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A fatica, scese quindi le scale fino al suo piano, senza incontrare nessun servitore, rientrò incespicando nella sua camera e si richiuse la porta alle spalle. Sentendo il ventre che si contraeva dolorosamente, usò poi il pitale, che si riempì di spaventosi grumi di sangue. Tremando, si lavò le mani nella bacinella e, quando aprì la finestra per gettar via l’acqua sporca di sangue, costrinse un paio di corvi a sloggiare dal suo davanzale.

Bloccata col chiavistello la finestra, si diresse verso il letto, abbandonandosi poi su di esso e avvolgendosi nel copriletto. Continuava a tremare. In lontananza, sentiva i servitori del castello, ormai svegli, che passavano nei corridoi per consegnare acqua, lenzuola o pitali, salendo e scendendo le scale e chiamandosi a bassa voce. Forse Iselle, al piano di sopra, era già sveglia… Probabilmente la stavano lavando e vestendo. La legavano con fili di perle e la incatenavano coi gioielli in modo che fosse pronta per il suo spaventoso appuntamento con Dondo. La Royesse era riuscita a dormire un poco, oppure aveva pianto per tutta la notte, pregando quegli Dei che sembravano ignorare le sue suppliche? E Betriz… Si era forse procurata un altro pugnale? Cazaril sapeva che sarebbe stato suo dovere andare da Iselle, per darle almeno un po’ di conforto, ma, alla luce del suo fallimento, non se la sentiva di affrontare né lei né Betriz. Raggomitolandosi su se stesso, serrò gli occhi, in preda al dolore.

Era ancora disteso a letto, col respiro che usciva in una serie di ansiti, quando nel corridoio echeggiò un rumore di piedi calzati di stivali, poi la porta della sua stanza si spalancò con violenza e il Cancelliere dy Jironal apparve sulla soglia. «So che è stato lui!» ringhiò. «Dev’essere stato lui!»

I passi avanzarono sul pavimento di legno. Il copriletto venne tirato via di scatto. Girandosi, Cazaril fissò con sorpresa il volto arrossato di dy Jironal, che lo guardò a sua volta, stupefatto e disse, in tono indignato: «Siete vivo!»

Una mezza dozzina di cortigiani, tra cui Cazaril riconobbe anche un paio dei bravacci di Dondo, si accalcarono intorno a dy Jironal, guardando con pari meraviglia lo sconcertato Castillar e tenendo la mano sull’impugnatura della spada, quasi fossero pronti a ucciderlo a un minimo cenno del Cancelliere. Il Roya Orico, più arretrato rispetto al minaccioso gruppetto, stava immobile, in camicia da notte e con un trasandato mantello chiuso al collo dalle dita grassocce. Spostando lo sguardo su di lui, Cazaril si accorse che Orico aveva un aspetto… strano. Sempre più perplesso, sbatté le palpebre e si sfregò gli occhi, eppure continuò a vedere una sorta di aura, fatta non di luce, bensì di oscurità, intorno alla figura del Roya. Lo vedeva con chiarezza, quindi non poteva paragonare quell’oscurità a una nebbia, perché essa non velava minimamente i suoi tratti… Tuttavia lo avvolgeva come un indumento, muovendosi insieme con lui.

Mordendosi un labbro per il disappunto, dy Jironal fissò Cazaril con occhi penetranti. «Se non sei stato tu… chi, allora? Dev’essere stato qualcuno… qualcuno vicino a… a quella ragazza! Quell’immonda, piccola assassina!» esclamò, poi si volse di scatto e uscì a precipizio, segnalando con un gesto secco ai suoi uomini di seguirlo.

«Che succede?» domandò Cazaril a Orico, che si era girato a sua volta per uscire dietro agli altri.

«Il matrimonio è annullato», rispose Orico, lanciandogli un’occhiata da sopra la spalla e allargando le mani in un gesto di sconcertata impotenza. «La scorsa notte, verso mezzanotte, Dondo dy Jironal è stato assassinato… tramite una magia di morte.»

Cazaril aprì la bocca per replicare, ma riuscì a emettere soltanto un flebile «Oh!» Poi si accasciò sul letto, stordito, mentre Orico s’incamminava per seguire il suo Cancelliere. Non capisco, rifletté Cazaril, sempre più confuso. Se Dondo è morto e io sono vivo, non mi può essere stato concesso un miracolo di morte. D’altro canto, Dondo è morto. Come può essere accaduto?

L’unica spiegazione era che qualcuno aveva celebrato lo stesso rito prima di lui. Betriz… Il suo cervello arrivò infine alla stessa conclusione cui dy Jironal era già giunto. Possibile che si trattasse di Betriz?

Con un gemito interiore, Cazaril si alzò di scatto dal letto, cadde pesantemente sul pavimento e si rialzò, incamminandosi con passo barcollante per seguire la piccola folla di cortigiani infuriati e arrivando nell’anticamera, intasata di gente, in tempo per sentire le richieste di dy Jironal.

«Allora falla uscire, in modo che la possa vedere!» stava tuonando il Cancelliere, rivolto all’arruffata Nan dy Vrit che, per quanto spaventata, stava bloccando la porta di accesso alle stanze interne col proprio corpo, come se intendesse difendere un ponte levatoio. Quando Betriz apparve alle spalle di Nan, fissando gli invasori con aria accigliata, Cazaril quasi svenne per il sollievo. Mentre la dama di compagnia era in camicia da notte, Betriz indossava ancora lo stesso abito di lana verde della notte precedente e, a giudicare dall’aria stanca e scomposta, non aveva chiuso occhio. A ogni buon conto era viva!

«Perché state facendo tutto questo chiasso, mio signore?» domandò Betriz, gelida. «È una cosa sconveniente e poco consona all’ora.»

Sconcertato, dy Jironal socchiuse le labbra, e, dopo un momento, tuonò: «Dov’è la Royesse? Devo vederla!»

«Sta dormendo per la prima volta da giorni, e non intendo disturbarla, considerato che i suoi sogni ben presto si tramuteranno in incubi», dichiarò Betriz.

«Non volete disturbarla?» sibilò dy Jironal. «Vi sto chiedendo se potete svegliarla!»

Per gli Dei, possibile che Iselle abbia… pensò Cazaril, atterrito. Ma non ebbe il tempo di abbandonarsi al panico, perché Iselle sopraggiunse alle spalle delle due dame, si fece largo tra loro e avanzò nell’anticamera, fronteggiando dy Jironal. «Non sto dormendo, mio signore. Che cosa volete?» domandò, sfiorando con lo sguardo Orico, che si teneva ai margini della folla. Ma gli occhi della giovane tornarono subito su dy Jironal. Non c’erano dubbi su chi la stesse forzando a contrarre quel matrimonio.

Dy Jironal spostò lo sguardo dall’una all’altra donna, entrambe innegabilmente vive, poi si girò di scatto a fissare ancora Cazaril, che stava guardando Iselle con aria interdetta, giacché aveva scorto intorno a lei un’aura simile a quella di Orico. Nel caso di Iselle, però, essa appariva più disturbata, un ribollire di oscurità mista a un luminoso azzurro. Si rammentò di un’aurora che gli era capitato di contemplare nei lontani cieli del sud…

«Chiunque sia stato e ovunque lo abbia fatto, troverò il cadavere di quell’ignobile vigliacco, a costo di passare al setaccio tutta Chalion», ringhiò dy Jironal.

«Poi cosa farai?» domandò Orico, accarezzandosi le grasse guance non rasate. «Lo impiccherai?» E inarcò un sopracciglio con fare ironico.

Per tutta risposta, dy Jironal gli rivolse un’occhiata furente e, momentaneamente sconfitto, uscì a grandi passi dalla stanza.

Nello spostarsi di lato per far passare lui e il suo seguito, Cazaril continuò a osservare Orico e Iselle, confrontando quelle due… Che cos’erano? Allucinazioni, forse? Non sapeva come altro definirle: intorno a lui, nessun altro pulsava di oscurità in quel modo. Forse sono malato, si disse. O magari sto impazzendo.

Non appena i cortigiani se ne furono andati e Nan ebbe chiuso la porta alle loro spalle, Iselle si rivolse al Castillar e, con voce tremante, chiese: «Cazaril… Cos’è successo?»

«La scorsa notte, qualcuno ha ucciso Dondo dy Jironal con la magia di morte.»

Iselle socchiuse le labbra e si serrò le mani sul cuore, come una bambina cui fosse appena stata promessa la realizzazione del suo più grande desiderio. «Oh! Oh! Oh, questa sì, che è una notizia gradita!» esclamò. «Oh, sia ringraziata la Signora, sia ringraziato il Bastardo… Manderò splendidi doni per il suo altare… Oh, Cazaril, chi…?»