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Rosse gocce piene di amore, avvolte nell’argento e nel velluto, che bruciavano ferocemente fredde.

La faccia di Jaan: zigomi alti, la mascella quadrata, i capelli neri, facile al sorriso. La sua voce era calma come l’acciaio, sempre dello stesso tòno: ma io esisto.

La bianca torre fantasma di Kryne Lamiya, che ululava, derideva, cantava una luminosa disperazione mentre un lontano tamburo batteva i suoi rombi bassi senza senso. In mezzo a tutto questo, la sfida, la soluzione. Per un istante, seppe che cosa dire.

La faccia di Garse Janacek: distante (gli occhi azzurro fumo, il capo tenuto rigido, la bocca dura), ostile (ghiaccio nelle orbite, un sorriso selvatico che giocava sulla sua barba), pieno di amaro umorismo (gli occhi che si spalancavano, i denti snudati nel suo ghigno mortale).

Bretan Braith Lantry: un tic ed un occhio di pietraluce, una figura di terrore e di pietà con un bacio freddo e terribile.

Vino rosso nei calici di ossidiana, vapori che facevano piangere gli occhi, bevendo in una stanza piena di cannella e di una strana compagnia.

Parole. Un tipo nuovo e speciale di fratello di granlega, aveva detto Jaan.

Parole. Sarà falso, aveva predetto Garse.

La faccia di Gwen, una Gwen più giovane, più sottile, con occhi chissà perché più grandi. Gwen che rideva. Gwen che piangeva. Gwen in orgasmo. Che lo stringeva, coi seni caldi e rossi, mentre il rossore le si spargeva per tutto il corpo. Gwen che gli sussurrava, ti amo, ti amo. Jenny!

Una solitaria ombra nera, che spingeva con un palo una barca bassa lungo un infinito canale buio.

Ricordi.

La mano gli tremava mentre stringeva Gwen. «Se io non duello», disse lui, «tu lascerai Jaan, allora? E verrai con me?».

Il suo cenno di risposta fu penosamente lento. «Sì. È tutto il giorno che ci penso, ne ho parlato con Arkin. Avevamo stabilito che lui ti avrebbe portato qui ed io avrei detto a Jaan e Garse che avevo del lavoro da fare».

Dirk allungò le gambe che aveva tenuto sotto il corpo e percepì la puntura di cento piccoli coltelli provocati dalla posizione che aveva assunto. Si alzò in piedi ed era ormai deciso. «Allora lo avresti fatto in ogni caso? Non è stato solo per il duello?».

Lei scosse il capo.

«Allora verrò. Quand’è che potremo lasciare Worlorn?».

«Tra due settimane e tre giorni», disse Ruark. «Fino ad allora non c’è nessuna nave».

«Dovremo nasconderci», disse Gwen. «Tutto considerato è la cosa più sicura. Questo pomeriggio non sapevo se era meglio che lo dicessi a Jaan o se meglio che me ne andassi e basta. Pensavo che forse si poteva parlare, poi magari andar su tutti e due ad affrontarli. Ma la questione del duello sistema tutto. Adesso non ti sarebbe permesso in nessun caso di andar via».

Ruark scivolò giù dal suo sgabello. «Andate, allora», disse. «Io starò qui, farò la guardia, voi potrete telefonare ed io vi dirò cosa succede. Per me è abbastanza sicuro, a meno che Garsey e Jaantony non perdano il loro duello. Poi mi affretterò anch’io, scapperò e vi raggiungerò, eh?».

Dirk prese la mano di Gwen. «Ti amo», disse. «Ancora. Davvero».

Lei sorrise gravemente. «Sì. Sono felice, Dirk. Forse funzionerà ancora. Ma dobbiamo fare in fretta, perderci completamente. Da questo momento in poi, tutti i Kavalari sono velenosi per noi».

«Va bene», disse lui. «Dove?».

«Va giù a prendere la tua roba, ti serviranno dei vestiti caldi. Ci troveremo sul terrazzo. Prenderemo l’aerauto e decideremo quando saremo in viaggio».

Dirk annuì e la baciò rapidamente.

Stavano volando sui fiumi scuri e le colline ondulate del Comune quando il primo rossore dell’alba toccò il cielo, un bagliore cremisi basso ad oriente. Subito dopo sorse il piccolo sole giallo e la tenebra sotto di loro si trasformò in grigia bruma mattutina che si dissolse in fretta. La macchina a forma di manta era aperta, come sempre, e Gwen aveva spinto la velocità al massimo e il gelo soffiava forte attorno a loro ed era impossibile parlare. Mentre volavano, Dirk dormì un po’ accanto a lei, avvolto in un grande scialle a scacchi che gli aveva dato Ruark prima di partire.

Lei lo svegliò quando furono in vista della grande punta scintillante di Sfida. Gli diede dei piccoli colpetti sulla spalla. Aveva dormito con un occhio solo, non era comodo. Immediatamente si stirò e sbadigliò. «Eccoci arrivati», disse senza nessuna necessità.

Gwen non rispose. La manta diminuì la velocità man mano che si avvicinava alla città degli Emereli che diventava sempre più grande.

Dirk voltò lo sguardo verso l’alba. «I soli sono sorti», disse, «e guarda, si riesce quasi a vedere Grasso Satana. Immagino che ormai sapranno che ce ne siamo andati». Si immaginò Vikary e Janacek che lo aspettavano al quadrato della morte tracciato sulla strada con il gesso, che lo aspettavano assieme a Bretan. Bretan avrebbe camminato impaziente, questo era certo, e poi avrebbe fatto quello strano verso. Al mattino doveva avere il suo occhio esangue e freddo, come un tizzone morto nella faccia devastata. Forse in questo momento era già morto, o lo era Jaan, o Garse Janacek. Per un istante Dirk si senti arrossire di vergogna. Si spostò più vicino a Gwen e le mise un braccio attorno alle spalle.

Sfida si gonfiava davanti a loro. Gwen fece salire la macchina in un’ascesa vertiginosa attraverso un banco di bianche nuvole filose. L’abisso nero della terrazza d’atterraggio si accese mentre loro si avvicinavano e Dirk vide i numeri mentre Gwen si apprestava ad entrare. Il livello 520, una terrazza vasta ed immacolata e deserta.

«Benvenuti», disse una voce familiare quando la manta si posò sulle lastre del pavimento. «Io sono la Voce di Sfida. Posso fare qualcosa per voi?».

Gwen spense il motore della macchina e si arrampicò sull’ala. «Vogliamo diventare residenti temporanei».

«La quota è piuttosto ragionevole», disse la Voce.

«Allora conducici ad un appartamento».

Si aprì una parete e rotolò fuori una di quelle auto con le ruote a pallone che si fece loro incontro. Era esattamente uguale a quella che li aveva condotti durante la loro prima visita, tranne il colore. Gwen entrò dentro e Dirk cominciò a caricare il veicolo con i bagagli che avevano messo sul sedile posteriore dell’aerauto: dei sensori che Gwen si era portata dietro, tre valigie piene di vestiti, un pacco di provviste d’emergenza per le gite nei boschi. I due scooter volanti, completi di stivali da volo, erano in fondo al mucchio, ma Dirk li lasciò sulla macchina.

Il veicolo partì e la Voce cominciò a parlare dei vari tipi di appartamenti disponibili. Sfida possedeva stanze arredate in un centinaio di stili diversi per far sentire come a casa loro gli abitanti degli altri mondi, anche se predominava un certo gusto di-Emerel.

«Vogliamo qualcosa di semplice e di economico», disse Dirk. «Camera doppia con possibilità di cucina e doccia ad acqua».

La Voce li depositò in un piccolo cubicolo con pareti blu pastello, due livelli più sopra. C’era un letto matrimoniale, che riempiva quasi tutta la stanza, più un cucinino ricavato all’interno di una parete ed un gigantesco schermo telefonico che riempiva tre quarti di un altro muro.

«Autentico splendore Emereli», disse Gwen sarcastica, quando entrarono. Lei posò i suoi sensori ed i vestiti e si gettò finalmente sul letto. Dirk sistemò le valigie che aveva portato dietro ad un pannello scorrevole, posto vicino ai piedi di Gwen sul bordo del letto ed osservò lo schermo.

«È disponibile una vasta selezione di libri per soddisfare la vostra vista», disse la Voce. «Sono spiacente di informarvi che tutti i normali programmi del festival sono stati interrotti».

«Ma non te ne vai mai via?», scattò Dirk.

«Le funzioni base di controllo continuano sempre, per la vostra sicurezza e per la vostra protezione; ma se lo desiderate, la mia funzione di servizio può essere temporaneamente disattivata in vostra vicinanza. Ci sono residenti che preferiscono così».