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«Garse è più Kavalar di me, t’Larien. Lo è sempre stato. E adesso ancor più di prima, dato che io non sono più un Kavalar dopo quello che ho fatto. I vecchi usi insegnano che il teyn di un uomo debba portare la morte ad un infrangi-duelli, non meno degli altri. È un uso che può essere seguito solo dai più forti. Per molti, il vincolo del ferro-e-pietraluce è troppo stretto, per cui li si lascia da soli a piangere. Comunque Garse Janacek è un uomo molto forte, in un certo senso anche più forte di me. Non so. Non so».

«E se ci venisse dietro?».

Vikary parlò con calma. «Non potrei sollevare un’arma contro Garse. Lui è il mio teyn, anche se io non sono più il suo e gli ho fatto già abbastanza male, ho causato il suo fallimento, gli ho gettato addosso la vergogna. Per causa mia lui ha dovuto sopportare una dolorosa ferita per la maggior parte della sua vita da adulto. Una volta, quando eravamo giovani tutti e due, un uomo più anziano accusò offesa per uno dei suoi scherzi e lanciò la sfida. Il modo era il colpo-solo e combattemmo teynati e nella mia saggezza non proprio infinita, convinsi Garse che avremmo dimostrato il nostro onore se avessimo sparato in aria. Purtroppo facemmo proprio così. Gli altri due decisero di insegnare una lezione di umorismo a Garse. Con mia grande vergogna mi lasciarono illeso, mentre lui venne sfigurato a causa della mia stupidità.

«Eppure non mi ha mai rimproverato. La prima volta che lo vidi dopo il duello, quando stava ancora riprendendosi dalle ferite, mi disse: "Avevi ragione Jaantony, hanno proprio mirato in aria anche loro. peccato che abbiano sbagliato la mira"». Vikary rise, ma Dirk lo guardò e vide che aveva gli occhi pieni di lacrime, la bocca tesa e amara. Però non piangeva; con uno sforzo di volontà immenso riuscì a tenere indietro le lacrime.

All’improvviso Jaan si voltò e ritornò dentro, lasciando Dirk da solo sul balcone con i venti della bianca città del crepuscolo e la musica di Lamiya-Bailis. Lontano, sull’orizzonte si alzavano le bianche mani tese, che trattenevano la foresta usurpante. Dirk le studiò, pensoso, riflettendo sulle parole di Vikary.

Dopo qualche minuto il Kavalar ritornò, con gli occhi asciutti e la faccia priva di emozioni. «Mi dispiace», cominciò.

«Non è necessario…».

«Dobbiamo arrivare al punto cruciale, t’Larien. Che Garse mi dia la caccia o no, abbiamo sempre dei vantaggi formidabili. Abbiamo le armi, ammesso che ci sia da combattere, ma non c’è chi le può usare. Gwen è una brava tiratrice, abbastanza coraggiosa, ma è ferita e non sta bene in piedi. E tu… mi posso fidare di te? Te lo dico chiaro. Ho già avuto fiducia in te una volta e tu mi hai tradito».

«Come faccio a rispondere a questa domanda?», disse Dirk. «Tu non sei costretto a credere a tutte le promesse che faccio. Ma anche i Braith mi volevano uccidere, ti ricordi? E volevano uccidere anche Gwen. O magari credi che avrei tradito anche lei con la stessa…». Si fermò terrorizzato da ciò che stava dicendo.

«… con la stessa facilità con cui lo hai fatto a me», terminò per lui Vikary con un sorriso duro. «Sei piuttosto schietto. No, t’Larien, non penso che tu avresti tradito Gwen. Comunque non pensavo che tu ci avresti abbandonato, nemmeno quando io ti avevo nominato keth e tu avevi accettato il nome. Noi non avremmo duellato, se non fosse stato per te».

Dirk annui. «Lo so. Forse ho fatto un errore. Non lo so. Però sarei morto, se avessi avuto fiducia in te».

«Moriva un keth di Ferrogiada, con onore».

Dirk sorrise. «Gwen mi attraeva più della morte. Speravo che tu lo avresti capito questo».

«Infatti. Alla fine lei è ancora in mezzo a noi. Guarda in faccia la realtà, renditene conto. Prima o poi lei dovrà scegliere».

«Lei aveva scelto, Jaan, quando era venuta via con me. Tu devi tener conto di questa realtà». Dirk lo disse in fretta, cocciutamente; si chiese fino a che punto ci credeva lui stesso.

«Ma lei non ha tolto la giada-e-argento», rispose Vikary. Poi fece un gesto impaziente. «Ma questo non è importante. Per questa volta ti voglio credere».

«Bene. Che cosa vuoi che faccia?».

«Qualcuno deve volare fino a Larteyn».

Dirk corrugò la fronte. «Perché continui a volermi spingere al suicidio, Jaan?».

«Non ho detto che avresti dovuto essere tu, t’Larien», disse Vikary. «Ci andrò io. Sarà pericoloso, sì, ma bisogna farlo».

«Perché?».

«Il Kimdissi».

«Ruark?». Dirk sì era quasi dimenticato il suo antico ospite co-cospiratore.

Vikary annuì. «È stato amico di Gwen fin dai tempi di Avalon. Anche se non gli sono mai piaciuto, né lui piace a me, tuttavia non posso abbandonarlo completamente. I Braith…».

«Capisco. Ma come farai ad avvicinarlo?».

«Se riesco a raggiungere sano e salvo Larteyn, lo posso chiamare al visifono. Per lo meno lo spero». Diede una spallucciata, vaga e fatalistica.

«Ed io?».

«Resta qui con Gwen. Fagli dà infermiere, proteggila. Ti lascerò uno dei fucili di Roseph. Se lei si ristabilisce un po’, faglielo usare. Probabilmente lei è più capace di te. Sei d’accordo?».

«D’accordo. Non ci vuol molto a fare ciò che mi chiedi».

«No», disse Vikary. «Spero che tu sappia restare nascosto, al sicuro, fino a quando io ritornerò con il Kimdissi. Spero di trovarti come quando ti ho lasciato. Se fosse necessario scappare, per te, hai sempre a disposizione quell’altra aerauto. C’è una caverna da queste parti che Gwen conosce benissimo. Lei ti mostrerà la strada. Va alla caverna se sei costretto ad abbandonare Kryne Lamiya».

«Che cosa faccio se tu non torni indietro? È anche questa una possibilità, sai».

«in questo caso sarai di nuovo per conto tuo, come quando sei scappato la prima volta da Larteyn. Allora avevi dei progetti. Segui quelli, se ti sarà possibile». Fece un sorriso, ma non c’era il minimo divertimento. «Comunque, conto di ritornare. Ricordatelo bene, t’Larien. Ricordatelo».

C’era una nota sottile di acciaio acuminato nella voce di Vikary, un’eco che gli fece venire in mente un’altra conversazione fatta nello stesso vento algido. Le vecchie parole di Jaan, gli ritornarono alla mente con improvvisa chiarezza: ma io esisto. Ricordalo… Questo adesso non è Avalon, t’Larien ed oggi non è ieri. È un mondo di festival morente, un mondo senza leggi, per cui ognuno di noi deve aggrapparsi strettamente ai suoi propri codici, quelli che si è portato dentro. Ma Jaan Vikary, pensò violentemente Dirk, aveva portato due codici con sé quando era venuto su Worlorn.

Invece Dirk non se ne era portato nessuno, non aveva portato niente, tranne il suo amore per Gwen Delvano.

Gwen dormiva ancora quando i due uomini rientrarono dal balcone. I due camminarono assieme verso la terrazza d’atterraggio, senza disturbare la donna. Vikary aveva completamente spacchettato la macchina dei Braith. Roseph ed il suo teyn avevano preparato tutto per una spedizione di caccia, ovviamente breve, all’interno della foresta, ma poi tutto era andato all’aria. Dirk pensò che era un peccato che non avessero previsto un viaggio più lungo.

Comunque, Vikary aveva trovato solo quattro dure barrette di proteina al posto del cibo, più i due laser da caccia e qualche vestito che era stato messo sopra i sedili, Dirk mangiò immediatamente una delle barrette — era affamato — e fece scivolare le altre tre nella tasca del pesante giaccone che aveva indossato. Gli stava un po’ largo, ma non gli andava male; il teyn di Roseph aveva approssimativamente la taglia di Dirk. E poi era caldo… di cuoio spesso, tinto di rosso porpora, con il colletto, i polsi e le bordure di pelliccia bianca maculata. Entrambe le maniche del giaccone avevano dei disegni vorticanti disegnati sopra. La manica destra era rossa e nera, la sinistra argento e verde. Una giacca simile, ma più piccola (indubbiamente di Roseph), fu presa da Dirk con l’intenzione di farla usare a Gwen.