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Da quanto era eccitata, sembrava che lei e l’amica fossero state appena assunte come vallette alla Casa Bianca, ma anche in quel caso tenni il becco chiuso. Avevo altro per la testa. «Comunque sabato verrai a Berwick, vero?» Secondo i nostri progetti, lei sarebbe arrivata al mattino, avrebbe passato lì il resto della giornata e si sarebbe fermata a dormire. Naturalmente avrebbe usato la camera degli ospiti, che però era a pochi metri dalla mia lungo il corridoio. Considerando che probabilmente non ci saremmo rivisti prima dell’autunno, pensavo esistessero ottime possibilità di «farlo». Un po’ come i bambini credono in Babbo Natale e le matricole dell’UNH per un intero semestre vivono nell’illusione che George B. Nako sia un professore in carne e ossa e che insegni davvero letteratura inglese.

«Azzolutamente zi.»Wendy si guardò attorno, non scorse nessuno, e risalì con la mano lungo la mia coscia. Quando raggiunse il cavallo dei pantaloni, tirò gentilmente la protuberanza. «Vieni qui, tu.»

E così mi meritai il mio lavoretto nei jeans. Uno dei migliori, lento e ritmato. I tuoni rumoreggiavano e a un certo punto il lamento dell’acquazzone si trasformò nel picchiettare insistente della grandine. Alla fine lei me lo strinse, intensificando e prolungando il piacere dell’orgasmo.

«Fa’ in modo di inzupparti a dovere mentre torni al dormitorio, altrimenti il mondo intero capirà esattamente che cosa stavamo combinando qui sotto.» Saltò in piedi. «Scappo, Dev. Ho i bagagli da finire.»

«Sabato ti verrò a prendere a mezzogiorno. Per cena mio padre cucinerà la sua famosa parmigiana di pollo.»

Wendy ripeté azzolutamente zi;era un suo vezzo, come baciarmi in punta di piedi. Però, venerdì mi telefonò: Renee aveva cambiato idea e loro due sarebbero partite per Boston un paio di giorni in anticipo. «Mi dispiace, Dev, ma senza di lei sono appiedata.»

«Esistono sempre i pullman», obiettai, già sapendo che non avrebbe funzionato.

«Ormai gliel’ho promesso, tesoro. E poi abbiamo i biglietti per Pippinall’ Imperial.Il padre di Renee ci ha fatto una sorpresa e ce li ha regalati.» Un attimo di pausa. «Sforzati di essere felice per me. Io sono contenta che tu abbia trovato un lavoro laggiù in Carolina.»

«Devo essere felice. Ricevuto, forte e chiaro.»

«Così va meglio.» Abbassò la voce, come a rivelare un segreto. «La prossima volta che saremo insieme mi saprò far perdonare. È una promessa.»

Non la mantenne mai ma in fondo non ebbe occasione di infrangerla, perché dopo quel pomeriggio nell’ufficio del professor Nako non la vidi più. Da parte mia non ci fu neppure un’ultima telefonata grondante lacrime e accuse. Fu Tom Kennedy a consigliarmi di evitare (di lui parlerò tra non molto), forse giustamente. Magari Wendy si aspettava una chiamata simile, o addirittura la pregustava. In tal caso, rimase delusa.

Cosa che io spero e continuo a sperare, dopo tutto il tempo che è passato, con le scalmane e le infatuazioni della giovinezza ormai alle spalle.

L’amore lascia delle brutte cicatrici.

Non ho mai partorito i libri che sognavo di scrivere, quelli ben recensiti anche senza essere in vetta alle classifiche, ma riesco a portare a casa la pagnotta come giornalista e mi ritengo un miracolato; milioni di altri sono meno fortunati di me. Ho salito un gradino dopo l’altro e ora ho una buona posizione qui al Commercial Flight,una pubblicazione che probabilmente non avete mai sentito nominare.

Un anno dopo essere promosso caporedattore, mi è capitato di rimettere piede nel campus dell’Università del New Hampshire. Ero lì per partecipare a una conferenza di due giorni sul futuro delle riviste di settore. La seconda mattina, durante una pausa, passeggiai fino alla Hamilton Smith Hall e giusto per curiosità buttai un occhio nel sottoscala del seminterrato. I titoli delle tesi, le mappe dei posti a sedere affollate di celebrità e gli acquerelli albanesi erano spariti. Il medesimo destino era toccato alle poltrone, al divano e ai posacenere a stelo. Però, qualcunoancora ricordava tutto. Attaccato con il nastro adesivo al lato nascosto del sottoscala, dove decenni prima un cartello recitava che non era mai vietato fumare, notai un foglio con un’unica riga stampata in caratteri così microscopici che per leggerla fui costretto ad avvicinarmi, alzandomi sulla punta dei piedi.

Il professor Nako ora insegna alla Scuola dì Magia e Stregoneria di Hogwarts.

Be’, perché no?

Cazzo, sul serio, perché no?

Riguardo a Wendy, un’ipotesi vale l’altra. Forse potrei servirmi di Google, la sfera di cristallo del ventunesimo secolo, per stanarla e scoprire se ha realizzato il suosogno, quello di aprire un esclusivissimo negozietto d’abbigliamento, ma perché dovrei? Il passato non ritorna. Quando è finita, è finita. E dopo il mio periodo a Joyland (a qualche chilometro di spiaggia da una città chiamata Heaven’s Bay, non dimentichiamocelo), il mio cuore spezzato cominciò a farmi molto meno male. Gran parte del merito fu di Mike e Annie Ross.

Alla fine papà e io ci ritrovammo a mangiare la sua famosa parmigiana di pollo senza terzo incomodo, cosa che probabilmente a Timothy Jones andava benissimo: nonostante avesse sempre cercato di nasconderlo come forma di cortesia nei miei confronti, sapevo che su Wendy la pensava esattamente come io la pensavo su Renee. All’epoca, ero convinto che fosse un po’ geloso di lei e del posto che occupava nella mia vita. Con il passare del tempo, ho capito che forse l’aveva vista com’era realmente. Non ne sono certo; non ne abbiamo mai discusso. Non credo che gli uomini siano in grado di parlare di donne in maniera sensata.

Dopo avere finito di cenare e di lavare i piatti, ci accomodammo sul divano, bevendo birra, sgranocchiando popcorn e guardando un film con Gene Hackman per protagonista, nella parte di uno sbirro cazzuto con una forma di feticismo per i piedi femminili. Wendy mi mancava; probabilmente in quell’istante stava ascoltando la compagnia teatrale di Pippinintonare Spread a Little Sunshine.Però c’erano dei vantaggi a essere due uomini soli, tipo ruttare e scorreggiare apertamente.

Il giorno dopo, l’ultimo del mio ritorno a casa, passeggiammo lungo i binari abbandonati della ferrovia che attraversavano il bosco dietro la villetta in cui ero cresciuto. Mamma aveva sempre intimato a me e ai miei amici di starne lontani. L’ultimo treno merci era passato più di dieci anni prima e le erbacce prosperavano in mezzo alle traversine arrugginite, ma mia madre era irremovibile. Era convinta che, se avessimo giocato nei paraggi, un convoglio impazzito (probabilmente il Rapido Mangiabimbi) ci avrebbe investiti subitaneo come il fulmine riducendoci in poltiglia. Soltanto che fu lei a essere colpita da qualcosa di imprevisto e più pericoloso di un treno, un tumore al seno con metastasi a quarantasette anni. Un rapido che non perdona.

«Quest’estate mi mancherai», esordì mio padre.

«Anche tu.»

«Oh, prima che me ne scordi.» Sfilò un assegno dal taschino della camicia. «Versalo subito e raccomandati che ti venga accreditato al più presto.»

Controllai la cifra: non i cinquecento dollari che avevo chiesto, ma mille. «Papà, sei certo di potertelo permettere?»

«Sì. Soprattutto perché hai continuato a lavorare in mensa e così non sono stato costretto a metterci la differenza. Consideralo una gratifica.»

Lo baciai sulla guancia, leggermente ispida. Quel mattino non si era rasato. «Grazie.»

«Figurati. Per me è un piacere e lo sai.» Tirò fuori di tasca un fazzoletto e si asciugò le lacrime senza nessuna vergogna. «Mi dispiace per il piagnisteo. È dura vedere andare via i propri piccoli. Un giorno lo scoprirai da solo, ma con un briciolo di fortuna avrai una brava moglie al tuo fianco, che ti terrà compagnia dopo che sono spariti.»

Ripensai alla frase della signora Shoplaw: I figli sono un azzardo.«Papà, sicuro che starai bene?»