che la rendeva utilissima per ottenere informazioni dalla gente. Sartak la spedì all’ufficio di Albuquerque del Culto del Contatto per vedere se riusciva a trovare lì qualcosa di interessante. Come tutti i Dirnani, Sartak nutriva un sincero disprezzo per la cinica inconsistenza dell’organizzazione di Frederic Storm; ma era pur sempre lontanamente possibile che qualche cittadino avesse scoperto un galattico ferito ed avesse preferito riferire il fatto all’organizzazione invece che alle autorità militari. Sartak non poteva permettersi di trascurare nessuna possibilità.

Stava programmando uno dei suoi strumenti di rilevazione, quella sera tardi, quando Leenor telefonò, fuori di sé per l’agitazione.

— Ho appena lasciato il Culto del Contatto — disse con voce ansimante. — Lì non sanno nulla di nulla. Ma… oh, Sartak, dobbiamo fare qualcosa!

— A che proposito?

— A proposito della spia Kranazoi!

Sartak fulminò con lo sguardo il video-telefono. — Che cosa?

— Era anche lui in quel luogo. Ne ho sentito l’odore al di là della stanza. Si fa chiamare David Bridger, è grasso e brutto, ed anche lui sta cercando i superstiti!