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Sei comodo?»

Era, date le circostanze, una domanda grottesca, ma che nessuno parve trovare spiritosa.

«Mi spiace che abbiamo dovuto rasarti la testa, ma gli elettrodi non funzionano bene con i capelli. E poi bisognerà che ti bendiamo, così non ci saranno impulsi visivi a confonderti… Ora ti verrà sonno, ma resterai sempre perfettamente cosciente… Adesso ti farò alcune domande. Puoi rispondere in tre modi: sì, no e non so. Ma non devi rispondere ad alta voce: ci penserà il tuo cervello, e il computer saprà come interpretare le sue risposte.

«Non c’è assolutamente modo di mentire. Puoi provare se vuoi. Credimi, questa macchina è stata inventata da alcune delle menti migliori della Terra… e loro stessi non sono mai riusciti a ingannarla. Se la risposta è ambigua, il computer penserà a porre la domanda in un altro modo Sei pronto? Molto bene… Via con la registrazione, per piacere… Controllare il canale cinque… Benissimo. Date il run, prego.»

IL TUO NOME È OWEN FLETCHER… RISPONDI SÌ O NO…

IL TUO NOME È JOHN SMITH… RISPONDI SÌ O NO…

SEI NATO A LOWELL CITY, SU MARTE… RISPONDI SÌ O NO…

IL TUO NOME È JOHN SMITH… RISPONDI SÌ O NO…

SEI NATO AD AUCKLAND, NUOVA ZELANDA…

RISPONDI SÌ O NO…

IL TUO NOME È OWEN FLETCHER…

SEI NATO IL 3 MARZO 3585…

SEI NATO IL 31 DICEMBRE 3584…

Le domande arrivavano così in fretta che, anche se non fosse stato sotto l’effetto di un lieve narcotico, Fletcher non avrebbe potuto dare risposte sbagliate. Né, se l’avesse fatto, ciò avrebbe avuto importanza; nel giro di pochi minuti il computer aveva stabilito lo schema delle sue reazioni automatiche a tutte le domande di cui si conosceva già la risposta.

Di quando in quando si ricontrollava la calibrazione (IL TUO NOME È OWEN FLETCHER… SEI NATO A CITTA’ DEL CAPO, SUDAFRICA…) e si ripetevano certe domande in modo di avere una conferma delle risposte già date. Una volta identificata la costellazione fisiologica delle reazioni SÌ — NO, tutta la procedura era completamente automatica.

La cosiddetta «macchina della verità» dei tempi antichi conseguiva gli stessi risultati con buona approssimazione, ma senza garantire la certezza assoluta. Erano stati necessari più di due secoli per perfezionare la tecnologia e quindi rivoluzionare il codice di procedura penale e civile a tal punto che ormai ben pochi erano i processi che durassero più di un paio d’ore.

Più che un interrogatorio, era una versione computerizzata — e a prova di menzogna — dell’antico gioco delle Venti Domande. In teoria, non vi era informazione che non potesse venir rapidamente estratta mediante una serie di risposte SÌ — NO; ed era molto raro che fossero necessarie più di venti domande, quando un professionista esperto lavorava assieme a un sistema esperto computerizzato.

Quando, un’ora più tardi, Owen Fletcher scese barcollando, un po’ stordito, dalla poltrona, non aveva la minima idea né di ciò che gli era stato chiesto né di ciò che aveva risposto. Ma era comunque sicurissimo di non aver rivelato niente d’importante.

Fu dunque con una certa sorpresa che sentì dire al dottor Steiner: «Ecco fatto, Owen. Non c’è bisogno d’altro».

Il criminologo andava orgoglioso di non avere mai fatto del male a nessuno, ma un buon inquisitore deve per forza essere un po’ sadico, se non altro a livello psicologico. Inoltre mostrarsi infallibile agli occhi del soggetto era sempre una buona tattica.

Aspettò fino a che Fletcher si fu un po’ ripreso e stava per essere ricondotto in cella.

«Ah, a proposito, Owen… Quel trucchetto col ghiaccio non sarebbe riuscito comunque.»

Invece sarebbe potuto benissimo riuscire; ma ciò ora non aveva importanza. L’espressione che il dottor Steiner vide sul volto di Fletcher lo ricompensò abbondantemente delle energie spese per quell’incombenza.

Steiner ora poteva rimettersi a dormire fino a Sagan Due. Però prima si sarebbe svagato un po’, tanto per sfruttare al massimo quell’inatteso interludio.

Il giorno dopo avrebbe dato un’occhiata a Thalassa e magari fatto anche una nuotata. Ma per ora si sarebbe accontentato di godere della compagnia di un vecchio amico.

Il libro che estrasse con cura infinita dal contenitore sotto vuoto non era soltanto una prima edizione; era, adesso, l’edizione unica. L’aprì a caso; tanto, ne sapeva ogni pagina a memoria.

Prese a leggere e, a cinquanta anni luce dalla Terra carbonizzata, la nebbia ancora una volta avanzò strisciando in Baker Street.

«Il controllo incrociato ha confermato che solo i quattro Sabra erano coinvolti» disse il capitano Bey. «Fortunatamente non c’è bisogno di interrogare altri.»

«Ancora non capisco come speravano di cavarsela impunemente» fece il secondo ufficiale Malina con aria infelice.

«Non credo che ce l’avrebbero fatta, ma sono contento di averli fermati in tempo. Comunque, non avevano ancora deciso.

«Il loro cosiddetto Piano A prevedeva il sabotaggio dello scudo. Come lei sa, Fletcher faceva parte della squadra montatori e aveva in mente di riprogrammare l’ultima fase della manovra di sollevamento. Se un lastrone di ghiaccio avesse colpito lo scudo anche muovendosi a una velocità di pochi metri al secondo… capisce cosa sarebbe successo?

«Avrebbe detto che s’era trattato di un incidente, ma l’inchiesta avrebbe fatto saltar fuori la verità. E poi lo schermo si sarebbe sempre potuto riparare. Fletcher sperava di guadagnare tempo, e di procurarsi così più sostenitori. E forse non sbagliava; un altro anno su Thalassa…

«Il Piano B prevedeva invece il sabotaggio del circuito di ventilazione, così da dover evacuare la nave. Restano valide le stesse obiezioni.

«Il Piano C era il più pericoloso, perché ci avrebbe costretti a rimanere tutti su Thalassa. Per fortuna, nessuno dei quattro Sabra era nella Propulsione; non sarebbero potuti arrivare tanto facilmente al motore quantico…»

Tutti ebbero un soprassalto, specialmente il comandante Rocklynn.

«Non sarebbe stato poi così difficile, signore, per uomini decisi a tutto.

Il problema vero consisteva, caso mai, nel mettere definitivamente fuori uso il motore quantico senza distruggere la nave. E non credo proprio che loro possedessero la competenza tecnica necessaria.»

«Però ci stavano lavorando» disse con voce dura il capitano. «Bisognerà riconsiderare le misure di sicurezza, ho paura. Ho indetto per domani a mezzogiorno una riunione di tutti gli ufficiali superiori.»

Allora l’ufficiale medico Newton pose la domanda che ognuno aveva in mente.

«Vi sarà una corte marziale, capitano?»

«Non è necessario, perché la colpevolezza è stata dimostrata al di là di ogni dubbio. Secondo il regolamento, resta solo da emanare la sentenza.»

Tutti rimasero in attesa.

«Grazie, signore e signori» li congedò il capitano, e gli ufficiali se ne andarono in silenzio.

Solo nella sua cabina, il capitano Bey si sentiva tradito. Ma se non altro era finita; la Magellano si era liberata da quella minaccia. Gli altri tre Sabra erano — forse — innocui; ma Owen Fletcher?

Continuava a pensare all’oggetto mortale al sicuro nella cassaforte. Il capitano era lui: gli sarebbe stato facile mettere in scena un incidente…

Si strappò a quelle fantasticherie; non l’avrebbe fatto mai, naturalmente.

Comunque aveva deciso la sentenza, ed era sicuro che nessuno l’avrebbe disapprovata.

Qualcuno aveva detto che non vi è problema che non abbia una soluzione semplice, comoda… e sbagliata. Ma questa soluzione, ne era certo, era semplice, comoda… e assolutamente giusta.

I Sabra volevano restare su Thalassa; ne avrebbero avuto la possibilità.

Senza dubbio sarebbero diventati bravi cittadini come tutti gli altri, e magari quel tipo di cittadini aggressivi ed energici di cui Thalassa aveva molto bisogno.

Che strano: la storia si ripeteva; come Magellano, anche lui era in procinto di abbandonare alcuni dei suoi uomini.