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In questo caso doveva restare dove si trovava e aspettare il suo ritorno, magari tornando addirittura a distendersi al suolo. Quando fossero arrivati, gli abitanti del villaggio avrebbero avanzato delle supposizioni sulla sua identità e l'avrebbero trasportata all'insediamento, fornendole nel frattempo campioni del loro linguaggio proprio come era previsto dal suo piano iniziale. Ma che sarebbe successo se l'uomo fosse tornato da solo o insieme ad amici che non avevano nessuna intenzione di aiutarla?

Non riusciva a riflettere con chiarezza a causa dell'emicrania che dalle tempie le era dilagata fin dietro gli occhi. Si massaggiò la fronte, che cominciava a pulsare, e continuò a rabbrividire per il freddo. Nonostante il rivestimento di pelo di coniglio, quel mantello non teneva caldo per niente, e lei si chiese come avesse fatto l'umanità a sopravvivere alla Piccola Era Glaciale avendo a disposizione soltanto mantelli del genere per coprirsi. E come avevano fatto i conigli a sopravvivere?

Se non altro, poteva fare qualcosa per ovviare al freddo, poteva raccogliere un po' di legna e accendere il fuoco, e se la persona che aveva lasciato l'impronta fosse tornata animata da cattive intenzioni l'avrebbe potuta tenere a bada con un ramo acceso, mentre se era davvero andata a cercare aiuto e non era riuscita a ritrovare la strada a causa del buio il fuoco le avrebbe permesso di orientarsi.

Girò di nuovo intorno alla radura alla ricerca di legna; grazie alle insistenze di Dunworthy aveva infatti imparato ad accendere il fuoco anche senza esca e acciarino.

— Gilchrist si aspetta che tu ti aggiri per il medioevo nel cuore dell'inverno senza neppure sapere come si accende il fuoco? — aveva commentato, con indignazione, e lei aveva preso le difese di Gilchrist, sostenendo che alla Sezione Medievale non si aspettavano che dovesse trascorrere troppo tempo all'aperto. Però avrebbero dovuto prevedere quanto sarebbe stato intenso il freddo.

I rami le gelavano le mani, e ogni volta che si chinava a raccoglierne uno la testa le doleva, tanto che alla fine smise di chinarsi e si limitò a protendere la mano per afferrare l'estremità dei rami spezzati, tenendo la testa diritta, una tattica che le fu d'aiuto, anche se di poco. Forse si sentiva così male proprio a causa del freddo, forse era questa la causa dell'emicrania e del fiato corto. Doveva accendere il fuoco.

La legna era gelida e umida e non si sarebbe mai accesa; anche le foglie erano decisamente troppo umide per essere usate come esca e lei aveva bisogno di un po' di esca asciutta e di un ramo appuntito per avviare la fiamma. Dopo aver posato il fagotto di legna accanto alle radici di un albero badando di non chinare la testa, tornò al carro.

Dal lato che era stato fracassato sporgevano parecchi pezzi di legno che potevano essere usati come legna da ardere, e dopo essersi piantata un paio di schegge in una mano riuscì infine a staccarne tre… se non altro erano asciutti, anche se erano altrettanto freddi quanto i rami da lei raccolti. Appena sopra la ruota c'era un frammento di legno acuminato che poteva servire al suo scopo, ma quando si piegò in avanti per staccarlo per poco non cadde al suolo e si trovò ad annaspare per combattere un improvviso senso di nausea e di vertigine.

— Sarà bene che mi sdrai — si disse, ad alta voce, e mentre si sedeva sorreggendosi al carro aggiunse con il fiato un po' corto: — Dottoressa Ahrens, dovrebbe escogitare qualcosa per prevenire i disturbi da dislocamento temporale. Sono una cosa spaventosa.

Se soltanto avesse potuto sdraiarsi per un po' forse le vertigini sarebbero scomparse e lei avrebbe potuto accendere il fuoco… però non poteva farlo senza chinarsi in avanti e il solo pensiero di compiere quel gesto le causò una nuova ondata di nausea.

Tirandosi il cappuccio sulla testa chiuse gli occhi, e perfino quel semplice gesto le causò sofferenza perché parve focalizzare maggiormente il dolore nella sua testa. C'era decisamente qualcosa che non andava, quelli non potevano essere soltanto i sintomi del dislocamento temporale, che avrebbe dovuto causarle disturbi di poca entità destinati a scomparire nell'arco di un'ora o due dal suo arrivo e non a peggiorare con il tempo. La Dottoressa Ahrens aveva parlato di un po' di mal di testa e di affaticamento, ma non aveva parlato della nausea o dell'essere tormentata dal freddo.

Aveva un freddo terribile. Per proteggersi maggiormente si tirò addosso le gonne e il mantello come se fossero stati una coperta, ma la cosa parve soltanto intensificare il gelo che l'affliggeva, tanto che i denti presero a batterle come era già successo in cima alla collina e il suo corpo fu scosso da tremiti convulsi.

Morirò congelata, pensò in maniera confusa, ma non posso farci niente, Non sono in condizione di alzarmi e di accendere il fuoco. Non ci riesco, ho troppo freddo. È un vero peccato che lei si sia sbagliato sul conto della gente di quest'epoca, Signor Dunworthy, perché essere bruciata sul rogo mi sembra una prospettiva deliziosa.

Non avrebbe mai immaginato di potersi addormentare raggomitolata sul terreno gelato, e di certo non si era accorta di un qualsiasi senso di calore dilagante nella sua persona, perché se lo avesse registrato avrebbe temuto che si trattasse del torpore insidioso dell'ipotermia e avrebbe reagito per combatterlo. Invece doveva aver dormito perché quando riaprì gli occhi era ormai notte nella radura, con le stelle che spiccavano gelide nelle aperture fra i rami che la sovrastavano, e lei le stava contemplando distesa per terra.

Nel dormire era scivolata verso il basso fino a posare la sommità della testa contro la ruota del carro e stava ancora tremando per il freddo anche se aveva smesso di battere i denti. In compenso la testa le pulsava come una campana rintoccante e tutto il corpo le doleva, soprattutto il torace, contro cui aveva tenuto stretta la legna che aveva raccolto per accendere il fuoco.

C'è qualcosa che non va, pensò, questa volta con una sfumatura di panico effettivo. Forse si trattava di qualche tipo di reazione allergica ai viaggi temporali, ma esisteva una cosa del genere? Il Signor Dunworthy non aveva mai parlato di reazioni allergiche e tuttavia l'aveva messa in guardia contro qualsiasi cosa, dallo stupro al colera, dal tifo alla peste.

Girò la testa all'interno del mantello e si tastò il braccio nel punto in cui doveva esserci il gonfiore causato dal vaccino antivirale. Il gonfiore c'era ancora ma aveva smesso di dolere al tatto e di prudere. Forse però quello era un cattivo segno, forse il fatto che avesse smesso di prudere voleva dire che aveva anche smesso di avere effetto.

Cercò di sollevare il capo ma le vertigini tornarono immediatamente ad assalirla. Riadagiando lentamente la testa al suolo liberò le mani dalle pieghe del mantello, muovendosi con estrema cautela perché ogni movimento le causava un accesso di nausea, e le congiunse, premendole contro il volto.

— Signor Dunworthy — mormorò, — credo che farebbe bene a venirmi a prendere.

Si addormentò di nuovo e al risveglio le parve di sentire il tenue tintinnare dei carillon natalizi.

Bene, pensò, cercando di sollevarsi a sedere a ridosso della ruota del carro. Hanno aperto la rete.

— Oh, Signor Dunworthy, sono così contenta che sia venuto — disse, lottando contro la nausea. — Temevo che non ricevesse il mio messaggio.

Il tintinnio si era intanto fatto più forte e adesso poteva anche vedere una luce ondeggiante. Si sforzò di tirarsi un po' più su.

— Ha acceso il fuoco — mormorò. — Aveva ragione riguardo al freddo. — Poteva avvertire il gelo della ruota del carro attraverso il mantello e i denti avevano ricominciato a batterle. — Anche la Dottoressa Ahrens aveva ragione: avrei dovuto aspettare che il gonfiore scomparisse. Però non sapevo che la reazione sarebbe stata così violenta.