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«Che cosa succede?»

«Te ne accorgerai presto», replicò Rozzie-Madame Fortuna con un tono minaccioso, e non aveva torto. Raggiungemmo il Labirinto di Mysterio, che era collegato al Castello del Brivido. Di fianco al gabbiotto, uno specchio normale sovrastato da un cartello che recitava: RICORDA IL TUO VEROASPETTO. Lane mi afferrò per un braccio, Rozzie per l’altro e mi ci trascinarono davanti. Ormai mi sentivo un furfante arrestato per un giro di scommesse clandestine.

«Che cosa vedi?»

«Che ho bisogno di farmi tagliare i capelli», replicai, ma non era la risposta giusta.

«Guardati i vestiti, sciocco di uno sciocco.» Rozzie pronunciò le ultime parole ziocco ti uno ziocco.

Le ubbidii. Sopra gli scarponcini gialli da lavoro, un paio di jeans (con doverosi guanti di cuoio a spuntare dalla tasca posteriore) e una camicia azzurra di tela grezza, sbiadita ma non troppo sporca. In testa, un cancappello elegantemente malconcio, per un indispensabile tocco di classe.

«E allora?» Stavo incominciando a innervosirmi.

«Sbaglio o ti ballano addosso?» domandò Lane. «Prima non succedeva. Quanti chili hai perso?»

«Ma che ne so. Forse dovremmo chiederlo a Wally Ciccia.» Wally Ciccia gestiva il baraccone di indovina-il-peso.

«Non fai ridere», ribatté Fortuna. «Non puoi indossare quello stupido travestimento da cane per mezza giornata sotto il sole cocente di luglio, ingollando come pasto un paio di compresse di sale. Piangi il tuo amore perduto finché ti pare, ma nel frattempo preoccupati di mangiare. Mangia,accidenti!»

«Chi ti ha raccontato tutto? Tom?» No, impossibile. «Erin. È stata lei. Non avrebbe dovuto impicciarsi…»

«Nessuno mi ha spifferato niente.» Nonostante la bassa statura, la donna sembrò sovrastarmi. «Io possiedo il dono della vista.»

«Questo non lo so, ma di sicuro hai una bella faccia tosta.»

Di colpo Fortuna ritornò a essere Rozzie. «Non il potere psichico, bimbo. Parlo di intuito femminile. Credi che non sia capace di riconoscere un innamorato con il cuore infranto quando ne incontro uno? Dopo tutti gli anni passati a leggere la mano e a scrutare nella sfera di cristallo? Ah!»Si avvicinò, preceduta dalle sue considerevoli tette. «Non me ne frega niente della tua vita sentimentale, ma non voglio che ti portino in ospedale il quattro luglio, quando la temperatura toccherà i trenta-cinque all’ombra, steso da un colpo di calore o qualcosa di peggio.»

Lane si tolse la bombetta, ci guardò dentro, e se la riappoggiò in testa inclinata dalla parte opposta. «Rozzie non riesce a dirtelo chiaramente perché deve proteggere la sua secolare reputazione di scorbutica, ma qui piaci a tutti. Impari in fretta, obbedisci senza discutere, sei onesto, non combini guai, e quando hai addosso la pelliccia i bambini ti adorano alla follia. Però, dovresti essere cieco per non vedere che qualcosa non va. Secondo Rozzie è colpa di una ragazza. Forse ha ragione o forse no.»

La donna lo fulminò con uno sguardo sprezzante; non le andava a genio che le sue parole venissero messe in discussione.

«Magari i tuoi genitori stanno divorziando. I miei l’hanno fatto, e a momenti ci resto. Oppure hanno messo in galera tuo fratello per spaccio…»

«Mia madre è morta e sono figlio unico», risposi imbronciato.

«Non mi importa chi tu sia nel mondo normale», continuò Lane. «Questa è Joyland. Questo è il nostro parco.E tu sei uno di noi. Ci sentiamo obbligati a prenderci cura di te, che ti vada o no. Quindi, fammi il favore di mangiare.»

«Di mangiare un sacco»,intervenne Rozzie. «Mattina, mezzogiorno, fino a sera. Ognigiorno. E cerca di non sgranocchiare solo cosce di pollo fritto, se ci tieni a non crepare d’infarto. Va’ all’ Aragosta Rocke prenditi una razione da asporto di pesce e insalata. Doppia! Impegnati a prendere peso, per non rischiare di somigliare allo Scheletro Vivente.» Spostò lo sguardo su Lane. «Sicuro che c’è di mezzo una ragazza. Lo capirebbe chiunque.»

«In ogni caso, smettila di tormentarti così, e che cazzo!» esclamò lui.

«Non si usa un linguaggio simile in presenza di una signora», obiettò Rozzie. Si esprimeva di nuovo come Madame Fortuna. Presto se ne sarebbe uscita con un kvesta è la volontà degli zpiritio roba del genere.

«Ah, falla finita!» replicò Lane, ritornando alla ruota.

Non appena sparì, guardai Rozzie. Come figura materna non valeva molto, ma non avevo di meglio. «Roz, lo sanno tutti

Lei scosse la testa. «Nah. Per la maggior parte di noi vecchi dipendenti, sei soltanto un pivellino tuttofare… solo leggermente più esperto di tre settimane fa. Però molti qui ti vogliono bene e vedono che qualcosa non va.

I tuoi amici Erin e Tom, per esempio.» Pronunciò amicicome se facesse rima con fichi.«Anch’io mi considero tua amica e, in quanto tale, ti assicuro che solo il tempo potrà sanare le ferite del tuo cuore. Però sei in grado di rimettere in sesto il resto del tuo corpo. Mangia!»

«Sembri una madre ebrea uscita da una barzelletta.»

«Sonouna madre ebrea. Non sto scherzando.»

«E io sono la barzelletta. Non faccio che pensare a lei.»

«È inevitabile, almeno per adesso. Però, non devi dare retta a quelle altre idee che ogni tanto ti vengono.»

Probabilmente restai a bocca aperta, anche se lo non ricordo con precisione. Di sicuro sgranai gli occhi. I veggenti con l’esperienza secolare di Rozzie Gold (gli sfogliapalmi, secondo la Parlata, per l’abilità nel leggere la mano) usano determinate tecniche per frugarti nel cervello e far passare quello che dicono come frutto di telepatia, quando invece è solo il risultato di un’attenta osservazione.

Non sempre, però.

«Non capisco…»

«Metti via quei dischi che parlano di morte. Mi sono spiegata?» Mi guardò in faccia con un’espressione severa, per poi ridere del mio sguardo attonito. «Rozzie Gold sarà anche una mamma e una nonna ebrea, ma a Madame Fortuna non sfugge nulla.»

Proprio come alla mia padrona di casa. Dopo avere visto la signora Shoplaw pranzare con la veggente in uno dei suoi rari giorni liberi, venni a scoprire che le due erano amiche di antica data. Emmalina spolverava la mia camera e passava l’aspirapolvere sul pavimento una volta alla settimana; non potevano esserle sfuggiti i miei gusti musicali. In quanto ai miei saltuari propositi di suicidio, una donna che aveva passato la maggior parte della vita studiando la psicologia umana alla ricerca di indizi (di messaggi,come si dice sia nella Parlata sia nel gergo del poker) era certamente in grado di indovinare che un giovane sensibile, mollato da poco dalla fidanzata, meditasse di farla finita inghiottendo una manciata di pillole, impiccandosi o gettandosi tra i flutti dell’oceano.

«Mangerò», le promisi. Di lì allo svegliarino avevo un milione di incombenze da sbrigare, ma soprattutto non vedevo l’ora di allontanarmi dalla chiromante prima che se ne uscisse con qualcosa di veramente inspiegabile, tipo zi chiama Vendy e penzi ancora a lei kvando ti mazz-turbi!

«E non scordarti di bere un bicchierone di latte prima di andare a letto.» Alzò un dito in segno di avvertimento. «Kvelloti aiuterà a dormire. Niente caffè.»

«Ci proverò.»

Tornò nei panni di Roz. «Quando ci siamo incontrati, mi hai chiesto se nel tuo futuro vedevo una bella ragazza con i capelli castani. Te lo ricordi?»

«Sì.»

«E che cosa ti ho risposto?»

«Che lei apparteneva al passato.»

Rozzie annuì una sola volta, solenne e decisa. «Ed è così. E quando la chiamerai implorandola di concederti una seconda possibilità, perché lo farai di sicuro, non comportarti da mollaccione. Cerca di avere un po’ di amor proprio. E non scordarti che le interurbane costano parecchio.»

A chi lo dici, pensai. «Senti, Roz, ora devo assolutamente scappare. Il lavoro mi chiama.»