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Un ba normale, un servitore dell’Impero, sarebbe morto prima di abbandonare un carico di feti haut. E, anche se questo era stato addestrato come agente speciale, perché passare tutto quel tempo a prelevare i campioni di quei feti che stava per abbandonare e forse anche per distruggere? Ogni haut concepito aveva il suo DNA in qualche archivio nella banca genetica centrale del Nido Celeste. Ne potevano fare altri, senza problemi. Cosa rendeva questa nidiata tanto preziosa?

Sentendosi impotente, cominciò a immaginare piccoli parassiti geneticamente modificati che si moltiplicavano freneticamente nel suo circolo sanguigno. Non era certo di essere stato infettato con lo stesso orribile parassita di Bel. Sì, come no, potrebbe anche essere qualcosa di peggio. Ma una neurotossina di progetto cetagandano, o anche un normale veleno, di certo avrebbe dovuto agire più in fretta di così. Sicuro, se è una droga progettata per spingere la vittima verso la paranoia, sta funzionando proprio bene. Che il diabolico repertorio del ba fosse limitato? E se ne possedeva uno, perché non molti altri? Qualunque stimolante o ipnotico fosse stato usato su Bel, non doveva essere qualcosa di inconsueto, in termini di armamentario spionistico.

Quanti altri sofisticati trucchi biologici nascondeva come assi nella manica? E sarebbe toccato a lui dimostrare qual era il prossimo?

Vivrò abbastanza a lungo da poter dire addio a Ekaterin? Un bacio d’addio era da escludere, a meno che non premessero le labbra sui lati opposti di una lastra di vetro. Aveva così tanto da dirle, che non avrebbe saputo da dove cominciare. E ancora più impossibile farlo solo a voce, su un canale aperto e pubblico. Prenditi cura dei bambini. Dagli il bacio della buonanotte per me ogni sera, e digli che li ho amati anche se non li ho mai visti. Non sarai sola… i miei genitori ti aiuteranno. Di’ ai miei genitori… raccomanda…

Che quella maledetta cosa stesse già cominciando a fare effetto, oppure il panico ardente e le lacrime che gli soffocavano la gola erano solo opera della sua suggestione?

Canale aperto oppure no, io adesso la chiamo…

Invece, gli giunse la voce di Venn. — Lord Vorkosigan, passi sul canale dodici. L’ammiraglio Vorpatril la vuole, urgentemente.

Miles sibilò fra i denti e cambiò la sintonia nel comunicatore del casco. — Qui parla Vorkosigan.

— Vorkosigan, idiota…! — Nell’ultima ora l’ammiraglio si era perso per strada qualche titolo onorifico. — Che diavolo sta succedendo lì? Perché non risponde al comunicatore da polso?

— È all’interno della mia tuta di contenimento biologico e in questo momento non è raggiungibile. L’avverto, signore, che questo è un canale aperto e pubblicamente accessibile. — Dannazione, e da dove veniva quel signore? Abitudine, vecchia e cattiva abitudine. — Può chiedere al capitano Clogston di aggiornarla attraverso il collegamento a fascia stretta della sua tuta militare, ma che sia un aggiornamento breve. Il capitano è molto occupato in questo momento e non voglio che venga distratto.

Vorpatril imprecò, forse in direzione dell’Ispettore Imperiale o forse genericamente, la cosa era ambigua, e chiuse la comunicazione.

Nella nave si propagò finalmente il suono che Miles aspettava: il tonfo e il sibilo delle porte stagne che si chiudevano, dividendo l’intero scafo in compartimenti. Bene! I quad erano arrivati al ponte di comando. Ma Roic non era ancora tornato. L’armiere avrebbe dovuto mettersi in contatto con Venn e Greenlaw per farsi aprire il passaggio fino a…

— Vorkosigan — chiamò Venn con voce tesa. — È stato lei?

— Sono stato io cosa?

— A chiudere i compartimenti.

— Non siete… — Miles cercò, senza successo, di abbassare la sua voce fino a un timbro più ragionevole. — Non siete ancora arrivati sul ponte di comando?

— No, siamo tornati alla zona Due per prendere il nostro equipaggiamento. Stavamo proprio per andarcene.

Con il cuore che batteva, Miles sentì spuntare un’ultima speranza. — Roic — chiese urgentemente. — Dove sei?

— Non sul ponte di comando, Milord — rispose Roic.

— Ma se noi siamo qui, e lui è lì, chi sta facendo questo? - disse la voce infelice di Leutwyn.

— Chi pensi che sia? — ringhiò Greenlaw. E con un sospiro di angoscia: — Siamo in cinque, e non uno che abbia pensato a chiudersi la porta alle spalle quando siamo usciti… maledizione!

Un lieve grugnito desolato, come di un uomo colpito da una freccia, suonò all’orecchio di Miles: Roic.

Miles ordinò: — Chiunque controlli il ponte di comando, ha accesso anche a questi canali, o lo avrà fra poco. Chiudiamo subito le comunicazioni.

I quad avevano tra loro un collegamento indipendente; e così Vorpatril, attraverso le loro tute, con i medici. Miles e Roic sarebbero stati gli unici a rimanere isolati.

Poi, all’improvviso, ogni suono nel suo casco cessò. Dunque il ba aveva trovato i controlli delle comunicazioni!

Miles balzò verso il pannello del controllo ambientale dell’infermeria, lo aprì e azionò freneticamente ogni controllo manuale. Con la porta esterna chiusa, avrebbero potuto mantenere la pressione atmosferica, anche se la circolazione era bloccata. I medici nelle loro tute non avrebbero avuto problemi. Guardò con riluttanza il compartimento dei baccelli. Il dormitorio biosigillato già funzionava su una circolazione interna, grazie a Dio, e avrebbe continuato a funzionare così… fintanto che la nave era alimentata. Ma come potevano mantenere al freddo Bel, se dovevano rinchiuderlo in un baccello?

Si avvicinò alla porta del bagno, e urlò attraverso il lunotto: — Abbiamo perso le comunicazioni con la nave. Comunicate solo attraverso i canali militari a fascia stretta.

— Ho sentito — urlò Clogston in risposta.

— Come va con il sistema di filtraggio-raffreddamento?

— La parte del raffreddamento è fatta. Stiamo ancora lavorando sul filtro. Vorrei avere portato più braccia, anche se devo dire che non c’è posto per altri, qui dentro.

— Ci sono quasi, penso — sentì gridare il tecnico. — Controlli quello, signore. — Fece un gesto in direzione di uno degli analizzatori, sul quale si era accesa una serie di luci intermittenti.

Clogston si chinò sulla macchina. Dopo un attimo mormorò: — Oh, questo sì che è ingegnoso.

Miles, che era vicino alla porta, abbastanza da poter sentire quello che dicevano, non lo trovò particolarmente rassicurante. — Cosa è ingegnoso?

Clogston indicò il pannello dell’analizzatore, che mostrava una serie incomprensibile di lettere e numeri colorati vivacemente. — Non capivo come i parassiti potessero sopravvivere in una matrice di quell’enzima che ha corroso i guanti della sua tuta. Ma erano microincapsulati.

— Cosa?

— È il metodo standard per somministrare un farmaco attraverso un ambiente ostile, come lo stomaco, o magari il flusso sanguigno, fino all’organo bersaglio. Solo che in questo caso è stato usato per somministrare una malattia. Quando la sostanza microincapsulata esce dalla zona ostile per entrare, chimicamente parlando, in quella amica, si apre, e rilascia il suo contenuto. Niente perdite, niente sprechi.

— Oh! Fantastico. Sta dicendo che ho nel sangue la stessa sostanza di Bel?

— Ehm. — Clogston diede un’occhiata al crono sulla parete. — Quanto tempo è passato dal momento in cui ha toccato quella consolle, Milord?

Miles seguì il suo sguardo. — Più o meno mezz’ora?

— Potrebbero già essere rilevabili nel sangue.

— Controlliamo.

— Deve aprire la tuta per un prelievo in vena.

— Va bene, ma controlliamo subito. E in fretta.

Miles slacciò la fasciatura del polso sinistro, e osservò il medico che effettuava il prelievo di sangue. Dovette ammettere che aveva una buona manualità, nonostante indossasse i guanti anticontaminazione.

Subito dopo Clogston infilò l’ago nell’analizzatore e trasferì il sangue prelevato nella macchina.