Alisa arretrò, le sue pupille divennero di colpo due fessure verticali. Il ragazzo stregone perse subito la sua sbarra di difesa.
— Accordo concluso! — ripeté minacciosa la strega.
Che era successo?
Avevo capito in ritardo che non si doveva trattare in presenza di Ol'ga. Anche se… Che c'era poi di così terribile in quel che era accaduto? Come se altri agenti della Guardia non avessero mai concluso alleanze simili anche in mia presenza, o non fossero mai scesi a compromessi, non avessero collaborato con le Forze delle Tenebre, compreso il Capo! Non è auspicabile, certo! Ma bisogna!
Il nostro scopo non è annientare le Forze delle Tenebre. Il nostro scopo è mantenere l'equilibrio. Le Tenebre scompariranno soltanto quando gli umani vinceranno dentro di sé il Male. E noi spariremo soltanto se gli umani preferiranno le Tenebre alla Luce.
— L'accordo è concluso — dissi alla civetta in tono maligno. — Accettalo. Si tratta di una sciocchezza. Una banale collaborazione.
Alisa sorrise, mi salutò con la mano. Prese lo stregone per il gomito e insieme si ritirarono. Ancora un istante e, uscendo dal Crepuscolo, avrebbero camminato lungo il marciapiede. Come una coppia qualunque.
— Perché ti agiti? — chiesi io. — Nel lavoro non si può fare a meno di compromessi!
— Hai commesso un errore.
La voce di Ol'ga era strana, non adeguata al suo aspetto esteriore. Morbida, vellutata, melodiosa. Così parlano i mutanti gatti, non gli uccelli.
— Bene, bene. Allora sai parlare…
— Sì.
— E come mai prima tacevi?
— Prima andava tutto bene.
— Esco dal Crepuscolo, d'accordo? E così tu intanto puoi spiegarmi in che cosa ho sbagliato. I piccoli compromessi con gli agenti delle Tenebre sono una parte inevitabile del nostro lavoro.
— Tu non hai una qualifica che ti consenta di fare dei compromessi.
Il mondo intorno ridiventò a colori. Questo accade di solito quando con la videocamera si vira dal seppia tipico del vecchio cinema alla normale pellicola. L'analogia era molto felice. Il Crepuscolo è un po' come il vecchio cinema. Vecchio, arcaico, rimosso dall'umanità perché la vita risulti più facile.
M'inabissai nel metrò, apostrofando la mia invisibile interlocutrice: — Che c'entra qui la qualifica?
— Un Guardiano di livello alto è in grado di prevedere le conseguenze di un compromesso e di sapere se si tratta di una concessione che si neutralizza reciprocamente o invece di una trappola da cui si ricaverà più perdita che guadagno.
— Non credo che un'interferenza di settimo grado ci arrecherà un danno!
Un uomo che mi passava accanto mi fissò stupito. Stavo già per indirizzargli una frase del tipo: "Sono uno psicopatico, ma sono innocuo." Una di quelle frasi che riescono sempre a placare la curiosità eccessiva. Ma l'uomo aveva già affrettato il passo, giungendo forse da solo alla stessa conclusione.
— Anton, tu non sei in grado di prevedere le conseguenze. Hai reagito a una situazione leggermente fastidiosa in modo inadeguato. Il tuo piccolo sortilegio ha provocato un'intromissione da parte degli agenti delle Forze delle Tenebre. Sei sceso a compromessi con loro. Ma la cosa più triste è che non c'era nessun bisogno di quella interferenza magica.
— Sì, sì, lo ammetto. E ora che cosa facciamo?
La voce dell'uccello si ravvivò, si colorì di intonazioni. Forse era rimasto troppo a lungo senza parlare.
— Ora non fare nulla. Speriamo bene per il futuro.
— Riferirai al Capo dell'accaduto?
— No. Per il momento no. Siamo soci, non è così?
Mi sentii riscaldare il cuore. Gli errori sono errori, ma per quel repentino miglioramento nei rapporti con la mia partner ne era valsa la pena.
— Grazie. Che cosa consigli?
— Fai tutto quello che si deve. Segui la traccia. Avrei preferito ricevere un consiglio più originale…
— Andiamo.
Verso le due, oltre alla linea circolare avevo già perlustrato anche tutta la linea grigia. Forse sarò un pessimo operativo, ma non poteva sfuggirmi la traccia che avevo già individuato il giorno prima. La ragazza col vortice infernale sopra la testa non doveva essere uscita di lì. Evidentemente occorreva ricominciare dal luogo in cui ci eravamo incontrati.
Alla stazione Kurskaja uscii dal metrò, comprai a un distributore una confezione di insalata e un bicchiere di caffè. Un'occhiata agli hamburger e ai wurstel mi fece venire la nausea, malgrado la quantità puramente simbolica di carne che contenevano.
— Vuoi qualcosa? — chiesi alla mia invisibile compagna di viaggio.
— No, grazie.
In piedi sotto il nevischio raspavo con la forchetta nell'insalata Olivier, sorseggiando caffè bollente. Un barbone, che evidentemente contava sul fatto che prendessi una birra e gli lasciassi la bottiglia vuota, mi scansò e se ne andò a scaldarsi nella metropolitana. La giovane venditrice serviva i passanti affamati, una folla di persone senza volto fluiva di stazione in stazione. Alla bancarella dei libri il rivenditore aveva rifilato con aria mesta un libro all'acquirente. Che si lagnava.
— Forse sono di cattivo umore… — borbottai.
— Perché?
— Vedo tutto in una luce cupa. La gente è una massa di idioti o bastardi, l'insalata è congelata, le scarpe umide.
L'uccello sulla mia spalla stridette beffardo.
— No, Anton. Non è un problema d'umore. Senti approssimarsi qualcosa d'infernale.
— Non mi sono mai distinto per la mia capacità di percezione.
— Ma guarda un po'!
Diedi un'occhiata alla stazione. Cercai di scrutare i volti. Qualcuno sembrava percepire qualcosa. Chi non era né del tutto essere umano, né del tutto Altro provava un senso di ansia, di oppressione, ma non potendo comprenderne le cause manteneva in apparenza un'aria serena e florida.
— Le Tenebre e la Luce… Che può succedere, Ol'ga?
— Di tutto. Tu hai allontanato la catastrofe, ma le conseguenze saranno semplicemente devastanti. È l'effetto del contenimento.
— Il Capo non me ne aveva parlato.
— Perché mai? Tu hai agito bene. Adesso almeno hai una chance.
— Ol'ga, quanti anni hai? — chiesi. Tra gli umani questa domanda avrebbe potuto apparire offensiva. Per noi l'età aveva un'importanza relativa.
— Tanti, Anton. Mi rammento, per esempio, dell'Insurrezione.
— Della Rivoluzione?
— Dell'Insurrezione sulla piazza del Senato. — La civetta fece un risolino. Io tacqui. Facile che Ol'ga fosse anche più vecchia del mio Capo.
— Che rango hai, socia?
— Nessuno. Sono stata privata di tutti i diritti.
— Scusa.
— Non fa nulla. Mi sono rassegnata da un pezzo.
Il suo tono restava energico, persino beffardo. Ma qualcosa mi diceva che Ol'ga non si era rassegnata affatto.
— Se non sono troppo importuno, perché ti hanno ficcato in questo corpo?
— Non c'era scelta. Sopravvivere nel corpo di un lupo è di gran lunga più complicato.
— Aspetta… — Gettai l'insalata avanzata nel cestino. Fissai la spalla, senza vedere, naturalmente, la civetta. Per questo occorreva andare nel Crepuscolo. — Chi sei tu? Se sei un mutantropo, perché stai con noi? E se invece sei un mago, perché hai ricevuto un castigo così strano?
— Questo esula del tutto dalla nostra questione, Anton. — Per un istante la sua voce fu percorsa da una pungente nota metallica. — Tutto cominciò dal fatto che scesi a compromessi con le Tenebre. Che feci con loro un piccolo accordo. Mi sembrava di aver valutato le conseguenze e invece mi sbagliavo.
Ah, era così…
— Per questo dunque ti sei messa a parlare? Avevi deciso di mettermi in guardia, però sei arrivata tardi…
Silenzio.
Era come se Ol'ga fosse pentita della propria sincerità.
— Continuiamo a lavorare — dissi. E in quel momento nella mia tasca trillò il telefono.
Era Larisa. Ma come, faceva due turni di seguito?
— Anton, attento… Hanno trovato le tracce della tua ragazza. Stazione Perovo.